CASERTA ILLEGALE. La Finanza e la Prefettura di Napoli notano che il comune non ha ancora recuperato il milione e 600 mila€ che Messore deve pagare per sentenza definitiva

7 Gennaio 2020 - 10:30

40 anni fa, il 6 gennaio 1980, la mafia uccideva Piersanti Mattarella, fratello dell’attuale presidente della Repubblica Italiana, al tempo presidente della Regione Sicilia. Fu assassinato anche per la sua solitaria battaglia contro la corruzione imperante nelle burocrazie nell’ente che presiedeva. Questo articolo è dedicato alla sua memoria.

CASERTA (gianluigi guarino) – Quando diciamo che al Comune di Caserta fanno quello che gli pare, fregandosene della legge, incrociamo, il più delle volte, l’indifferenza o una scrollata di spalle. Ciò è dovuto al fatto che noi da anni e anni ci pronunciamo sempre nella stessa maniera, quando valutiamo fatti e documentazioni attraverso cui l’amministrazione comunale si manifesta.

La pigrizia, che spesso sfocia nel nulla culturale di questo territorio, se ne approfitta per chiudere la vicenda allegramente, senza approfondirla nemmeno in minima parte, liquidandola pressappoco così: Casertace ce l’ha con tutti. Non le va mai bene nulla. Questa valutazione la rispetteremmo qualora, per una volta, contenesse almeno uno straccio di argomentazione, che rendesse, se non fondata, quantomeno interessante la stroncatura confezionata ai nostri danni.

Zero. Però noi abbiamo scelto di vivere in questo modo e abbiamo pure scelto di continuare a lavorare a Caserta, dove più che fuori dal coro siamo dei completi disadattati. La Corte dei Conti, in tre pronunciamenti, con il primo già esecutivo dal 2009, ha stabilito che Alfredo Messore, già dirigente del Comune di Caserta e oggi stabilmente insediato, non si sa bene a che titolo, nella stanza del sindaco Carlo Marino e in quelle attigue, quale consigliere di fatto del primo cittadino, a pagare la cifra di 1milione 667mila euro. Questo ha sancito la Prima Sezione giurisdizionale di Appello della Corte dei Conti, che ha prodotto uno sconto significativo rispetto ai tre milioni e mezzo che per la sezione regionale di primo grado Messore avrebbe dovuto risarcire alle casse del comune di Caserta. Un verdetto emesso il 28 aprile 2015 a cui inutilmente Messore ha provato ad opporsi ulteriormente, incrociando un ultimo pronunciamento della stessa Corte dei Conti, nella sua sezione giurisdizionale centrale d’Appello, datato 2017 che, bocciando il ricorso per “revocazione” ha reso tombale il suo debito nei confronti della città, per essere stato il maggiore protagonista dei tanti soldi versati, senza che il fornitore di servizi avesse un titolo per riceverli, all’associazione temporanea di imprese formata dalla Sace (al tempo guidata dall’imprenditore casertano Mario Granata Pagano) e dalla napoletana Emit (appartenente alla famiglia, molto nota e ancora attiva nel mondo dei rifiuti regionali e non solo, dei Colucci, oggetto di diverse vicissitudini e di diverse contestazioni sulle infiltrazioni camorristiche che hanno riguardato proprio la citata Emit).

Tutto questo è precisamente descritto e minuziosamente argomentato nelle pagine della citata sentenza del 2015 che, per l’ennesima volta, pubblichiamo oggi in calce a questo articolo e sotto al recente pronunciamento della Prefettura di Napoli che, emettendo una seconda interdittiva antimafia nei confronti della Nova Ecology, filiazione diretta e in pratica testa di legno societaria di Termotetti, queste cose le ha a sua volta sintetizzate proprio per evidenziare la posizione critica di Alfredo Messore, scelto, a quanto pare, con i buoni uffici dell’immancabile Luigi D’Angiolella, avvocato immischiato in molti affari di questa provincia e che Messore ha difeso, con risultati pare non eccellentissimi in tutti i gradi di giudizio, davanti alla Corte dei Conti, come amministratore unico della Nova Ecology, che la sospensione antimafia la becca anche, come si può leggere sempre dalla comunicazione della Prefettura partenopea, per quella particolare identità dell’Ati Sace-Emit, che Messore premiò alla grande corrispondendo soldi che mai avrebbero dovuto essere pagati. Per questa vicenda sono stati condannati anche gli altri componenti della giunta di allora, Gerardo Di Vece, che deve versare ai cittadini di Caserta 1 milione 357 mila 500 euro, Attilio Romano, 180 mila euro, Pino Maccauro, 129 mila 500 euro. Anche questi ultimi 3 imputati hanno beneficiato di un significativo sconto rispetto alla sentenza di primo grado, emessa dalla sezione regionale della Corte.

