In un bene confiscato alla camorra un asilo nido, violando Prg vigente e diritti sanciti dei condomini di parco Oasi della Felicità
23 Settembre 2022 - 18:13
Un cartello dei lavori ambiguo, ma alcune dichiarazioni rese dal sindaco di Casapulla Renzo Lillo hanno ufficializzato questo proposito. Clima teso e proprietari già pronti ad adire a vie legali
CASAPULLA (g.g.) – Uno dei nostri più grandi crucci è quello di non poter dar riscontro a moltissime delle segnalazioni, delle denunce, delle sollecitazioni che giungono nelle caselle della posta digitale di questo giornale, che meriterebbe di avere più persone, più mezzi proprio perché considerato dai cittadini senza voce, da quelli che non hanno santi in paradiso, che non possono accedere a raccomandazioni, che non sono legati a carrozzoni clientelare, come una valvola di sfogo, il terminale di tante confidenze finché queste diventino oggetto di un nostro articolo.
Ogni tanto, però, pur trattandosi di segnalazioni relative a comuni di cui purtroppo non ci possiamo occupare, a causa dell’esiguità appena citata di mezzi e personale, facciamo uno sforzo in quanto queste segnalazioni si sviluppano su argomenti che riguardano sì un fatto specifico ma che, allo stesso tempo, sollecitano valutazioni su tematiche che contengono il fatto denunciato e che sono allo stesso tempo collegabili a tanti altri fatti simili, a tante altre situazioni.
Oggi, ad esempio, abbiamo deciso di dar riscontro ad una serie di segnalazioni giunteci da Casapulla su quello che sta accadendo all’interno del parco residenziale Oasi della Felicità, che insiste in via Pizzetti, ovvero l’area del mercato comunale.
E lo abbiamo deciso perché stamattina abbiamo letto, annunciando a riguardo un articolo che uscirà domani mattina, sabato 24 settembre, un lungo stralcio di un interrogatorio reso da Nicola Schiavone, figlio di Francesco Sandokan Schiavone e collaboratore di giustizia in merito all’evoluzione, al destino di utilizzo dei beni confiscati alla camorra.
Quello che ha dichiarato Schiavone jr. ve lo racconteremo domani. Quello che possiamo dirvi oggi è che i comuni devono essere assolutamente intransigenti nel legare il destino di un bene confiscato, che diventa patrimonio municipale al termine della trafila amministrativa gestita dall’Agenzia del ministero dell’Interno, ad un’applicazione rigorosa, mai relativa, mai estensiva delle leggi e delle norme che queste compongono.
D’altronde, al di là delle rivelazioni incredibili fatte da Nicola Schiavone e piene di circostanziati riscontri, dovrebbe andare da sé: se un bene è stato confiscato ad un camorrista o ad un suo prestanome in quanto edificato, acquistato, comprato grazie ai proventi dell’attività criminale, quella casa, quel terreno diventa automaticamente un simbolo, un’emblema di legalità assoluta.
Ora, nel momento in cui ci vengono raccontate le vicende all’interno del parco Oasi della felicità, noi, anche sollecitati da quello che abbiamo letto delle parole del pentito, abbiamo fatto qualche ricerca e abbiamo ritrovato articoli, uno pubblicati anche da CasertaCE, che contenevano le dichiarazioni del sindaco Renzo Lillo che annunciava il proposito suo e dell’amministrazione comunale di utilizzare fondi vincolanti al progetto per l’apertura di un asilo nido comunale all’interno del parco e ospitarlo all’interno di una villetta a schiera confiscata in passato ad un camorrista ed entrata a far parte del patrimonio del comune di Casapulla.
Già nel momento in cui si fa riferimento ad una villetta a schiera, cioè ad un luogo utilizzato per civile abitazione, come location di un asilo nido, qualche dubbio ti percorre. E allora, ci siamo informati bene per capire se le segnalazioni giunteci fossero fondate oppure infondate.
Il parco Oasi della felicità, dunque, è esclusivamente residenziale e a suo tempo quelle villette a schiera sono state costruite in base ad un permesso collegato ad una destinazione d’uso prevista dagli strumenti urbanistici vigenti, riteniamo il Prg del tempo.
