L’aggressione di Antonio La Torre a Giovanni Zannini. Sarebbe utile porre qualche domanda a Donato Pagliuca, oggi pentito, ras dei Fragnoli. Per caso, quel giorno passò per il lido Sinuessa?
18 Maggio 2024 - 12:07
La maledetta fretta ci ha indotti ad andare appresso al gregge di chi ha clamorosamente sbagliato anche i nomi, visto che Francesco Tiberio La Torre, figlio di Augusto La Torre, non ci azzecca nulla sia con le visite all’alba fatte da Tiberio La Torre puntinella e nemmeno con l’episodio della lite, sul quale, però, andrebbe fatta piena luce. Prima di tutto, stabilirne il periodo temporale, il luogo e ogni circostanza temporale
MONDRAGONE (gianluigi guarino) – Uno degli elementi centrali e più interessanti dell’ordinanza firmata da un gip del tribunale di Napoli, su richiesta dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia, è costituito dalle dinamiche relative alla presenza fisica e professionale del consigliere regionale Giovanni Zannini.
Questi ha presentato una denuncia dopo che lo stesso Tiberio La Torre detto puntinella e non Francesco Tiberio La Torre (mannaggia a noi che ci intestardiamo a non spendere troppi estri per accedere alle agenzie di stampa col pezzotto o con la cortese disponibilità di qualche parlamentare) si sarebbe recato due volte all’alba nell’abitazione di Giovanni Zannini, dal quale sarebbe stato ricevuto, una volta sì e una volta no.
A casa è andato Tiberio puntinella e non Francesco Tiberio, che è il figlio di Augusto La Torre e che in questa storia non ci azzecca nulla.
Se, secondo la denuncia di Giovanni Zannini, fu puntinella a recarsi a casa sua, una volta ricevuto, una volta no, l’introduzione della figura del figlio di Tiberio La Torre ha un nome e un cognome che, mannaggia la miseria, la colpa è nostra e della nostra fretta, risponde alle generalità di Antonio La Torre, lo scozzese, il britannico, cioè di colui che se ne è andato a campare oltre Manica, come tra l’altro abbiamo scritto in decine e decine di articoli dedicati alla camorra mondragonese.
Dovrebbe appartenere sempre ai contenuti della denuncia di Zannini, ma su questo vi daremo notizie certe quando qualcuno ci farà leggere l’ordinanza, il racconto di un terzo episodio, quello più recente, quello consumatosi in un non meglio precisato bar di Mondragone lo scorso dicembre, nei giorni immediatamente precedenti al Natale.
Non lo ha raccontato Tiberio La Torre, ma Zannini o qualcun altro, che puntinella avrebbe chiesto al politico un risarcimento per quello che sarebbe successo anni prima, quando il consigliere regionale, al tempo esclusivamente avvocato, avrebbe reagito ad un’aggressione del figlio di Tiberio La Torre puntinella, ossia Antonio La Torre, colpendolo con uno schiaffo, forse un pugno o con un calcio, questo dettaglio francamente non si è capito.
Dovremmo esserci, dunque, dopo aver scritto questa premessa, con la ricostruzione pressoché completa così come è uscita dai comunicati di agenzia che, riteniamo, abbiano fatto riferimento a qualche pagina dell’ordinanza.
Tra quello che ha raccontato Zannini nella sua denuncia sulle due visite all’alba di Tiberio La Torre, su quello che lo stesso Zannini o qualcun altro, non certo Tiberio La Torre, hanno ritenuto di raccontare sui contenuti dell’incontro tra puntinella e Zannini nei pressi del bar, o dentro al bar di Mondragone, occorre che un giornalista si ponga il problema di approfondire la notizia, partendo sicuramente dai punti fermi dell’ordinanza che, però (ma questo lo sanno bene anche i magistrati), non è per, sua essenza costitutiva, una rivelazione del vangelo o, più prosaicamente, una sentenza definitiva o anche una sentenza di primo o secondo grado.
Addirittura, un’ordinanza non implica neppure necessariamente una richiesta di rinvio a giudizio, che è probabile per i numeri, seppur importanti, della casistica.
Quando la leggeremo, saremo incuriositi soprattutto dalla vicenda del presunto colpo fisico di legittima difesa che Zannini avrebbe rifilato ad Antonio La Torre, figlio di puntinella. Dovrebbe essere contenuto specificato nel dettaglio dell’ordinanza anche il motivo del violento contatto che Antonio La Torre avrebbe cercato con Zannini, il quale era accusato di non aver difeso in maniera efficace suo padre, ossia Tiberio La Torre.
Speriamo che l’ordinanza contenga in proposito qualche elemento di maggiore precisione che ci consenta di andarlo a scavare dall’archeologia giudiziaria questo processo.
