COVID & OSPEDALE DI CASERTA. Infermieri e Oss allo stremo delle forze. Carenze galoppanti dell’organico. Gli errori raccapriccianti del Dg Gubitosa e degli altri sedicenti manager

12 Gennaio 2022 - 16:31

Il Sant’Anna e San Sebastiano ha perso più del 50% dei suoi posti letto ordinari. 0 interventi chirurgici programmati, 0 ambulatori. Un disastro. Ci giungono segnalazioni accorate, per cui non possiamo far altro che andare a ripescare battaglie del passato remoto e prossimo condotte da questo giornale, a partire da quelle riguardanti la politica, che per rispetto definiamo solo miope, di gestione delle graduatorie, del lavoro del personale interinale

 

 

 

CASERTA (G.G.) – Ha ragione Barbara Palombelli, il cui nome, riteniamo, non ha bisogno di ulteriori specificazioni identitarie, quando dice che l’Italia è, per molti versi, “un postaccio”.
Ieri sera, durante la sua trasmissione quotidiana in onda su Rete 4, ha raccontato di una sua esperienza personale, vissuta nelle corsie di un ospedale pubblico romano, dove si trova ricoverata una congiunta.
Per farvela breve, ha concluso il suo intervento dicendo, desolatamente, che gli infermieri, gli operatori socio-sanitari, sono stati raggirati e umiliati.
I politici, infatti, fanno a gara per decantarne l’impegno, l’abnegazione e il senso di sacrificio mostrato in questi quasi due anni di Covid.
Li chiamano “angeli”, “eroi”, in una progressione retorica spesso irresistibile.
I peana sono sempre e comunque accompagnati dall’auspicio di un premio reale, in termini di solido e definitivo incentivo economico, ma anche di una riforma profonda dei modelli organizzativi della sanità italiana.
Spente le telecamere, però, i politici delle passerelle dimenticano che quegli appelli avrebbero dovuto formularli a loro stessi.
Se si eccettua, infatti, qualche elemosina consegnata, spesso anche in ritardo, agli infermieri che hanno vissuto nelle corsie come in un teatro di guerra, la situazione di questa categoria e di quella contigua dentro al cosiddetto “comparto sanitario”, parliamo degli Oss, è nettamente peggiorata.
Nel senso che oggi gli infermieri e gli Oss lavorano il triplo rispetto a prima, guadagnano uguale e forse anche meno e nessuno gli riconosce un solo euro di indennità per i pesantissimi rischi che corrono, ogni giorno, quando – molto spesso sostituendo medici i quali si defilano alla grande – entrano nelle stanze della sofferenza, affollate di malati di Covid, esponendosi all’infezione che non a caso ne ha portati via a centinaia, autentici caduti da fare morti e contenti con l’ipocrisia dei soliti sermoncini elogiativi salvo poi non affrontare seriamente i motivi per cu hanno perso la vita lasciando nel disastro economico e morale le proprie famiglie.
La Palombelli, dunque, ha impostato questo discorso relativamente alle cose, alle scene che ha visto in un ospedale di Roma nel quale, ha detto, gli infermieri e gli altri operatori sono allo stremo delle forze.
Pensate un po’ se la nota giornalista, di gran lunga una delle più autorevoli d’Italia, avesse dovuto render visita ad un suo congiunto nell’ospedale di Caserta.

Una visita evidentemente realizzata in aree diverse da quelle riservate ai pazienti Covid, nelle quali è vietato l’ingresso.
Ne avrebbe viste di tutti i colori.
La disorganizzazione, la mancanza di un piano operativo in grado di comprendere, prima ancora di affrontare l’emergenza, con una direzione generale che naviga a vista, che campa alla giornata, augurandosi che il giorno dopo sia meglio del giorno prima, ma ovviamente per decreto della Divina Provvidenza, non certo perché lui – il direttore Gaetano Gubitosa – abbia mostrato una effettiva capacità di organizzazione e di corretta collocazione delle risorse.
Corretta ed equa, perché nell’ospedale di Caserta, e ci assumiamo la piena responsabilità di questa affermazione, si continuano a praticare azioni che, a nostro avviso, integrerebbero la contestazione classica del diritto del lavoro di condotta antisindacale.
Figli e figliastri, come sempre.
Con la sensazione, da noi più volte spiegata anche con contenuti mai smentiti, che chi fa sindacato realmente venga colpito, mentre chi il sindacato lo fa al riparo da occhi indiscreti o, come si suol dire, “sotto al muro”, viene premiato proprio perché, a priori, non mette i bastoni tra le ruote alla dirigenza, anche quando, anzi soprattutto quando, questa opera a tutela della propria sopravvivenza, che guadagna giorno per giorno sulla pelle dei poveri cristi che lavorano per 1200-1500 euro al mese rischiando la pelle.
Ma cosa avrebbe visto, nell’ospedale di Caserta, Barbara Palombelli?
Occorrerebbe un libro, ma ci fermiamo a pochi esempi.
Sul ponte sventola bandiera bianca e dunque, siccome c’è il Codiv, negli ospedali campani, soprattutto in quello di Caserta dove la non capacità della dirigenza aggiunge un dato di criticità alla scellerata, insensibile, cinica gestione del servizio sanitario da aprte del governatore De Luca, non si fa più l’ospedale ma il lazzaretto.
Finito. Ambulatori chiusi, chirurgia di elezione, cioè interventi programmati, sospesa a tempo indeterminato, per cui se uno soffre di un tumore “gestibile”, non fa l’intervento e magari si aggrava e si accoppa.

