118, CHE CAOS: Operatori che vendono macchinette del caffè, si fuma in centrale. Alcuni furbi e molti fessi che fanno 24 ore di turno

12 Febbraio 2020 - 18:39

CASERTA (g.g.)Roberto Mannella guida da decenni il servizio 118 dell’Asl di Caserta. Il suo è un ruolo importantissimo, cruciale in tutto il meccanismo complessivo generale di servizio e protezione civili. Dunque, dovrebbe essere un fiore all’occhiello, dato che si tratta della punta avanzata dell’attività di assistenza e di primo soccorso. In pratica, l’autentico biglietto da visita dell’offerta sanitaria di un territorio. Diciamo che Roberto Mannella si è barcamenato nel corso degli anni e certo non gli si possono addebitare tutte le responsabilità per le carenze e i disservizi che comunque sono stati compensati con quell’arte di arrangiarsi che è tipica delle nostre genti. La relazione tra Asl, Ospedale di Caserta (che ospita incredibilmente ancora oggi, nonostante le ormai datate delibere che ne hanno decretato il trasferimento nella nuova e più decente sede di via Beneduce) e la coop. La Misericordia, ormai monopolista e pluri-vincitrice dei lucrosissimi appalti per l’erogazione del servizio di soccorso attraverso ambulanza e personale paramedico, non è stata certo serena e fluida. Nell’anno 2020, però, ci si aspetterebbe che alla luce delle esperienze del passato e contando finalmente in un incremento della qualità dell’offerta professionale da parte della citata coop. La Misericordia di Caivano, le cose possano andare meglio. E invece, stando a quello che emerge da una conoscenza diretta e reale che porta questo giornale, periodicamente, a effettuare dei suoi controlli indipendenti ed autonomi, la situazione

non migliora, anzi, peggiora.

E’ un periodo in cui la malandata, malandatissima e per molti versi anche pericolosa (come abbiamo spiegato in passato) centrale operativa dell’ospedale è affollata, giusto per non farsi mancare nulla nell’ambito “casino”, da quelli che si potrebbero definire stagisti. Personale che deve formarsi, deve imparare e a cui spesso vengono affidati compiti troppo delicati, troppo gravosi per chi è privo di una consolidata esperienza, a partire dal cosiddetto Triage, che non è un atelier della moda parigina o un gioco natalizio, ma la decisione delicata e basata su un discrimine di competenza, di classificare un intervento come codice rosso, giallo o verde, con conseguente iniezione nelle attività di soccorso di un elemento di priorità che porta un infortunato, un malato ad essere trattato in maniera più o meno urgente e con modalità diverse.

Ma quello dei giovani neo-operatori non è il problema più grande, dato che ne sopravvivono altri, che da anni non sono stati mai seriamente risolti. In quella sala operativa si continua vivere in un clima, in un contesto tutt’altro che professionale. C’è chi ha messo in piedi addirittura una sorta di seconda attività, piazzando attorno ai locali della centrale ma anche in altre aree ospedale, per esempio, macchinette per vivande e caffè, di cui è diventato promoter o mediatore d’affari. C’è addirittura chi, nella centrale operativa del 118, fuma, fatto decisamente grave, dato che coloro che non fumano sono costretti a respirare passivamente veleno. Il tutto, incredibile a dirsi, in una struttura di azione e testimonianza del servizio sanitario.

La grande densità di stagisti, di personale da formare, crea in più di un occasione turni in cui è presente un solo operatore esperto e due di “fresca nomina”, con la conseguenza che quello esperto, non solo deve badare al suo telefono per inviare soccorso, rispondendo alle richieste, spesso drammatiche, dell’utenza, ma deve anche sorvegliare sul modo con cui i principianti svolgono un lavoro che, attenzione, non è una fesseria, visto che dalla qualità di una risposta ad una telefonata, dalla qualità con cui si pongono determinate domande a chi ha selezionato il numero 118, può dipendere la vita o la morte di più persone.

