Il fratello dell’imprenditore suicida: “Volevamo denunciare tutti, Emilio Chianese e anche gli ingegneri del Cub. Ci costrinsero ad una riunione con un camorrista che…”

18 Novembre 2020 - 12:57

Il racconto di Luigi Giuliano, diretto congiunto di Giuseppe Giuliano, che si tolse la vita nel suo capannone. Le drammatiche fasi di un incontro al quale, temendo di essere uccisi, i due fratelli decisero che andasse…

 

TRENTOLA DUCENTA(g.g.) A un certo punto della storia, Emilio Chianese comincia a comparire di meno. Gli incontri tra i fratelli Luigi e Giuseppe Giuliano con lui e con i due ingegneri del consorzio unico di bacino dei rifiuti non avevano prodotto un punto di equilibrio nell’operazione di rottamazione e di smaltimento dei famosi camion che il cub aveva ereditato dal consorzio Ce2.

Soprattutto i fratelli Giuliano rinfacciavano al loro principale interlocutore, cioè al compaesano Antonio Sarracino, consuocero di Emilio Chianese, di aver dovuto versare una quota estorsiva a quest’ultimo di ben 55 mila euro.

Poi c’era stata la complicazione dei documenti dei camion, molti dei quali gravati da fermo amministrativo e da altri guai; insomma, anche su questa vicenda, com’era già successo con il caso del capannone di Carinaro, nel possesso dell’imprenditore, anche lui di Villaricca, D’Alterio, si crea una tensione altissima e anche pericolosissima.

Ma in quel caso, D’Alterio, come aveva spiegato Luigi Giuliano ai magistrati della dda, aveva, quantomeno, saldato il corrispettivo del lavoro svolto.

Erano rimaste le minacce di morte, formulate, secondo Luigi Giuliano, da Emilio Chianese e da Sarracino nei loro confronti, condite da minacce alle famiglie. Ma almeno il danno economico era stato meno pesante.

Nel caso invece dei camion, sempre stando al racconto del testimone chiave di questa vicenda, Sarracino, avendo capito che i fratelli Giuliano non gliel’avrebbero fatta passare liscia e non l’avrebbero fatta passare liscia nemmeno ad Emilio Chianese, avrebbe chiesto l’intervento della camorra e cioè dei parenti suoi, quelli del clan Ferrara, temibili ed attivi sulla piazza di Villaricca.

Siccome i Giuliano minacciavano di denunciare Chianese, Sarracino e l’intera operazione dei camion, sempre Sarracino organizzò una riunione e cui era presente Franco Ferrara, cugino del boss Domenico Ferrara. A quell’incontro andò solamente Giuseppe Giuliano. I due fratelli temevano addirittura di essere uccisi e se quello era andato alla riunione non fosse tornato entro un certo lasso di tempo, l’altro, cioè Luigi, avrebbe dovuto allertare le forze dell’ordine

Giuseppe Giuliano tornò avendo incassato, al cospetto della camorra, una ulteriore minaccia: Antonio Sarracino doveva avere i 6.500 euro, provento della sua quota estorsiva sui camion e siccome i Giuliano non li avevano, sarebbe stato Francesco Maglione ad anticiparli, a consegnarli materialmente al Sarracino. Ciò fu detto in presenza dello stesso Maglione, accompagnato a quella riunione dall’ex appuntato dei carabinieri Vincenzo Barbarisi, divenuto suo contabile di fiducia.

La settimana dopo, con la tensione che si tagliava ormai a fette, Sarracino avrebbe chiesto ai fratelli Giuliano di restituire tutti i documenti relativi ai camion del cub che evidentemente lui, Chianese e anche i due ingegneri non volevano rottamare nel rispetto di una corretta procedura di legge e applicando le norme che evidentemente erano inapplicabili perchè quell’operazione era illegale dalla testa ai piedi.

I Giuliano non consegnarono i documenti e ribadirono l’intenzione di denunciare tutti.

Vedremo la prossima volta come si misero le cose dopo questo ennesimo incontro, registrato anche questo con lo smartphone dei fratelli Giuliano.

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’ORDINANZA