In questo quadro che, ripetiamo, accomuna nel fallimento totale della politica sanitaria da parte del cantastorie di Salerno, si inserisce la disarmante incapacità del sedicente management del Sant’Anna e San Sebastiano.
Allora, al momento, dall’inizio della quarta ondata, i reparti ordinari accorpati sono stati i seguenti: Urologia, Chirurgia Maxillo-Facciale e Otorinolaringoiatria da tre sono diventati un solo reparto, con 15 posti letto.
Avete letto bene, 15 posti letti al posto dei 30 disponibili quando i reparti avevano vita autonoma.
Notate: Urologia e Otorinolaringoiatria. Abbiamo detto detto.
Ginecologia e Ostetricia sono diventata un tutt’uno con 18 posti letto a fronte dei 30 e più di prima.
Qui quantomeno esiste una organicità sanitaria.
Vietato cadere dal motorino, dalle scale, fare incidenti stradali, che non vi venga in mente di fare qualche acrobazia da kamasutra: l’Ortopedia dell’Ospedale Civile di Caserta può ospitare solo 16 pazienti, la metà di prima.
Il Day-Surgery è un’innovazione della sanità a partire dagli anni ’70-’80 che ha senso se rappresenta un compartimento a sé, visto e considerato che se uno fa Day-Surgery non può stare dentro a un circuito organizzativo in cui sono presenti ricoverati per più giorni.
Oggi il Day-Surgery convive, dopo la fusione, con la Chirurgia Oncologica. Così, magari, in poche ore di degenza per un intervento veloce, uno può rendersi conto dei rischi che corre. Probabilmente si sarà trattato di un provvedimento pedagogico preso dall’ottimo Gubitosa.
Anche qui, compresa la Senologia, si dimezzano i posti letto.

Ad oggi, dunque, l’ospedale Civile di Caserta ha perso più del 50% dei posti letto, diventando un “ospedaletto”.
Fino a quando ci sarà il Covid sono banditi i tumori, le normali insufficienze respiratorie, le malattie infettive, visto e considerato che quest’ultimo reparto è totalmente occupato da pazienti Covid.
Già immaginiamo la giustificazione: queste sono le risorse che ci dà la Regione, noi più di questo non possiamo fare. Mica possiamo rifiutare i ricoveri per Covid?
No, la situazione non è riassumibile in una difesa rituale e dozzinale.

Quante volte, in questo giornale, avete letto che l’azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano dispone di una graduatoria degli infermieri impiantata già nel 2020, frutto di un avviso pubblico per mobilità extra-regionale, pubblicato a suo tempo dall’allora direttore generale Mario Ferrante.
Di fronte alla lancinante necessità di organico, di fronte ai turni impossibili, conditi dalle tensioni altissime di chi deve indossare per ore uno scafandro in stile Palombaro che dopo due ore rischi di doverti tu ricoverare per collasso da mancata traspirazione, di fronte alla tipologia di un servizio che si sviluppa sempre con grandi livelli di emotività, la dirigenza dell’ospedale ha dato circa un mese di tempo alle altre aziende ospedaliere, alle Asl, per poter realizzare il trasferimento in mobilità, ben sapendo che in una condizione emergenziale sarebbero stati pochissimi quelli in grado di ottenere il nulla osta nei tempi strettissimi previsti.

Così facendo, quella graduatoria ha tirato le cuoia.

Qualcuno potrebbe dire: se abbiamo un’emergenza, è giustificato il termine di un mese. No, le carenze pesantissime che questo giornale ha anche quantificato nelle piante organiche di infermieri e Oss, costituiscono un problema annoso, che si affronta con la programmazione. Per cui, non ci sarebbe stato alcun problema a definire un termine più ampio, magari di tre o quattro mesi, entro i quali gli ospedali e le Asl di provenienza degli infermieri avrebbero potuto organizzarsi per sopperire al trasferimento.

Vogliamo poi parlare di un altro argomento da noi affrontato nei mesi scorsi? Trattasi degli infermieri interinali, cioè dipendenti di agenzie che svolgono proprio questa funzione, “vendendo” all’azienda ospedaliera un numero tot. di ore.

La presenza di questo personale è stata importantissima ed è durata 20 anni. Dunque, per 18 anni sono stati ritenuti utili quando del Covid non si conosceva neppure l’esistenza. Quando viene sollevato il problema? Naturalmente durante la pandemia. Geniale. Invece di stabilizzarli utilizzando lo strumento che la legge fornisce (50% del fabbisogno reale attinto dagli interinali e l’altro 50% di assunzioni interne) Gubitosa ha fatto scadere i contratti e oggi questi infermieri cercano e trovano, giustamente, altre sistemazioni più stabili nell’Asl di Caserta, in altre Asl campane, in altre aziende ospedaliere, andando a portare lì il know-how acquisito a Caserta.

Prima abbiamo scritto geniale. Ora diciamo fenomenale. Il risultato di tutto ciò è la vita drammatica a cui sono costretti infermieri ed Oss attualmente in servizio all’ospedale di Caserta.

Hai voglia a utilizzare la leva dello straordinario. Perché se un infermiere o un Oss tu lo massacri, produrrai in lui problemi molto più seri e più gravi di quelli che gli risolvi versandogli qualche soldo in più per turni che arrivano a durare 12 o addirittura 18 ore, andando ad incrociare quella situazione di spossatezza, di stanchezza, di distruzione fisica, denunciata ieri sera da Barbara Palombelli.

Magari nei prossimi giorni andremo a spiegare meglio cosa vogliamo significare quando spieghiamo che la dirigenza opera delle discriminazioni. Anche in questo caso, infatti, bisogna partire dall’inizio della storia, arrivando alla fine dopo un racconto step by step, altrimenti non ci si capisce un tubo e si dà la possibilità ai furbetti di certi altri sindacati, Fials e Cisl in testa, di manipolare, strumentalizzare, di produrre interpretazioni artificiose dei nostri articoli.