LA DOMENICA DI DON GALEONE…
28 Settembre 2025 - 07:11

28 settembre 2025 – XXVI Domenica tempo ordinario (C)
Il ricco, questo stolto e sfortunato! (Lc 16, 19)

La domenica di “Lazzaro povero e felice”. Il profeta Amos polemizza con i ricchi del suo tempo: il regno di Geroboamo II (783- 743) fu economicamente molto vantaggioso, e alcuni si arricchirono molto e subito; da qui le invettive del profeta contro la ricchezza ostentata, contro il culto del successo, dell’intrigo, della corruzione. Il brano di Vangelo presenta una celebre parabola, che solo l’evangelista Luca ci ha trasmesso.
Ancora il denaro, ancora la ricchezza: questo ostacolo caparbio, subdolo e insuperabile, da qualunque parte lo si giri! Qui siamo al famoso “ricco epulone”. Fin da bambini abbiamo sentito parlare di questo disgraziato che finiva arrostito nell’inferno, e solo perché era ricco, mangione, ghiottone. Ci sembrava anche esagerata quella condanna all’inferno. Neppure una goccia d’acqua! Non fermiamoci ai particolari secondari ma andiamo al messaggio della parabola. Gli insegnamenti sono tanti. Ne evidenzio solo due:
> l’inferno è non amare; non amare è una colpa; non essere amati può essere una sfortuna; amare è già vivere felici sulla terra; ma occorre ristabilire il vero significato della parola amare, che è un verbo transitivo attivo, non passivo o riflessivo; il che significa che io devo amare gli altri, devo fare qualcosa per gli altri, devo uscire da me stesso; amare non significa ricevere coccole, aspettare affetto dagli altri, mettere al centro il nostro io. Sarebbe egoismo o narcisismo. Stiamo assistendo a tante svalutazioni, forse la peggiore è quella dell’amore;
> le minacce di Dio non sono sentenze “esecutive” ma minacce “preventive”: hanno valore pedagogico; non destinano all’inferno nessuno ma mettono tutti in stato di allerta; come potrebbe Dio, padre buono e onnipotente, condannare un suo figlio a pene eterne? sbaglieremmo a vedere in questa pagina una prova certa dell’esistenza dell’inferno; L’argomento è delicato e misterioso insieme: preoccupiamoci tutti di fare il bene e affidiamoci a Dio.
Oggi la povertà non può essere più individuale o monastica, basata sull’ascetica e sulla rinuncia. Il voto di povertà, oggi, è anche un impegno di solidarietà con i “minores”, come direbbe Francesco di Assisi, cioè con tutti i poveri del mondo. Ci sono religiosi “poveri” ai quali non manca nulla, ci sono comunità di religiosi che sono autentiche macchine per fare soldi! Ma non basta la solidarietà. Occorre liberare i poveri dalla volontà di prendere al banchetto il posto lasciato libero dai vecchi commensali. Sarebbe tragico se il povero sogna di diventare come il ricco. Il nostro compito sarà quello non di sostituire il povero con il ricco, ma favorire una nuova tavola di valori fondata sulla comunione e sulla solidarietà. BUONA VITA!