Chi ha comprato quelle villette ha firmato un contratto con la proprietà. Dentro a questo contratto, certificato e tutelato dal diritto, dalle leggi, non c’erano solamente le misure in metri quadrati o in metri cubi, ma veniva specificato, senza se e senza ma, che questo parco avrebbe avuto determinate caratteristiche, che ci sarebbero state solo civili abitazioni. In pratica un posto tranquillo dove stare in pace da single o con la propria famiglia.
Al di là di quello che può rappresentare per questo tipo di equilibrio l’introduzione in una delle villette di un asilo nido, ovvero di una struttura pubblica visitata da addetti ai lavori, mamme, fornitori, c’è un altro problema insuperabile a nostro avviso: se quel parco residenziale è tale perché a suo tempo chi l’ha costruito l’ha fatto in linea con gli strumenti urbanistici vigenti, oggi è difficile pensare di incidere al suo interno con un’altra destinazione d’uso, seppur parziale.
Difficile fino ad un certo punto, perché in realtà impossibile. Perché se è vero che un sindaco, un’amministrazione comunale, nel rispetto delle nome contenute nel Testo unico degli enti locali, può avviare la trafila lunga e complessa di una variante allo strumento urbanistico vigente, che è tale solo se l’approva il consiglio comunale, dopo che questa ha ricevuto tutte i pareri obbligatori: genio civile, amministrazione provinciale eccetera; è anche vero che questa potestà che sindaco e amministratori posseggono è bloccata da un regolamento di condominio vigente, scaturito letteralmente dai contenuti dei contratti di acquisto che a quel punto risulterebbero violati.
Qui siamo di fronte al diritto alla casa. Per molti di coloro che abitano in quel parco si tratta della prima e unica abitazione, per cui non ci sarà interesse pubblico e collettivo che tenga per giustificare un’ipotetica variante dinanzi ad un diritto di proprietà costituzionale e assolutamente pregnante.
Perché se ho acquistato una casa, diciamo spendendo 200 mila euro, e l’ho comprata alla fine di una trattativa divenuta contenuto vivo di con contratto, non è che arriva un comune – il quale a suo tempo ha deciso che quell’area era adibita a insediamenti solo residenziali – a sconvolgere e revocare, risolvere unilateralmente, arrogantemente un contratto di diritto privato. Espressione che contiene l’aggettivo privato, ma soprattutto il sostantivo diritto.
E siamo stati fin troppo generosi con il sindaco Lillo. Noi ci sforziamo sempre di costruire in maniera articolata le tesi che esprimiamo nei nostri pezzi giornalistici. Lo facciamo perché siamo rispettosi delle istituzioni e di chi le rappresenta, dunque anche del sindaco Lillo.
Perché avremmo potuto tagliare corto, leggendo le esternazioni su beni confiscati di Nicola Schiavone, dicendo al primo cittadino di Casapulla che lui non poteva aprire il cantiere dell’asilo nido nel parco, inserendo sul tabellone dei lavori una formula ambigua che qualifica gli stessi lavori come “adeguamenti sanitari”. Non cita l’asilo nido. Questo suo proposito l’abbiamo raccolto dalle esternazioni che ha fatto ai giornali.
Eh sì, avremmo potuto tagliare corto dicendo che la storia dei beni confiscati Di questa provincia è stata, finora, talmente tumultuosa, complicata, equivoca da rendere necessario, come abbiamo scritto all’inizio, un’intransigente, rigorosa, letterale applicazione della legge.
Ci piacerebbe sapere quale procedura amministrativa il sindaco Lillo immagini per insediare un asilo nido, modificando la destinazione d’uso di quella villetta a schiera e modificando sostanzialmente quel contratto di acquisto, entrandoci a gamba tesa, su cui è stato determinato il regolamento di condominio, che non è un circolo ricreativo, ma un’autorità tutelata dal diritto civile e che dunque non può essere cestinato da una persona solo perché questa indossa una fascia tricolore o solo perché l’immobile in questione è un bene confiscato alla camorra.
Anzi, proprio perché si tratta di un bene confiscato alla camorra non deve stare in storie tipiche del modo di interpretare la politica dei nostri sindaci, per i quali le legge e le norme sono sempre qualcosa di interpretabile, sono più un consiglio che un obbligo.