SOLDI E LUDOPATIA. Barista vittima del “demone” delle scommesse sportive. Ecco come è finito nelle mani di zio e nipote usurai

20 Gennaio 2025 - 19:05

TRENTOLA DUCENTA – Lo scorso 16 gennaio Raffaele Catalano (57 anni) e Raffaele Visconti (50 anni), rispettivamente zio e nipote, sono stati arrestati dai carabinieri con l’accusa di usura, aggravata dal metodo mafioso. Applicavano tassi di interesse usurai tra il 25% e il 40%, arrivando a guadagnare 14mila euro su un prestito di 500 euro.

L’inchiesta, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, ha rivelato che i due, con la complicità della compagna di Catalano, avevano avviato un’attività usuraia sfruttando la vicinanza di Catalano con Raffaele Della Volpe, uomo del clan dei Casalesi, recentemente arrestato per estorsione, ma non coinvolto in questa vicenda.

L’accusa ai danni di Visconti e Catalano è quella di usura aggravata dal metodo mafioso, proprio per la vicinanza con Raffaele Della Volpe. Diverse le vittime che hanno subito il trattamento usuraio, tra cui diversi componenti della stessa famiglia, erano persone in difficoltà economica.

Ma non si trattava solo di soggetti che non avevano un lavoro o che non guadagnavano abbastanza, ad entrare in questa vicenda c’è anche il vizio del gioco. È il caso di una delle vittime di Catalano e Visconti, gestore di un bar a Trentola Ducenta.

Interrogato dagli inquirenti, l’uomo ha ammesso l’esistenza di un patto usuraio tra lui e i due soggetti arrestati. Il barista sarebbe arrivato a chiedere oltre mille euro in pochi mesi, a causa di difficoltà economiche, aggravate dal vizio delle scommesse sportive.

In più occasioni, infatti, l’uomo avrebbe presentato richieste a Catalano e Visconti di 500 o mille euro, con una quota di interesse del 30% al mese.

La corrispondenza tra quanto affermato dall’uomo e la verità gli inquirenti hanno avuta dopo le perquisizioni, quando hanno visto nei libri contabili, sia di Catalano, sia di Visconti, il nome della vittima d’usura, con affiancato la scritta Bar, essendo lui gestore di un locale.

Raffaele Visconti, però, non aveva grande fiducia in questo barista, arrivando a dire allo zio che questi soldi erano stati dati a un “debitaiolo”. Una situazione che gli avrebbe portati fare le “tarantelle”, per riavere i soldi indietro.