CASERTA. Il Macrico e la foresta urbana che questa giunta non vuole. Se non sarà sciolta l’amministrazione comunale, non resterà che la protesta attiva delle persone
10 Aprile 2025 - 11:49

Caserta (pm) – Finora sul Macrico si è detto tutto il possibile e le cose sono sin troppo chiare per chi le vuol vedere senza fare l’indiano. Caserta ha una forte carenza di verde ed un c.d. indice del clima tra i peggiori d’Italia. In occasione del convegno del Comitato Macrico Verde del 21 marzo scorso, il dr. Gaetano Rivezzi, presidente di Medici per l’Ambiente della Campania, ed il dr. Francesco Angelone, agronomo e ricercatore – due esperti e non passanti per caso – hanno fornito dati tecnici, elementi e spiegazioni scientifiche di una tale problematica condizione ambientale della città.
Rivezzi ha chiarito come Caserta abbia due gravi fattori di inquinamento dell’aria, che sono costituiti dalla presenza delle cave e dall’influsso che subiamo, per via delle correnti d’aria che spirano dal mare fino a noi, della polluzione atmosferica dell’intera area metropolitana di Napoli. A cui va aggiunto il gap tra il verde pubblico minimo pro capite, fissato dalla legislazione di ambito in 9 mq/abitante, e quello effettivo del capoluogo che supera a mala pena i 2,5.
Angelone, che ha condotto uno specifico studio sul surriscaldamento solare estivo del centro storico cittadino, ha mostrato, attraverso alcune immagini satellitari termografiche, come esso si infuochi nella parte edificata, mentre le parti boscate della Reggia e del Macrico smorzino grandemente il calore. Un rilevamento LST (Land Superface Temperature, in gradi centigradi) effettuato a luglio 2024 mostra che i 52 gradi di calore che si registrano nelle aree con le costruzioni, si riducono a 25,9 nelle aree verdi.

In uno scenario ambientale così severo – che, non va dimenticato, ha una diretta ripercussione sulla salute pubblica in termini di insorgenza di patologie tipiche – la prima e sola cosa da fare sarebbe quella di istituire immediatamente, senza perdere altro tempo prezioso, la foresta urbana nell’area del Macrico, liberandola di ogni mattone dei ruderi o poco più che sono residuati onde incrementarla al massimo possibile di alberi, piante, arbusti e vegetazione.


