Della CAMORRA e delle PENE. Doccia fredda per Vincenzo Della Corte. Dopo la sentenza di Cassazione, si allungano i tempi per l’uscita dal carcere del 68enne ras della fazione-Bidognetti del clan dei casalesi
4 Novembre 2022 - 13:53
I giudici della Suprema Corte hanno annullato l’ordinanza del giudice dell’esecuzione in maniera netta, al punto da non applicare la procedura del “rinvio degli atti”, ma spedendo gli stessi direttamente alla Corte di Appello di Napoli, che è il giudice con la potestà di stabilire i termini dell’esecuzione di una pena, che il gup del tribunale partenopeo aveva sigillato a 13 anni e 4 mesi di reclusione
SAN CIPRIANO D’AVERSA – Se, come riteniamo probabile, Vincenzo Della Corte, esponente di spicco del clan dei casalesi fazione-Bidognetti, oggi 68enne, non è uscito dal carcere dal giorno in cui, era il 27 luglio 2013, vi entrò per l’ultima volta, ha scontato già 9 anni dei 13 anni e 4 mesi che fino a qualche tempo fa, rappresentavano la pena complessivamente calcolata anche alla luce della cosiddetta continuazione del reato, cioè del riconoscimento, da parte di un tribunale della unitarietà, della omogeneità di attività delinquenziali, che, in una sorta di trama unica, si concretizzano in più fatti e in più reati contestati in periodi differenti di tempo e che costituiscono in partenza una struttura procedimentale autonoma e distinta da tutte le altre.
Le prospettive di Vincenzo Della Corte sono diventate più fosche da quando la Corte di Cassazione ha sentenziato lo scorso 18 maggio, che l’ordinanza di un gip del tribunale di Napoli, contenente il calcolo di
Dunque è la stessa Corte di Cassazione che trasmette direttamente gli atti del procedimento di esecuzione della pena di Vincenzo Della Corte ai giudici della Corte d’Appello partenopea. Saranno questi loro, infatti, a dover rideterminare il calcolo, a dover stabilire se esistono o meno le condizioni per applicare l’istituto della continuazione del reato.
Insomma, punto e daccapo.
Ma perchè la Cassazione ha annullato l’ordinanza del gip? Partiamo dalla tabella dei guai giudiziari di Vincenzo Della Corte. Questi è stato condannato, con sentenza pronunciata dalla corte di Appello di Napoli, ed evidentemente non ulteriormente impugnata in corte di Cassazione, divenuta definitiva l’8 dicembre 2015. Una condanna relativa a due episodi di tentata estorsione aggravata commessi a novembre e dicembre 2012 a Villa di Briano e uno a Cancello e Arnone nel marzo 2013. Reato aggravato dall’articolo 7, oggi inglobato nell’articolo 416 bis e posizionato al comma 1.
La seconda condanna definitiva Vincenzo Della Corte l’ha incassata il 20 luglio 2018, quando è diventata, a sua volta irrevocabile, la sentenza, anche in questo caso pronunciata dalla Corte di appello di Napoli il 19 aprile 2018 e ugualmente non appellata in Cassazione. Un verdetto di condanna relativo al reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, relativo alla partecipazione diretta, iniziata in un tempo imprecisato fino al 13 maggio 2013, in pratica fino a due mesi e mezzo prima dell’arresto del Della Corte.
La terza sentenza definitiva, e qui sta l’inghippo, è quella pronunciata, ad epilogo del rito abbreviato, in quel caso erano 14 gli imputati (CLIKKA E LEGGI il nostro articolo dell’epoca) da un gup del tribunale di Napoli e, stavolta, almeno per quanto riguarda Vincenzo Della Corte, divenuta esecutiva perchè la difesa e l’imputato decisero di non ricorrere neppure in Appello il 15 novembre 2018. I reati puniti, quelli di rapina ed estorsione ai sensi degli articoli 628 e 629 , naturalmente aggravati dal fu articolo 7.
A prima vista quella dei difensori appare una decisione volontaria, di abile strategia processuale perchè è proprio da questa decisione che deriva l’istanza che gli stessi legali di Vincenzo Della Corte presentano, evidentemente, al gup in questione il quale “riguadagna”, per l’occasione, la funzione di gip.
Ma non tutte le ciambelle riescono con il buco, forse i difensori ritenevano che una quarta sentenza, cronologicamente la terza, pronunciata dalla Corte di Appello di Napoli il 18 maggio 2018, dunque, 4 mesi prima della sentenza del gup in rito abbreviato, concretizzasse in tempi più brevi la procedura di indirizzo verso l’esecuzione e la dichiarazione di revocabilità della pena. Senonché, probabilmente a causa di qualche lentezza nella pubblicazione del verdetto, il termine entro il quale, non presentando un ulteriore ricorso in Cassazione, la sentenza dell’appello diveniva esecutiva, sono arrivati addirittura al 20 gennaio 2019.
Per cui la sanzione sull’irrevocabilità delle due sentenze, ha determinato uno scavalcamento temporale del verdetto della corte di appello, rispetto a quello pronunciato circa 4 mesi dopo, dal gup del tribunale di Napoli.
La strategia dei difensori è stata sempre la stessa. Evidentemente si sono fidati dei tempi di pubblicazione della sentenza della corte di Appello risalente al maggio 2018 e per questo non l’hanno tenuta a bagnomaria presentando, nei termini, un ricorso in cassazione che avrebbe fatto della sentenza pronunciata dal gup a settembre, l’ultimo atto giudiziario, riguardante Vincenzo Della Corte divenuto esecutivo.
Ovviamente gli avvocati fanno il loro lavoro e ci hanno provato lo stesso. Nè il gup si è accorto che l’assunzione del carattere definitivo ed esecutivo della sua sentenza era stato superato da quello del dispositivo, pronunciato dalla Corte di Appello nel mese di maggio 2018. Per questo motivo, il gip è andato avanti, ha fatto i suoi calcoli sulla continuazione e ha stabilito che la pena ricalcolata considerando i vari verdetti passati in giudicato, fosse di 13 anni e 4 mesi con 11.600 euro di multa.
Di fronte a ciò, la procura generale della Corte di Appello che ovviamente ben conosceva ciò che stabilisce l’articolo 665 del codice di procedura penale e cioè che la competenza del giudice dell’esecuzione va fissata sulla base alla sentenza divenuta irrevocabile per ultima.
E la sentenza divenuta irrevocabile per ultima è proprio quella della Corte di Appello. Un fatto talmente indiscutibile da indurre la Corte di Cassazione ad annullare l’ordinanza del gip del tribunale di Napoli occupandosi direttamente di rinviare gli atti alla corte di appello, affinchè questa possa rifare il lavoro già messo insieme dal gip. Non sappiamo se quest’ultimo avesse considerato, nel suo calcolo anche la sentenza del maggio 2018 della Corte di Appello. Ma magari questo chiariremo nel momento in cui i giudici del secondo grado emetteranno la loro decisione e, magari, produrrà una pena di qualche anno superiore ai 13 anni e 4 mesi, stabiliti dal gup. Amen.