MONNEZZA CASERTA. Dopo il bando truccato da Carlo Marino e Carlo Savoia, via alla “tombolella” di Iovino. Ecco come truccò il sorteggio dei componenti della commissione di gara

26 Dicembre 2021 - 13:31

L’appalto dei rifiuti da 116 milioni di euro mostra un insieme di comportamenti e un modus operandi che hanno connotato la gestione del denaro pubblico nel comune capoluogo. I tre soggetti che hanno deciso l’aggiudicazione alle ditte volute da Savoia dovevano essere estratti a sorte, ma Iovino mette mano alle carte e magistrati spiegano come l’hanno scoperto

CASERTA (g.g) – L’altra sera abbiamo estrapolato dall’ordinanza relativa a tutta la filiera dei reati compiuti attorno alla gara da 116 milioni di euro che l’amministrazione comunale di Caserta, con in testa il sindaco Carlo Marino, indagato pesantemente, benché miracolato sulla misura cautelare, un passaggio riguardante la modalità pratica attraverso cui la gara è stata truccata. In verità, andrebbe detto che abbiamo estrapolato una

delle modalità, perché quella del sorteggio dei componenti della commissione giudicatrice non è certo la sola.

Non a caso, agli indagati principali di questa inchiesta viene contestata l’intera struttura dell’articolo 353 del codice penale, che definisce e punisce il reato di turbata libertà degli incanti. Il 353 bis viene contestato a Carlo Savoia e ai componenti del suo staff, i vari Cardone, Scamardella e Scognamiglio, ciò perché loro agiscono tra febbraio e maggio del 2018, cioè dal momento in cui il dirigente Marcello Iovino realizza la bozza del bando e quello in cui, dopo le cure prestate nella premiata sartoria del centro direzionale di Napoli, dove insistono gli uffici della Xeco di Carlo Savoia, quella bozza viene in pratica stravolta, anche forse con le precise e decisive indicazioni direttamente erogate dal sindaco Carlo Marino

prima di essere riconsegnata a Iovino che ne farà poi la versione ufficiale, su cui verrà attivata la procedura che dovrà portare nelle intenzioni dei già citati Marino, Savoia e Pasquale Vitale, all’aggiudicazione all’associazione temporanea di imprese formata dalla Energetikambiente e dalla Esi, società quest’ultima in cui erano soci i già citati Cardone, collaboratore e sarto di Savoia, e Lucia Iorio, che di Carlo Savoia è la consorte.

Gli altri concorrenti, si fa per dire, erano la Tekra dei Balestrieri, che poi sarebbe stata colpita un paio di anni dopo da un’interdittiva antimafia e il Consorzio CITE, in cui Carlo Savoia aveva svolto un’attività di sostegno, peraltro a suo tempo seguita passo passo da questo giornale, in ognuna delle gare che si era aggiudicato in provincia di Caserta, a partire da quella di Orta di Atella, comune attaccato a quello di Sant’Arpino, dove Savoia è nato e vissuto, e quella di Aversa, che viene revocata solo perché la gestione disastrosa del cantiere di Orta da parte di Cite aveva indotto i dipendenti ad incrociare le braccia e il comune di Orta ha rescindere il contratto per grave inadempienza. Circostanza, questa, che, in base alla legge, comporta l’immediata revoca di ogni altra procedura attivata e conclusasi a favore del soggetto colpito dall’atto con rescissione unilaterale da parte del comune.

Completando il breve ragionamento sul CITE, ricordiamo quello che nel 2018 abbiamo scritto in diversi articoli e cioè che questo nacque all’ombra delle strane vicende, verificatesi dentro ed attorno alla mega discarica di Maruzzella che, per motivi misteriosi e mai chiariti fino in fondo, fu affidata nel pieno dell’emergenza rifiuti alla gestione del consorzio Salerno 2, favorendo in questo modo la nascita di un rapporto stretto tra il soggetto che quel consorzio rappresentava e tutte le imprese, rigorosamente provenienti da Casal Di Principe, Casapesenna e Villa Literno, che hanno continuato e in parte continuano ancora ad avere il monopolio del trasporto rifiuti in provincia di Caserta, ognuna di esse provenienti da zone quantomeno grigie, un tempo direttamente relazionate al mondo degli affari gestiti dal clan dei Casalesi e da Michele Zagaria in particolare.

Quando CITE diventa poi un ferro vecchio, viene utilizzata per far presenza in qualche gara, com’è avvenuto nell’appalto di Caserta.

Ma se il vestito era stato confezionato perfettamente su misura, se Carlo Savoia e il suo staff avevano violato l’articolo 353 bis, che punisce la turbativa d’asta, quando questa viene realizzata attraverso le manipolazioni e gli adattamenti dei bandi, dunque nella fase pre gara, lo stesso Savoia, assieme al dirigente del comune di Caserta Iovino e al funzionario Pippo D’Auria, andavano ad incrociare anche le prescrizioni dell’articoli 353, senza bis stavolta, che invece va a punire i comportamenti avuti durante la procedura viva di aggiudicazione.

Insomma, non bastava aver redatto un bando negli uffici dei soggetti economici destinati a vincerla quella gara, operazione a cui, ripetiamo, partecipa materialmente anche il sindaco Carlo Marino, ma occorre premunirsi perché se gli impostori non controllano la commissione giudicatrice, esiste il pericolo che il Rup, in questo caso lo stesso Iovino, possa incespicare in qualche passaggio, non raggiungendo il risultato predeterminato.