E qui vogliamo riportare le parole pronunciate dall’anatomopatologa casertana Carmela Buonomo in occasione di un suo ultimo intervento pubblico, anche lei non una persona a caso che parla a vanvera o un consigliere comunale estemporaneo, ma una accreditata ed affermata professionista: “ La qualità dell’aria deve essere la priorità per diminuire l’incidenza di tali neoplasie [il riferimento era al mesotelioma, patalogia correlata in maniera specifica all’inquinamento dell’aria, ndr]. Gli alberi di alto fusto sono i principali depuratori perché grandi accettori di Carbonio, Metalli Pesanti e di Ossidi, rappresentano l’unica difesa che abbiamo come cittadinanza, come Singoli Responsabili del destino della nostra salute e di quella delle nuove generazioni. Un albero di alto fusto impiega in media ottanta anni a raggiungere la sua piena maturità e quindi la sua funzione: la nostra Foresta Amazzonica è il Macrico, non possiamo permettere che vengano abbattuti alberi di cosi vitale importanza, né che si cementifichi la terra che deve assorbire il caldo che risulta già di impatto devastante per sette mesi l’anno, ormai. La popolazione arborea del Macrico e delle altre zone boschive, è l’ultimo baluardo e come tale deve essere strenuamente difesa”.
Ma a Caserta, chi dovrebbe, questi discorsi non li capisce o non li vuol capire.
La curia, proprietaria dell’area del Macrico, si è fissa in testa di volerci costruire. Non essendo più i tempi della lottizzazione aperta come avvenuto per l’ex giardino del vescovato di corso Trieste, l’ha girata a “parco polifunzionale cittadino in cui ospitare attività di cura della persona (sport e salute), accoglienza, cultura, formazione, anche universitaria, innovazione e ricerca scientifica”. Un’impresa sociale forse, ma sempre impresa, con apparati logistici ed organizzativi, e tanto di incarichi e consulenze ed organi di gestione e fondi pubblici da gestire. Per giunta superflua e già sovrabbondante rispetto a quanto già si sta realizzando nella città proprio in ognuno di quei campi avuti di interesse. E senza esitazione – davanti alle difficoltà autorizzatorie, nonostante la trovata dell’accordo di programma che ha trasferito in maniera inesplicabile il dossier urbanistico dal comune di Caserta, sede naturale della volontà popolare, alla propensa Regione Campania – a frammentare la superficie unitaria, per un primo quadrante della quale sono stati appena appostati 15 milioni di euro di fondi regionali.
Con un doppio barbatrucco. Il primo, con l’iniziativa, il cui valore stimato di 180milioni di euro ne autodenuncia il secolarismo e la prosaicità, presentata come ecologista ed interprete addirittura della teologia papale. Di ciò hanno fatto giustizia il teologo morale Don Matteo Prodi nel suo recente intervento a Caserta per il Comitato Macrico Verde e lo stesso masterplan del progetto, il quale non riesce a nascondere la enorme preponderanza di quanto si vorrebbe costruire rispetto al verde che ne rimarrebbe.
Il secondo, con i vincoli culturali che risultano apposti su una serie di edifici presenti e quali vestigia di storia militare, strumentalizzati per sostenere un dovere, oggi e come non si è inteso fare fino ad ieri, di diligente rigenerazione di tali beni. Ora, su tali vincoli già l’abbiamo detto per il passato e lo ribadiamo. Essi sono inattuali perché risposero ad una contingenza storica ben precisa, quella di quando c’era in progetto di rendere pienamente edificabile l’area. Le associazioni cittadine riuscirono, attraverso tale misura, ad impedire che ciò avvenisse ed i ricorsi episcopali interposti nel tempo per l’abolizione di essi, onde salvaguardare il valore commerciale del terreno, non sono andati a segno.
Di più c’è che i vincoli possono essere rimossi nella prospettiva della realizzazione della foresta urbana, dato che parliamo di quasi ruderi, quando si è consentito l’abbattimento nel cuore della centro storico di palazzi antichi veri e propri.
Sta di fatto che adesso, per questa fortunosa combinazione dei vincoli, la Fondazione Casa Fratelli Tutti voglia “solo” rigenerare le costruzioni tutelate, del volume complessivo, si afferma, di 500mila metri cubi. Cioè un’enormità, se si pensa che, per avere un metro di riferimento, il gigantesco Hotel Hilton di Roma è di 100mila metri cubi. Dunque 5 hotel Hilton nel Macrico. Né cambia sostanzialmente le cose se si ammette che i volumi implicati siano di 250mila metri cubi come sostiene il Comitato Macrico Verde. Parliamo di misure abnormi che si addicono ad un nuovo centro urbano, ad una nuova cittadella, più che ad un parco pubblico.

La giunta comunale di Caserta, sindaco in testa, parimenti alla curia, non capisce o meglio fa finta di non capire. Marino non perde occasione per dire – e fare attivamente – che abbraccia in pieno il progetto del vescovo Lagnese per costruire, altro che foresta urbana. I consiglieri di maggioranza sono ovviamente allineati, al massimo qualcuno si astiene, ma lasciando fare. Gli assessore all’urbanistica ed affini sono stati arruolati per questo e perciò figurarsi.
La minoranza è allo stato amebico, mentre i movimenti cittadini sedicenti progressisti, da cui si potrebbe sperare un autentico impegno ambientalista, si perdono in distinguo, in rivendicazioni benecomunistiche e di strutture sociali di tutti i tipi e si fanno utili cooperatori del disegno vescovile, chissà se nella speranza di una cogestione di beni e servizi ipotizzati. E francamente fa cadere le braccia che abbiano fatta propria acriticamente la strategia propagandistica della Fondazione Casa Fratelli Tutti, che tiene riunioni ed invita le persone a visitare il Macrico all’insegna dello slogan che ognuno può fare le proprie proposte, quando è risaputo che il comitato scientifico dell’ente ecclesiale si è decimato per le defezioni di non pochi e prestigiosi componenti che hanno denunciato di non avere nessuna voce in capitolo.
Così stando le cose, è da sperare nello scioglimento a breve dell’amministrazione comunale, cosicché i casertani possano eleggere chi davvero vuole la foresta urbana. Altrimenti se la possono sognare. Questi di adesso non la vogliono, nonostante blaterino di città green e di vivibilità, nonostante lo abbiano chiesto le petizioni firmate da decine di migliaia di cittadini poi considerate al pari di carta straccia, nonostante i criteri dell’urbanistica più attuale contro il consumo di suolo, nonostante lo esiga la scienza. Bisogna realisticamente farsene una ragione ed agire di conseguenza.