Altri fenomeni inaccettabili sono quelli, purtroppo da anni consolidati, che portano alcune unità del personale in servizio in maniera a comportarsi in maniera a dir poco deprecabile. A spedire, ad esempio, certificati medici per i turni ordinari, presentandosi, invece, sempre vispi e vivi, quando c’è da fare un meglio remunerato turno di straordinario. Ovviamente, quando ci sono i furbi devono esserci necessariamente anche i fessi, perché solo l’esistenza contestuale delle due categorie consente di qualificarle nella maniera con cui l’abbiamo appena fatto. Al riguardo, recitava il proverbio: “Per starci i dritti, devono starci per forza i fessi“. E i fessi, nella centrale operativa di Caserta, sono quelli che fanno turni lunghi anche 24 ore per sopperire queste manovre non sempre legate a giustificazioni fondate delle proprie assenze.

Abbiamo iniziato questo articolo citando il dirigente Roberto Mannella, finiamo ritornando a discutere un attimo di lui. Le scelte di gestione relative anche al personale dirigente sono tutte effettuate farina del suo sacco. Ad esempio, Rosa Lomascolo, l’attuale caposala, peraltro facente funzioni, non avendo ancora il titolo professionale pieno e da cui dipendono molti elementi dell’organizzazione interna della centrale operativa, è un opzione di Mannella. Qui non si tratta di stabilire chi è bello o chi è brutto, chi è bravo o meno bravo, chi è onesto e chi non lo è, non abbiamo alcun dubbio sul fatto che Mannella sia persona valida, come lo è la caposala Lo Mascolo. Ma da che mondo è mondo, chi esercita la funzione di dirigente si assume la responsabilità dei risultati ottenuti.

Oddio, questo vale nei luoghi civili, nelle nazioni di grande spessore etico, civile e istituzionale, non proprio in Italia. Ma noi che non abbiamo il compito di redigere valutazioni meritocratiche sulla qualità, rivendichiamo comunque la libertà di esprimere un giudizio che arriva da chi, come noi, si occupa di queste cose da più di 15 anni.

Mica Carlo Ancelotti è diventato all’improvviso un brocco e non sa fare più l’allenatore, mica è stato esonerato per questo. Ha pagato, perché non potendo cambiare per ovvi motivi l’intera squadra, il presidente del Napoli, al pari di ciò che fanno tutti gli altri colleghi, ha valutato Ancelotti attraverso un metodo oggettivo: i risultati raggiunti dalla squadra. Lo stesso De Laurentis sa che Ancelotti non è il colpevole di tutto, anzi, forse è il meno colpevole fra tutti. Però, in un’azienda, un dirigente (in questo caso l’allenatore) non risponde soltanto di fatti che possono essere collegati direttamente ad una sua azione individuata; non risponde, cioè, soggettivamente. La sua è, invece, una vera e propria responsabilità oggettiva collegata, per l’appunto, all’evidenza delle conseguenze del suo piano di lavoro.

Questo esempio che abbiamo pescato tra le cose più pop, più alla portata di tanti, lo abbiamo formulato per dire che Roberto Mannella potrebbe essere utilizzato dall’Asl, dopo tanti anni, per un’altra mansione, lasciando spazio ad un dirigente nuovo, magari più giovane, in grado di iniettare la sua motivazione, l’ambizione di chi aspira a crescere professionalmente.  Ma in Italia non ci avevano detto cantone e compagnia chi bisognava far finalmente partire il sistema della rotazione? Speriamo di essere stati sufficientemente continenti e non scortesi nei confronti del dirigente Mannella che conosciamo da anni e riteniamo una persona seria e della caposala Lo Mascolo. Responsabilità oggettiva. E’ un espressione importante, pesante e che giustamente non può essere applicata all’agire di un operaio o di un dipendente ma che riguarda i dirigenti che, non a caso, rispetto a quell’operaio o a quel dipendente, intascano il doppio, il triplo o anche il quadruplo dello stipendio.