Nell’accordo con i Venosa dopo l’arresto del super boss, saltò fuori una lista di nomi che…

7 Aprile 2018 - 00:00

CASAPESENNA – Quando Salvatore Venosa si è insediato qualche plenipotenziario della famiglia Schiavone, ciò è capitato perchè era l’unico in grado di garantire sostentamento mensile agli affiliati in carcere e ai loro congiunti, così come abbiamo ben compreso
dall’ordinanza Jackpot del febbraio 2017.

Ma essere rappresentante degli Schiavone peraltro con la maggior parte di questi in carcere non garantiva alla famiglia Venosa il controllo di tutte le estorsioni. Ciò è messo nero su bianco in una serie di interrogatori di uno dei collaboratori di giustizia più prolifici, in termini di informazioni e di ricostruzione storiche. L’intesa tra i Venosa, in questo caso rappresentati da Salvatore Venosa e gli uomini di Zagaria, subito dopo l’arresto di quest’ultimo, viene sancito in una lista, che è più di una lista, ma una sorta di contratto.

All’interno di questa, vennero ripartiti e classificati gli imprenditori ai quali i Venosa si potevano rivolgere direttamente e i nomi degli imprenditori di cui Venosa, coadiuvato in quel periodo da Oreste Reccia, come si suol dire, “non si sarebbero dovuti permettere” dato che si trattava di persone organiche al mondo degli affari di Michele Zagaria.

In verità, Massimiliano Caterino detto ‘o mastrone, usa un termine caro agli appassionati di grandi pellicole cinematografiche: “intoccabili”.

Ma in quel caso, si trattava di boss americani, soprattutto italo-americani, che erano riusciti a penetrare nelle alte sfere della pubblica amministrazione e della polizia in modo da ottenere protezione e impunità.

In questo caso, invece, la protezione, soprattutto a due imprenditori, Luciano Licenza e Francesco Martino, la loro totale libertà di muoversi nel mondo degli appalti in provincia di Caserta gliela garantiva il fatto di essere considerati delle vere e proprie protesi di Michele Zagaria.

 

 

 QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’INTERROGATORIO