Un detenuto per camorra del carcere di S. MARIA C.V. chiede il permesso per visitare la tomba di suo padre appena morto e il giudice glielo nega. Ecco perchè secondo noi la decisione è sbagliata

13 Aprile 2021 - 18:59

CESA(g.g.) Ci è stata segnalata dal noto avvocato penalista Giovanni Cantelli una vicenda, che, a suo avviso si è risolta con un provvedimento iniquo nei confronti del suo cliente Antonio Barbato, di Cesa, che sta scontando una pena definitiva nel carcere di San Tammaro-Santa Maria Capua Vetere. Ben inteso, si tratta di un camorrista incallito, già reduce da lunghi periodi di detenzione, a lui affibbiati per essere un esponente, dedito alle estorsioni, del clan dei casalesi, gruppo Di Tella di Teverola. Ma ciò non vuol dire, come ben sanno i nostri lettori, che in uno Stato di Diritto la possibilità di accedere a piccoli o grandi benefici in fase di esecuzione della pena possa essere legata a fattori emotivi di tipo pregiudiziale rispetto a ciò che la legge prevede e che va applicato integralmente senza se e senza ma.

Barbato aveva chiesto al giudice di sorveglianza di poter partecipare, ai sensi dell’art.30 dell’Ordinamento Penitenziario, ai funerali di suo padre o, in subordine, di poter visitare la tomba di questi.

Il giudice della sorveglianza di Santa Maria Capua Vetere, Oriana Iuliano, ha rigettato  questa istanza. A quel punto, nel momento in cui abbiamo potuto leggere direttamente il dispositivo e con tutto il rispetto dell’avvocato Cantelli, ci siamo voluti fare noi un’ idea su questa decisione. D’altronde, da anni e anni analizziamo documenti giudiziari che spesso andiamo a valutare in funzione di una nostra lettura “laica” del codice penale, del codice di procedura penale e di tutti i repertori giurisprudenziali possibili e immaginabili,  tutte fonti del diritto  fondamentali per  comprendere  il segno e il senso delle decisioni prese dal giudice naturale.

Allora, nel suo dispositivo, il magistrato di sorveglianza collega la richiesta del detenuto Antonio Barbato alle previsioni del già citato articolo 30 dell’Ordinamento Penitenziario( CLIKKA QUI PER LEGGERLO)

. Per cui, il giudice Iuliano utilizza il potere discrezionale che questo articolo attribuisce all’autorità giudiziaria competente quando un detenuto chiede un permesso per presenziare ad una cerimonia funebre di un diretto congiunto o per recar visita, nelle ore successive alla stessa, al sepolcro da poco approntato.

In poche parole, il giudice di sorveglianza ti può dire si, ma ti può rispondere anche con un no motivato.

Dunque, qual è la motivazione addotta? Dal 5 marzo al 19 marzo e poi dal 19 fino alla decorrenza ancora in corso la Campania, scrive il magistrato di sorveglianza, è stata inserita nelle cosiddette zone rosse, cioè nel comparto in cui si applicano le maggiori restrizioni.

Già da un anno a questa parte la disciplina delle cerimonie funebri prevede una severa selezione quantitativa delle persone che vi possono presenziare. Ciò vale indipendentemente dal discrimine determinato dal colore a cui si appartiene. Giusto per dire, facendo riferimento a ciò che accade fuori dall’Italia, capita che in Gran Bretagna, ad esempio, come stiamo vedendo e apprendendo in questi giorni in tutte le tv, sarà consentito solo a trenta persone di assistere ai funerali di Filippo di Edimburgo.

Dunque, la restrizione, come d’altronde, è significato dal marchio originale della parola stessa, non significa azzeramento prescritto delle presenze. Senza allungarvi la barba con la citazione integrale di quella parte della norma contenuta nei diversi decreti anti-covid vi diciamo che nella generalità dei casi, ci si regola consentendo la presenza di un numero più alto di persone durante la messa funebre, con il tassativo rispetto dell’obbligo di mascherina e di quello di distanziamento, stabiliti in un protocollo, firmato a suo tempo tra il governo e la conferenza episcopale italiana. Obblighi che si associano  all’accorato  consiglio di vescovi e parroci di utilizzare i disinfettanti che il molto organizzato clero italiano mette largamente a disposizione all’ingresso delle chiese e anche all’interno delle stesse.

Per quanto riguarda invece l’ultimo saluto al cimitero, a questo vengono ammessi solamente gli stretti congiunti. Di solito 9 o 10 massimo 12 persone che presenziano, adeguatamente distanziati e provvisti di mascherina, alla benedizione del feretro e alla sua tumulazione.

Per cui, sia detto, ripetiamo, con rispetto per l’autorità giudiziaria, il riferimento alla vigenza della zona rossa quale unica motivazione del diniego opposto alla richiesta di pietas filiale presentata dal detenuto Antonio Barbato, non ci  torna granchè e, riteniamo,  che l’atto del giudice di sorveglianza possa, conseguentemente, diventare oggetto di ricorso in appello da parte dell’appena citato detenuto.

In verità, questo nostro lavoro di agevole collegamento tra la normativa vigente e il provvedimento giudiziario in esame, non riesce a nostro sommesso avviso, a realizzare la necessaria osmosi. Non ci sembra, infatti, che le argomentazioni da noi sviluppate dimostrino che norma e provvedimento si incrocino e si accolgano vicendevolmente nella vicenda narrata.

Per altro, l’articolazione del dispositivo di rigetto è laconica nell’espressione delle sue motivazioni. Scrivere e decretare un no perchè esiste sic et simpliciter, la zona rossa, vuol dire, sempre a nostro avviso, esporre, infatti, il provvedimento a un piuttosto evidente difetto di motivazione.