La domanda sorge spontanea: Antonio La Torre contestava a Zannini di aver prima accettato l’incarico di difensore e poi di aver difeso male suo padre, oppure che Zannini aveva accettato, decidendo successivamente di disertare, con la conseguenza che Tiberio La Torre puntinella aveva dovuto temporaneamente utilizzare un avvocato d’ufficio?
Sembra un fatto non rilevante. Ma per noi che conosciamo le storie della camorra mondragonese, per noi che conosciamo certe storie sulle relazioni tra la camorra mondragonese e avvocati locali sin dal 1999 e certe storie (anzi, soprattutto quelle), quelle del tempo in cui della camorra mondragonese se ne occupava il sostituto procuratore Raffaele Cantone, successivamente capo dell’Anac e oggi procuratore capo della procura di Perugia, non è un dettaglio, anzi è qualcosa di molto importante.
Seconda questione, secondo dubbio che speriamo di poter dipanare nella lettura dell’ordinanza: queste minacce e quest’aggressione veemente ad opera di Antonio La Torre nei confronti di Zannini dove avvenne? In strada a Mondragone? In un bar? In un’auto? Davanti la casa di Zannini? Oppure nel Lido Sinuessa che Giovanni Zannini, come ci consta direttamente, gestiva di persona al 100%?
È vero che Antonio La Torre avrebbe lanciato da pochi metri di distanza da dove Zannini si trovava, contro di lui, un casco da centauro? È vero che Zannini avrebbe reagito, avvicinandosi ad Antonio La Torre, nipote, seppur di secondo grado, del boss Augusto, colpendolo per legittima difesa?
È vero o no che, durante le fasi di questo episodio, al Lido Sinuessa, sarebbe arrivato – magari per puro caso, chissà, passando di là – Donato Pagliuca, nipote diretto di quel Donato Renato Pagliuca, più volte citato da noi per questioni diciamo così calcistiche, e forse ucciso proprio da Augusto La Torre, del quale avrebbe voluto prendere il posto a capo della camorra mondragonese?
È vero o no che Donato Pagliuca, avendo visto un po’ di trambusto, abbia deciso di domandare, improvvisandosi per qualche minuto Re Salomone, per comprendere le ragioni e i torti di quanto era successo? Oppure è arrivato lì già sapendo cosa fosse successo, richiamando verbalmente a sua volta e magari mollando un paio di ceffoni educativi in facci ad Antonio La Torre?
Queste domande sono alimentate dalla vulgata mondragonese, per cui valgono per quello che valgono.
Noi siamo disposti ad intervistare Giovanni Zannini, formulandogli domande, anche per iscritto se vuole, rispetto ad un fatto al quale (questo è sicuro) lui era fisicamente presente.
Magari sono tutte puttanate quelle prelevate dalla suddetta vulgata e non avremo nessuna difficoltà, qualora Zannini ci convincesse che le cose siano andate in maniera più lineare rispetto a quanto emerge da questi racconti, a riconoscerglielo con grande evidenza di titolo.
Perché una cosa è il pesantissimo dissenso politico che noi esprimiamo ogni giorno sulla sua attività, altra cosa sono questi fatti che bisogna trattare con grande serietà e con l’obiettivo di accertare la verità informandone i lettori.
In effetti, poi, a pensarci bene, ma questo non lo possiamo fare certamente noi, ci sarebbe un’altra persona che potrebbe dire la sua su questi fatti: non Fragnoli, al cui clan Donato Pagliuca si era associato, visto che Fragnoli, il capo, non si è mai pentito.
Chi si è, invece, pentito, diventando un collaboratore di giustizia, è proprio Donato Pagliuca, il quale, almeno sulla carta e almeno per quello che è lo statuto di un collaboratore di giustizia serio, non può raccontare balle.
Lui, dunque, non certo a noi, ma agli inquirenti potrebbe dire se quel giorno avvennero o meno dei fatti all’interno del lido Sinuessa e, in caso affermativo, se quel giorno lui era già lì o se arrivò nello stesso lido qualche minuto dopo l’ingresso guascone e minaccioso di Antonio La Torre.
In effettti, per andare un po’ più avanti nella comprensione di quei fatti, basterebbe avere l’ordinanza in mano, dato che chi scrive oggi, in quei giorni pure scriveva e soprattutto di camorra e di camorra mondragonese.
Dunque CasertaCe ritiene di essere in grado di leggere tra le righe, dietro le righe, esplicando meglio e anche arricchendo, grazie il nostro bagaglio testimoniale, ciò che nell’ordinanza di arresto di Tiberio La Torre puntinella è riportato.