Questo tipo di gara prevede il sorteggio. La centrale appaltante è l’Asmel, il cui legale rappresentante ci ha (invano) già querelati due volte e che se ci prova la terza volta, gli scriviamo cento pagine di citazione risarcitoria per danni materiali e morali. Anche in questa circostanza il concetto è sempre lo stesso. Questi enti, peraltro pesantemente a suo tempo attaccati dall’allora presidente dell’Anticorruzione Raffaele Cantone e oggi procuratore della repubblica a Perugia, sono nati solo per gettare fumo negli occhi e per dare la possibilità di rendere meno leggibili procedimenti amministrativi ampiamente truccati, ampiamente illegali, come dimostra il caso di cui ci stiamo occupando.

Questo vale per l’Asmel, come valeva e vale per la Stazione unica appaltante, che nel momento in cui non si è potuta fare così come pensata e pianificata negli anni 2008 e 2009, con la presenza al suo interno di rappresentanti della questura, della prefettura, dei comandi provinciali dei carabinieri e guardia di finanza, avrebbe dovuto diventare un’idea abortita, non iniziata, invece di connotarsi come l’ennesima porcheria, come un’agenzia del malaffare buona per trasferire i reati di turbativa d’asta, falso e corruzione dalle stanze dei comuni a quelle dei vari provveditorati a cui era stata delegata la funzione e che, non a caso, hanno visto alcuni loro dirigenti essere pesantemente inquisiti e anche processati.

Sapete cosa ci fecero Marcello Iovino e Pippo D’Auria con l’elenco di 25 nomi di tecnici abilitati a far parte di una commissione tanto importante da dover aggiudicare una gara da 116 milioni di euro? Fecero quello che hanno fatto spesso loro e tanti altri dirigenti del comune di Caserta. Alle 14.25 del giorno 11 settembre 2018, che per Palazzo Castropignano nulla potrebbe nemmeno l’aereo kamikaze delle Torri Gemelle, vengono generati tre numerini per la tombolella di Marcello Iovino, attinti in maniera casuale dal sito Blia.it.

Alle ore 14.44, con i tre numerini in mano, che sono 10, 11 e 24 (e domani ce li giochiamo), Iovino si mette davanti l’elenco dei 25 nomi degli esperti Asmel, ne piazza ventidue a caso e se ne riserva tre che va a collocare, manco a dirlo, rispettivamente nelle caselle 10, 11 e 24, quelle che devono indicare i componenti della commissione. 

Si tratta dell’ingegnere Carlo Di Lucia, nominato presidente della commissione e al tempo – non sappiamo se lo sia ancora – dirigente del settore di Lavori Pubblici al comune di Albanella, in provincia di Salerno e non lontano da Paestum, di Gerardo Di Meo, anche lui ingegnere in servizio in un comune della provincia di Salerno e precisamente quello di San Cipriano, non d’Aversa, anche se ci sarebbero le condizioni per pensarlo, bensì a San Cipriano Picentino. Infine, come terzo componente viene scelto, perché abbiamo visto come di scelta diretta si tratta, quand’anche illegale, truffaldina, il dirigente o funzionario residente a Montesarchio e probabilmente impiegato proprio in questo comune, Massimo Pagnozzi.

Ed è questa la commissione che procede all’aggiudicazione provvisoria che un soddisfattissimo Carlo Marino annuncia pubblicamente il 5 novembre 2018 e che noi riuscimmo ad immortalare in un breve video esclusivo. Ora, sui comportamenti di questa commissione non è che occorra un fine detective per attribuire una valutazione, dall’ordinanza si apprende, tra l’altro, che Carlo Savoia si reca in visita al comune di Albanella 10 giorni dopo l’estrazione “casuale”.

Pippo D’Auria viene indagato e arrestato per aver realizzato in concorso con Savoia e Iovino lo stesso reato, in quanto lui da testimone formale, non può, secondo l’accusa, partecipare egli stesso. In realtà, come scritto già precedentemente, Pippo D’Auria non è l’unico testimone, la stessa mansione è ricoperta dagli altri due dirigenti Franco Biondi e Giovanni Natale, per i quali, invece la Direzione distrettuale antimafia, parla solo di “indizi di reità”. Speriamo solo che nel seguito dell’ordinanza D’Auria è colpevole per i magistrati del reato di turbativa d’asta, in concorsi con Iovino e Savoia, mentre il dubbio assale gli stessi PM sulla stessa posizione degli altri due testimoni, cioè Biondi e Natale.

Ora, è vero che hanno trovato le mazzette con i soldi in contanti nei cassetti di casa D’Auria, però la formulazione del capo C lascia qualche perplessità, soprattutto quando poi si formula una graduazione diversa di responsabilità, che a livello di soli e semplici indizi esisterebbe anche in capo a Biondi e Natale.

Il capo D, poi, è una conseguenza del capo C. L’avvenuta turbativa d’asta espone i suoi risultati, manifestandoli formalmente in una serie di documenti ufficiali redatti dallo stesso Iovino e che integrano, sempre con il concorso di D’Auria e Savoia, il reato di falso ideologico del pubblico ufficiale, ai sensi dell’articolo 479 del codice penale.

I DUE CAPI (C – D) DELL’ORDINANZA: