UN CASO SINGOLARE. Nella Medical Tech, l’amministratore giudiziario delle quote del figlio del presunto camorrista Balivo, viene governato dal nipote di Enzo D’Anna e di Mario Pagano
27 Febbraio 2019 - 10:34
CASERTA – (g.g.) Dal 2013, in tempi non sospetti, quando le indagini della dda avevano, a mala pena, configurato come target investigativo, i fratelli imprenditori di Trentola Ducenta Silvestro e Gaetano Balivo, CasertaCe si incuriosiva intorno alle vicende di una società, da cui era improvvisamente gemmata una serie di negozi di vendita di materiale sanitario, protesi, presidi per la disabilità eccetera.
Si trovava allora e si trova ancora, in via De Franciscis, al centro di Caserta, proprio ad un passo dallo studio di Pio Del Gaudio, sindaco al tempo dell’inaugurazione.
La nostra curiosità era suscitata da questo connubio, nato evidentemente da un’amicizia personale, tra due giovani, che non erano imprenditori qualsiasi, non erano ragazzi con le tasche vuote e la testa piena di idee e di impeti, ma erano giovanotti azzimati con le tasche piene, soprattutto blindatissimi nelle relazioni con gli interlocutori pubblici, leggi Asl di Caserta.
Insomma, una società, tra Salvo Balivo,
I nostri lettori conoscono, senz’altro, anche il provvedimento di sequestro, assunto dal tribunale, di tutti i beni di Silvestro e Gaetano Balivo. Tra i tanti sono finite sotto chiave anche le quote, pari al 50% del capitale sociale, sottoscritte da Salvo Balivo, quale socio fifty-fifty con Luigi Campagnuolo, nipote di Enzo D’Anna e dell’imprenditore casertano Mario Pagano.
Lo scorso 8 settembre (CLICCA QUI PER LEGGERE L’ARTICOLO) ci chiedevamo perchè Medical Tech, nonostante questo sequestro, continuasse a funzionare. Quei comunicati, propagati dall’autorità giudiziaria, ci avevano tratti in inganno. In realtà, e questo lo abbiamo capito dopo, compiendo un’analisi giornalistica più approfondita, non erano state sequestrate le attività commerciali e nemmeno tutta la società, costituita dal figlio di…e dal nipote di…
Il provvedimento aveva riguardato solo le quote del primo. In poche parole, cioè, Salvo Balivo è stato considerato dalla dda e dal tribunale che dell’organismo inquirente ha avallato la richiesta, un mero rappresentante di un impegno di capitale, appartenente, non a lui, bensì a suo padre Silvestro.
Naturalmente, come capita in questi casi, il cespite sequestrato viene gestito temporaneamente da un amministratore giudiziario, nominato a sua volta dal tribunale. Compiendo queste indagini, abbiamo accertato un fatto molto singolare: lo Stato, attraverso l’amministratore giudiziario, svolge, oggi, la funzione subalterna nel regime di relazione fifty-fifty del nipote di Enzo D’Anna e di Mario Pagano.
Ci sembra, ripetiamo, singolare che un bene, la cui affermazione è frutto, secondo la dda, anche di capitali illeciti, di capitali frutto di attività di riciclaggio di danaro sporco, di danaro proveniente da un esercizio economico-mafioso connesso al clan dei casalesi, esprima la sua potestà esecutiva, attraverso un amministratore unico.
Ora, può anche essere accettabile che, fifty-fifty, l’amministratore giudiziario non assuma la carica operativa. Ma, in casi come questo, riteniamo che sia buon senso, costituire un consiglio di amministrazione in cui magari si definisca il perimetro dei poteri dei vari componenti, in modo da non lasciare tutta l’attività e tutte le decisioni esecutive, ad un amministratore unico che è, pur sempre, un amico stretto, oltre che un socio, del figlio di Silvestro Balivo.
Al contrario, lo Stato, che si configura formalmente e sostanzialmente attraverso l’amministratore giudiziario, viene governato da Luigi Gigi Campagnuolo, il che, a nostro avviso, svuota di significato il provvedimento di sequestro.
Comunque, sono cose italiane e, si sa, che l’Italia è il paese dove diventa possibile ciò che altrove è totalmente impossibile.