15 Febbraio 2023 - 11:11
CASERTA (Gianluigi Guarino) – Molto interessante l’articolo dell’ottima Marilù Musto pubblicato, sabato scorso, da “Il Mattino”, nel suo inserto in edicola in provincia di Caserta.
La Musto è tornata sul numero esorbitante di archiviazioni delle denunce da codice rosso (CLIKKA E LEGGI) ha sentito, tra gli altri, il procuratore capo di Aversa – Napoli Nord, Antonietta Troncone e l’avvocato matrimonialista nonché esperta di violenza sulle donne, Rosa Marroncelli.
La magistrata fornisce una spiegazione sull’alto numero delle archiviazioni: in sintesi, dice, la colpa è di chi non sostiene le donne nelle loro denunce, ovvero assistenti sociali, legali e financo forze dell’ordine. L’avvocato Rosa Marroncelli, colpo di scena, non si accorda alla tesi del capo della procura. Afferma, invece , che quella delle donne non supportate nelle loro denunce, è un riproduzione erronea della realtà. Quando poi la Musto chiede all’avvocato Marroncelli se ci siano denunce non veritiere. E la risposta diventa perentoria : sì, ci sarebbero denunce false. La Marroncelli racconta di un suo cliente, ingiustamente accusato dalla moglie di violenze sul figlio, sottolineando le difficoltà patite e il tempo occorso per scagionarlo.
Insomma, una storiaccia che assomiglierebbe a tante altre,
Una situazione che i dati affiorati dall’inchiesta Rai rendono sempre più verosimile; una storiaccia, non l’unica purtroppo, tra quelle che, dopo il nostro articolo, ci vengono segnalate dai nostri lettori.
Noi di Casertace siamo uomini di parola e abbiamo fatto una promessa ad una donna di sicuro valore, l’avvocato capuano Concetta Gentili (CLICCA QUI E LEGGI LA SUA LETTERA POI CLICCA QUI E LEGGI LA NOSTRA REPLICA), che qualche giorno fa ci ha inviato una lettera lunga articolata, ben scritta, ma un pizzichino, solo un pizzichino auto elogiativa, un po’ stile Chiara Ferragni a Sanremo.
Per cui ci dichiariamo a disposizione, anche stimolati dalle parole e dai concetti emersi dalla lettera della Gentili, a tornare sull’argomento del codice rosso, continuando a formularci domande e a esprimere, alle fine di sempre ampie argomentazioni, le nostre risposte, le nostre considerazioni, i nostri punti di vista.
Al riguardo, ci piace citare un passaggio molto interessante della lettera dell’avvocato Gentili: “Se vuol sapere se credo alle donne e a quello che mi raccontano le rispondo di sì”.
Ci permettiamo di sottolineare che la posizione di un avvocato, appartenente cioè alla categoria autorevolissima che fu motore dell’Illuminismo, ma che degenerò anche nella furia giustizialista dell’avvocato De Robespierre, si penserebbe legata più ad una concezione del diritto, così come questo poi è maturato attraverso la crescita del sedimento liberale dell’Illuminismo.
Insomma, una roba più alla Cesare Beccaria che alla Robespierre. Una roba che attraverso l’evoluzione dle pemnsiero ha spurgato ogni forma di fondamentalismo e di manicheismo. Ecco, per una che sempre nell’autoelogio che ci ha inviato ha come bussola il diritto, non c’è male.
“Credere” fondamentalisticamente, partendo da verità a priori, pretendendo di esercitare il diritto, molte volte ne impedisce l’effettivo e doveroso esercizio. Il “credere” riguarda la fede, religiosa, politica, il dubitare riguarda il diritto e chiunque lo maneggi. Il dubbio rende lucidi, la fede rischia di accecare e trasformare i credenti in fanatici.
Sarebbe interessante confrontarsi di nuovo con l’avvocato Gentili in modo che questa possa chiarire e spiegare meglio il senso di questa sua affermazione, al di là dell’umanamente comprensibile connotato un po’ poetico che la professionista capuana ha fornito al suo lavoro.
Siamo certi che non sia il caso dell’avvocato Gentili che, sempre nella sua autocelebrazione , ha fornito un’immagine poetica del suo lavoro: ha scritto che accarezza il diritto.
Ecco perché vorremmo confrontarci di nuovo con l’avvocato: perché c’è qualcosa che non torna nel suo ragionamento: un poeta, infatti, se è tale, al di là di ogni sedicenza, non può mai essere un fanatico e al poeta si perdona tutto, anche la fiducia cieca nelle categorie o nei generi, a scapito, talvolta, della valutazione del caso singolo.
Ma chi dispensa carezze giudiziarie – così come Gentili afferma di fare – non può perdere di vista l’impronta illuminista, liberale, scientifica della sua professione. E per questo non deve soffermarsi troppo sulla soggettualità dei destinatari di queste carezze. Ciò impedisce una visione lucida e può determinare quella fragilità nel contenuto delle denunce che poi riverbera i suoi effetti in quel 95% di archiviazioni-assoluzioni.
Il racconto dell’avvocato Marroncelli, che ha difeso un uomo ingiustamente accusato di violenza sui figli, dimostra che dall’altra parte della barricata, dalla parte opposta a quella in cui si elargiscono carezze, può abitare l’esistenza di chi talvolta ingiustamente, a causa di quelle carezze spontaneamente elargite – la buona fede dell’avvocato Gentili non può essere in discussione fino a prova contraria – può ricevere qualche metaforico cazzotto in bocca. Non a caso, nel nostro articolo di replica all’avvocato Gentili, abbiamo parlato di eterogenesi dei fini, cioè di conseguenze fattuali che vanno al di là o sono addirittura estranee alle intenzioni di chi ha mosso gli atti che le hanno determinate.
Parafrasando la celeberrima frase pronunciata da grande Humphrey Bogart ne “ L’ultima minaccia”, “è la poesia del diritto, bellezza, e tu (ovvero noi) non puoi farci nulla”.