E’ NATO IL SULTANATO DI MONDRAGONE. Zannini vuole un listone unico alle provinciali. Lui ne elegge 10 (o 12) gli altri 4 se li spartiscano come accattoni gli altri
4 Novembre 2023 - 19:11
Un giro di telefonate nei giorni scorsi per sondare i riferimenti politici provinciali di Fratelli D’Italia, Lega, etc. Una proposta indecente che sino a quando ci sopravviveranno ambiguità come quella del sindaco di Lusciano Peppe Mariniello, non sarà rispedita al mittente con una pernacchia così come meriterebbe
CASERTA – (g.g.) Non possiamo ancora stabilire se in questo vero e proprio paese stupefacente qual è diventata la provincia di Caserta riusciremo a vedere e a raccontare anche questa , nel caso in cui si vada a definire secondo i desideri di chi ne è attore. Camminando su sentieri che nessuno mai ha osato percorrere in passato, neppure i grandi leader dell’antica DC casertana, Santonastaso, Di Muro, Bosco, oggi il consigliere regionale con delega al no-limits Giovanni Zannini se n’è uscito con questa proposta fantasmagorica, formulata anche in nome e per conto di Giorgio Magliocca, che il Presidente della Provincia lo fa formalmente ma che della provincia è un vice presidente reale, che gestisce un bel po’ di cose, soprattutto sul fronte degli effetti materiali degli appalti, degli affidamenti, dei concorsi ma che chiaramente deve lasciare il passo a Zannini quando questi decide di prendere il pallino in mano e di diventare lui il vero e indiscusso presidente della provincia.
Sentite e leggete allora, in che consiste questa roba: il politico mondragonese ha fatto un giro di telefonate presso i rappresentanti dei partiti che lui, non senza ragione, considera dei nani al suo cospetto, delle entità in grado di realizzare qualche obiettivo solo quando sempre lui non si mette in mezzo, così com’è successo alle ultime elezioni politiche, che hanno determinato il reingresso o l’ingresso in parlamento dei 5 casertani Giovanna Petrenga, Gimmi Cangiano e Marco Cerreto per Fratelli d’Italia, Gianpiero Zinzi per la Lega e Stefano Graziano per il PD.
Zannini considera le prossime elezioni di medio termine, quelle che il prossimo 10 dicembre eleggeranno il nuovo (si fa per dire) consiglio provinciale, una seccatura, poco meno o poco più.
Per cui, ai suoi interlocutori, interpellati al telefono, ha formulato pressappoco il seguente ragionamento: dei 16 consiglieri provinciali, 10 me li prendo io, altri 6 ve li dividete tra Fratelli d’Italia, Forza Italia, Lega e se il PD è capace di eleggerne uno, dato che la commissaria Susanna Camusso,- e questo lo aggiungiamo noi – sembra in netta difficoltà nella costruzione di una lista che ha l’ambizione di non contenere nessun candidato riconducibile ai due contendenti Gennaro Oliviero e Stefano Graziano.
Della proiezione zanniniana, bisognerebbe capire se i due forzisti, che uscirebbero comunque dalla designazione di Giorgio Magliocca, lui li considera tra i 10 suoi oppure no, visto che se non li considerasse nella propria decina, questa diventerebbe una dozzina, fermo restando che oggi Giorgio Magliocca può essere paragonato al massimo alla figura storica del Gran visir, uno in grado di farsi molti “fatti suoi”, ma comunque sottoposto al monarca.
Come avete potuto leggere, siamo rimasti buoni e composti, nella prima parte dell’articolo, nel racconto di questa vicenda, privilegiando la necessità dei nostri lettori di comprendere cosa diavolo sia questa idea che, qualora realizzata, determinerebbe il definitivo cambio di nome della provincia di Caserta, provincia intesa come entità territoriale – e non come ente locale – che dal giorno 11 dicembre si chiamerebbe “sultanato di Mondragone”.
Nella seconda parte dell’articolo, ma avendo erogato tutte le notizie possiamo tranquillamente e legittimamente sviluppare le nostre considerazioni. Con le città di Caserta, Aversa, Marcianise, Maddaloni, Santa Maria Capua Vetere, Capua, trasformate in borghi vassalli del nuovo capoluogo rivierasco in cui Zannini magari potrebbe promuovere immediatamente alla carica di direttore generale il suo amico di sempre, di mazza da baseball munito, Alfredo Campoli, con dirigenze, categoria D3, assegnate al dottor ingegner “scarola”, al secolo Pasquale Razzino, e perchè no, il figlio del boss Donato Pagliuca, Renato per gli amici del tempo, con festa patronale a livello provinciale fissata per il giorno in cui questi fu ucciso da quel cattivone di Augusto La Torre.
