CAMORRA & AFFARI. L’imprenditore Tullio Iorio, sotto processo per corruzione alla Provincia, perde soldi e palazzi di famiglia che passano allo Stato

24 Dicembre 2024 - 10:53

Assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, la Cassazione ha ribadito il principio che il procedimento di prevenzione è autonomo rispetto a quello penale

SAN CIPRIANO D’AVERSA – La Corte di Cassazione ha respinto i ricorsi presentati dall’imprenditore Gaetano Iorio e dai suoi familiari contro la confisca dei beni disposta dalla Corte d’Appello di Napoli lo scorso aprile. La confisca riguarda immobili, società e attività imprenditoriali che erano stati sequestrati nell’ambito di un procedimento di prevenzione, con l’accusa di appartenenza al clan dei Casalesi. I beni confiscati comprendono, tra gli altri, un capannone industriale e proprietà legate alla società Iorio Costruzioni, un’azienda descritta come strumento operativo del clan nel settore del calcestruzzo.

La decisione della Cassazione, che ha confermato la validità della misura patrimoniale, si fonda su una ricostruzione che ha identificato Iorio come una figura centrale del sistema economico mafioso. Il provvedimento copre un periodo che va dal 1988 al 2004, e include anche beni formalmente intestati ai suoi familiari: la moglie Clementina

Massaro, i figli Paolo (scomparso nel 2023) e Tullio Iorio, dal 2021 tornato alla ribalta delle cronache per due indagini che lo vedono coinvolto, assieme a Raffaele Pezzella, per corruzione e rapporti con il clan dei Casalesi. Alcuni beni erano intestati anche Virginia Diana, compagna del defunto Paolo.

Gli avvocati di Gaetano Iorio hanno sostenuto che le assoluzioni ottenute in diversi procedimenti penali, tra cui i noti processi “Spartacus I” e “Il Principe”, dove l’imprenditore era stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, avrebbero dovuto escludere la sua pericolosità sociale. Tuttavia, la Cassazione ha ribadito il principio che il procedimento di prevenzione è autonomo rispetto a quello penale e che l’assoluzione per reati associativi non preclude l’applicazione delle misure patrimoniali, se ci sono indizi sufficienti a provare l’appartenenza, anche indiretta, al clan mafioso.

I giudici hanno sottolineato che le attività imprenditoriali di Iorio erano strettamente legate al clan dei Casalesi, permettendogli di acquisire una posizione dominante grazie al supporto del sodalizio mafioso. A sostegno di questa tesi, sono state citate le dichiarazioni di collaboratori di giustizia e gli accertamenti emersi in precedenti sentenze.

Anche le rivendicazioni dei familiari, che avevano giustificato la provenienza lecita dei beni, non hanno convinto la Corte. Le giustificazioni relative all’acquisto del capannone della società Pio Immobiliare, ad esempio, non hanno trovato riscontri sufficienti. La richiesta di una nuova perizia contabile è stata rigettata, in quanto le prove presentate non sono state ritenute sufficienti a scardinare le basi della confisca.