I suoi supporters più stretti stanno chiamando le persone, una per una, al telefono, come si fa per i comizi
31 Marzo 2018 - 00:00
MARCIANISE – (g.g.) Quella di domani non sarà una manifestazione spontanea, ma una normale manifestazione politica. Organizzata dai sostenitori del sindaco Antonello Velardi e benedetta, da dietro le quinte, da lui stesso. Da almeno 3 giorni, infatti, fioccano le telefonate nelle quali i consiglieri rimasti fedeli al primo cittadino dimissionario, gli amici, i parenti stanno chiamando a raccolta persone che difficilmente hanno la possibilità, nonostante il sabato santo, di dire no, soprattutto per legami di amicizia e di reciproco rispetto.
Per cui in piazza non ci sarà una espressione civile trasversale, un popolo che concepisce o recepisce il tema della legalità quale valore identificabile, al punto da poter capire se è coniugabile o meno con la figura di Antonello Velardi. Sarà una piazza normale. 500, 600, mille. Al di la di quanti saranno, si tratterà degli elettori del sindaco il quale tenta questa operazione plebiscitaria che in qualche modo conferma la sua idiosincrasia a confrontarsi con le istituzioni costituzionalmente riconosciute.
La piazza di domani è l’altra faccia della stessa medaglia degli scritti ossessivi pubblicati sui social. Insomma, Velardi prima si è preso i voti di Pero, di Filippo Fecondo, Guerriero, di Pino Riccio eccetera e ora cerca di ghigliottinarli attraverso uno strumento giacobino.
Il fatto è che i comuni, pur incardinati su una legge elettorale fondata sull’elezione diretta del sindaco, rappresentano il popolo sovrano, non solo attraverso il consenso che viene attribuito al candidato sindaco ma anche attraverso quello assegnato ai singoli consiglieri comunali. Questi, peraltro, esplicano un indubbio trascinamento alla fascia.
Il gravissimo atto di scortesia istituzionale consumato da Velardi ieri ai danni del consiglio comunale rende ancora più beffarde quelle righe scritte nel suo programma elettorale, nel quale si impegnava a garantire la centralità dell’organismo assembleare. Beh, da quasi 2 anni a questa parte, se ha partecipato a 3 o 4 ore di dibattito consiliare, è già dire molto.
La lesione della democrazia rappresentativa avviene, dunque, questa volta, in maniera evidente. Ci sarebbe un percorso ortodosso: Velardi non ritira le dimissioni, crea un progetto politico suo sostenuto da quella che lui definisce società civile, riponendo in soffitta i partiti e con questa idea si ripresenta al popolo sovrano. Sarebbe l’unico modo per fornire una legittimazione democratica alla sua posizione di oggi.