Scherza a parte, la speranza è che i partiti che ancora dicono di esistere in questa provincia considerino irricevibile la proposta di Zannini, anche a costo di rimanere senza alcun eletto in consiglio provinciale.
Il mondragonese ha giustificato questa sua proposta indecente, dicendo che poi, tutto sommato, questo sarà un consiglio provinciale che avrà vita breve in quanto da qui a sei o sette mesi, con l’approvazione della legge che abolisce la Del Rio, una delle ultime farneticazioni di Matteo Renzi, che “disse gatto” cioè fece approvare la legge di riforma delle province, senza avere trapattonianamente il felino “nel suo sacco”, considerando dunque già vinto il referendum costituzionale, che al contrario perse con conseguente distruzione di ogni sua ambizione di continuare ad essere un leader politico importante, influente ed incidente.
Il problema non è costituito dall’idea del listone in se per se che potrebbe avere senso, al limite, in un luogo pulito, integro e non inquinato com’è il nostro. Il problema è che in questa idea di Zannini è incubato tutto il male, l’intera colonia dei virus che sta distruggendo, ammesso e non concesso che non l’abbia già fatto, la politica di questa provincia.
Zannini plasticamente, annette, colonizza definitivamente tutti i partiti o quello che di loro rimane, o quel poco che loro riescono ad esprimere come identità, relegandoli all’esterno della cucina, vicino all’uscio in una posizione utile per avventarsi e combattere in una vera e propria guerra tra vinti, più che tra poveri, sulle briciole elargite da chi è riuscito, grazie però soprattutto al terreno fertile che ha trovato da un punto di vista culturale in una terra che ormai vive in una condizione che rasenta l’era dei trogloditi, dell’homo (in) sapiens.
Se li prenda tutti e 16, Zannini. Il problema è che questo lo diciamo noi, che crediamo ad una realtà in cui la dignità, una faccia trasparente, l’attitudine a non piegare il pubblico danaro alle necessità elettorali e personali di pochi individui che su queste pubbliche risorse esercitano ogni giorno una illegale ipoteca privatistica e privata, piegando alle sue ragioni la politica che stravolge la propria missione e diventa luogo della mediazione di interessi, spesso inconfessabili su cui si costituiscono intese, alleanze e tutto quello che dovrebbe rappresentare la conseguenza di una mediazione realizzata prima di tutto su argomenti, contenuti e su quel residuo di valori ancora sopravvissuti al bombardamento inflitto da tutte le ignoranze. Se dipendesse da noi… Il fatto è che non dipende da noi di CasertaCe, dalla nostra cultura, dalla nostra etica pubblica, dal nostro senso delle istituzioni, dalla nostra idea della politica. La provincia di Caserta è l’ultima ruota del carro italiano. Farebbero bene, ad esempio, certi personaggi, ne citiamo uno – ma ce ne sono molti- , quali il neo sindaco di Lusciano Giuseppe Mariniello, Peppe per gli amici, a chiarire un tratto di ambiguità relativamente al suo rapporto con Zannini, primo sponsor e protettore del suo predecessore Nicola Esposito. Farebbe bene Peppe Mariniello, come noi gli chiediamo invano sin da agosto, a spiegare perchè, con la scusa del profilo istituzionale, lui ha immediatamente accolto, come se chi glieli faceva possedesse una credibilità istituzionale, i primi inviti formulati da Zannini, il quale, molto probabilmente, sulla piazza di Lusciano ha costruito cose che non gli consentono di essere opposizione e basta.
Se diciamo questa cosa su Mariniello è perchè lui è stato uno dei candidati di Fratelli d’Italia alle ultime elezioni regionali. Ha corso per il partito della Meloni che poi ha in pratica rinnegato già alle elezioni comunali, quando pur essendo quello di Lusciano un comune con popolazione maggiore di 15mila abitanti dove si è votato, dunque, per la prima volta con il sistema delle multi liste in appoggio ai candidati a sindaco, Mariniello non ha voluto che il simbolo di Fratelli D’Italia, con la Meloni premier, dunque un simbolo che tirava da se, nella sua coalizione.
Mariniello chiarisca se sta sperando in qualche aiuto di Zannini per arrivare a quella soglia di sicurezza di 2mila voti dei grandi elettori necessari per essere eletti in consiglio provinciale e che oggi costituiscono una vetta ancora da scalare, dato che con il voto dei suoi consiglieri di maggioranza di Lusciano, arriverebbe a toccare al massimo quota mille.
Sono queste posizioni ambigue, finalizzate solo e solamente alla realizzazione di ambizioni personali, a far forte Zannini al punto da consentirgli di formular proposte che neppure i sultani, che neppure Saladino potevano permettersi di erogare durante il medioevo delle crociate.