Per ordine degli Zagaria, Attilio Pellegrino “badante” in carcere di Raffaele Capaldo. Il regalo di Nicola Cosentino e un inedito sulla cattura di capastorta

14 Giugno 2018 - 17:47

CASAPESENNA – Ci sono tre passaggi delle dichiarazioni rese dai collaboratore di giustizia Salvatore Venosa e da l’altro pentito Attilio Pellegrino, tutte e tre allegate all’ordinanza sull’Inquieto made in Romania, che sono, a nostro avviso, degne di considerazione. Perchè magari qualcuno le ha scritte pure queste informazioni. Ma se le ha scritte nessuno se n’è accorto rispetto all’importanza rilevante che rivestono.

Prima informazione: Attilio Pellegrino racconta di essere stato letteralmente precettato, all’interno del carcere di Santa Maria Capua Vetere, da Pasquale e Carmine Zagaria, fratelli del super boss che gli fecero sapere, attraverso Salvatore Nobis detto Scintilla, che avrebbe dovuto fare in modo di farsi inserire nella cella in cui era recluso Raffaele Capaldo, marito di Beatrice Zagaria e dunque cognato del boss, nonché padre di quel Filippo Capaldo, erede designato una volta che capastorta, per qualche motivo, non fosse stato più in grado di governare il clan.

Questo dimostra quanto forte, quanto fondamentale fosse il rapporto tra gli Zagaria e la famiglia Capaldo. Raffaele era malandato e pesantemente claudicante. Aveva bisogno di una persona che lo assistesse e questo doveva essere un fedelissimo del clan, non altri.

Seconda informazione: tra gli imprenditori esentati dal pagamento del pizzo in quanto appartenenti alla sfera di influenza di Michele Zagaria, c’era anche il titolare di un distributore di carburanti. Lo racconta l’altro pentito Salvatore Venosa. Quel distributore, sempre secondo ciò che ha narrato, fu “regatogli da Nicola Cosentino e del cugino di questi, titolare dell’Aversana Gas“. Salvatore Venosa fa riferimento a un deposito che si trovava o forse si trova ancora lungo il percorso di Corso Umberto nel tratto in cui questa strada procede verso Villa Literno.

Terza informazione, raccontata sempre da Salvatore Venosa: Mario Nobis e Oreste Reccia avrebbero detto allo stesso Venosa che Michele Zagaria, probabilmente, avendo fiutato di avere la polizia ormai a un passo, si era deciso a lasciare il bunker sotterraneo della casa di Vincenzo Inquieto proprio nei giorni in cui fu catturato. Insomma, per un soffio, la primula rossa del clan dei casalesi non riuscì a sfuggire per l’ennesima volta, alla caccia grossa dello stato.

Mario Nobis sempre a detta di Venosa, conosceva bene anche alcuni particolari dell’organizzazione del bunker di Michele Zagaria. E di fronte al timore espresso dai suoi interlocutori sul pericolo che nel pc di Michele Zagaria ci potesse essere una lista di commercianti estorti o di famiglie di camorristi pagate, “ci rispose di star tranquilli perché Michele Zagaria non avrebbe mai compiuto un errore del genere.”

 

QUI SOTTO IL TESTO INTEGRALE DELLO STRALCIO DELL’ORDINANZA