A questi soldi, stando a ciò che è scritto nell’ultima pagina della sentenza che, ripetiamo, pubblichiamo integralmente sotto alla comunicazione della prefettura di Napoli, dovrebbero essere aggiunti quelli degli interessi legali che decorrono dalla data di pubblicazione della sentenza. Comunque, al netto di questi interessi, calcolatrice alla mano, il comune di Caserta avrebbe dovuto già da un pezzo avviare tutte le procedure di recupero della somma complessiva di 3 milioni e 304 mila euro. Fino ad un paio di mesi fa, CasertaCe era l’unica entità a chiedersi perché una sentenza definitiva di un tribunale, di un’Alta corte italiana, non fosse eseguita e perché l’identità inadempiente, cioè il comune di Caserta, non fosse a sua volta indagata, inquisita e poi giudicata per questa gravissima omissione. Ora, non è che siano successe cose clamorose ultimamente, ma quella frasetta buttata lì dalla Prefettura di Napoli, la quale, citando il lavoro dettagliatissimo, compiuto dalla GIA della guardia di finanza e dal comando provinciale di Caserta delle stesse fiamme gialle, ci fa sentire meno soli: “(…)l’importo, a quanto riportato da fonti aperte, non sarebbe ancora stato recuperato dal comune di Caserta“. Attenzione, l’esecutività del titolo giudiziario, il comune l’avrebbe potuta attivare già ai tempi della prima sentenza del 2009, si è voluto attendere l’Appello, poi si è atteso il ricorso “per revocazione“, presentato giusto per prendere e perdere un po’ di tempo e adesso che cosa si attende? Nella nota della Prefettura di Napoli si fa riferimento ad informazioni, acquisite dalla guardia di finanza sulla vita e le opere di Messore, dagli uffici di un’altra Prefettura, quella di Caserta, che ancora una volta si conferma la “grande assente”. Non dite che siamo fissati con questo tema. E’ da 4 prefetti a questa parte che scriviamo sempre le stesse cose, perché i prefetti cambiano ma l’ossatura della struttura interna, a partire dai vice-prefetti, è sempre la stessa. Non è un caso, secondo noi, che quando alcuni dirigenti di questa area apparato vice-prefettizio hanno dovuto, più o meno volontariamente, cambiare sede, sono incappati in guai seri. E’ successo a Paolino Maddaloni, non ne parliamo poi di Provolo, prefetto di Pescara, in pratica messo alla porta dopo la strage di Rigopiano. Ed è successo infine di recente ad Immacolata Fedele, divenuta Vicario a Frosinone (CLICCA QUI PER LEGGERE), la quale, nell’ultimo periodo casertano era assurta la rango di capi di gabinetto, per fortissima volontà del prefetto Raffaele Ruberto.

Ora, alla luce di tutto quello che abbiamo scritto, non a caso un “tutto” lungo e articolatissimo, non a caso accompagnato da importantissimo materiale documentale, rappresenta un’accusa gratuita e inaccettabile asserire che la Prefettura di Caserta si conferma, come da almeno 20 anni a questa parte, un vero porto delle nebbie? Per quale motivo il cittadino dovrebbe credere nelle istituzioni quando si rende conto che se uno è un povero cristo paga debito con la giustizia, mentre se uno è un notabile trova protezione o malcelata distrazione in quelle istituzioni che dovrebbero tutelare e custodire il diritto?

👇👇L’INTERDITTIVA ANTIMAFIA DELLA PREFETTURA DI NAPOLI E LA SENTENZA DELLA CORTE DEI CONTI👇👇

 

 

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