ELEZIONI REGIONALI. A CASERTA girano sondaggi falsi. Non lo affermiamo, ma come sempre ve lo dimostriamo
3 Febbraio 2020 - 11:00
CASERTA – (g.g.) Abbiamo scavallato anche il turno elettorale di inverno, assorbendo gli esiti delle elezioni regionali dell’Emilia Romagna e della Calabria. Automaticamente, l’interesse, stiamo parlando di quello degli addetti ai lavori, visto che i cittadini non soffrono di “elettoralite cronica“, si sposta verso la prossima tornata che si svolgerà, presumibilmente (anche se sulla carta le date potrebbero essere diversificate), nel giugno prossimo, quando alle urne torneranno gli elettori della Liguria, della Toscana, delle Marche, della Puglia e, soprattutto, per quel che ci interessa più da vicino, della Campania.
Ogni civiltà non può non incubare in sè, il virus dell’inciviltà. E’ capitato molto spesso che il progresso tecnologico, alcune fasi molto marcate e anche circoscritte nel tempo, non siano state accompagnate da uno speculare progresso della ragione, intesa come evoluzione culturale collettiva. E anche nel tempo presente, sta accadendo così. Gli strumenti delle nuove tecnologie, del digitale variamente connotato, possono essere, e in prevalenza lo sono, leve di civiltà. Ma il virus, che, come tutti i virus, compie il suo sporco lavoro, definisce una porzione di inciviltà che vive e si alimenta parassitariamente stando attaccato alle strutture della civiltà.
Il principio di ordine generale può essere applicato, con vari ma non decisivi adeguamenti, a contesti specifici.
Prendiamo, ad esempio, questa storia dei sondaggi. Quando in Italia sono partiti i primi pionieri, risultò chiaro subito a tutti che quella era una rivoluzione. I vecchi della politica degli anni 80 e 90 manifestavano il loro scetticismo, così come capita per ogni strumento nuovo e più avanzato della tecnologia, quando questo irrompe sulla scena per turbare prassi ed equilibri consolidatissimi, grazie ai quali un politico, ma non necessariamente solo un politico, ha costruito la sua carriera e il suo successo. Ma proprio gli ingessati scettici erano i primi a domandare come stessero andando le proiezioni.
Agli albori del secondo lustro degli anni 70, la Rai cambiò pelle, per effetto di una riforma che per la prima volta inseriva un cuneo nell’antica orizzontalità delle due reti in servizio. Dunque, la rete uno e la rete due, il tg1 e il tg2 marcavano, per la prima volta in 20 anni di storia della televisione nazionale, le loro differenze, non solo in termini di strutture interne e di sensibilità politica, ma anche nel metodo di lavoro, nell’apertura all’innovazione in una televisione che per la prima volta si poneva il problema del target.
Naturalmente il tg1 e il tg2 si divisero anche nella scelta di quelli che non erano ancora i sondaggisti di oggi che erano già capaci, a mezz’ora della chiusura delle urne, di lanciare la prima proiezione a cui poi, ad intervalli di tempo più o meno fissi, seguivano la seconda, la terza e la quarta, sempre meglio collegate, con un’approssimazione più pulita, nei risultati di percentuale, al dato reale delle schede scrutinate.
L’istituto che operava col tg1 si chiamava, crediamo che esista ancora, Doxa, quella che operava col tg2 si chiamava Demoskopea. Capitò, in più di un’elezione, che le proiezioni Doxa differissero da quelle della Demoskopea. Di qui discussioni e polemiche visto che il tg1 era, come del resto è e come del resto sarà, con ogni probabilità, sempre ancorato alle ragioni del governo, che allora, erano comunque sottese a quelle della Democrazia Cristiana, mentre il tg2 era nato come luogo di espressione delle idee e dei punti di vista dell’area socialista e riformista, che proprio in quegli anni lanciava per la prima volta in orbita (Midas 1977) il giovane Bettino Craxi, destinato a diventare un punto nevralgico della politica dei successivi tre lustri.
Tutta questa premessa per dirvi cosa? Che gli antenati dei sondaggisti di oggi sviluppavano, attraverso il rituale delle proiezioni, un compito di cui avvertivano l’importanza e l’estrema delicatezza. Erano le prime esperienze. Dunque, produssero risultati a volte incerti, smentiti clamorosamente dall’esito cartaceo dell’urna, ma gettarono il seme. Lo fecero ripetendo come in una cantilena i metodi statistici alla base del loro lavoro di proiezione, basato comunque su campioni materiali, concreti, rappresentati dalle prime schede e, mano mano, dalle altre, che gradualmente uscivano dall’urna durante lo scrutinio.
Insomma, gettavano le basi affinchè questo settore si ponesse, rispetto alle cose della politica e delle elezioni, in maniera credibile. La credibilità non era solamente un significato di tipo morale, ma anche pratico, concreto, perchè quando poi i voti sarebbero usciti, lo sputtanamento, in caso di lavoro poco serio, era garantito.
Da allora ad oggi sono trascorsi più di 40 anni. Non si può dire che l’intero settore dei sondaggi si sia imbarbarito e abbia perso di vista le ragioni della credibilità e dell’autorevolezza. Ma negli ultimi 5 o 6 anni, la moltiplicazione supersonica degli strumenti della comunicazione e della relazione interpersonale, ha scoperto un fianco debole anche nel settore dei sondaggi. Siccome il livello della politica odierna è bassissimo, tutti questi mentecatti, laureati solo in furbizia e in inciarmo, che vogliono sbarcare il lunario grazie alla politica che gli offre la possibilità di intascare 15mila euro al mese rimanendo semi-analfabeti, si arrangiano come possono, dato che non hanno alcuna possibilità di farsi notare per le qualità culturali che non possiedono.
La loro politica, chiamiamola così, è una somma terminata di espedienti o, per usare termini più gergali e autoctoni, di marchette e di “bacchette”. Tra questi, c’è anche quello della diffusione di sondaggi farlocchi. E d’altronde, se il fake, che tutto sommato, è proprio il nome più adatto, applicabile al vilnus dell’inciviltà di cui scrivevamo all’inizio, invade tutti i campi della comunicazione, non si vede perchè anche l’area sacra dei sondaggi, erogati grazie a conoscenze della statistica che è materia dotta, importante, ne debba essere esente.
Non vogliamo far nomi. Però, in Campania ma soprattutto a Caserta, gira roba fasulla. Poi, eventualmente, se l’andazzo dovesse continuare, i nomi li faremo e magari ci chiederemo perchè dei sedicenti sondaggisti di ventura facciano anche il mestiere di promotori della comunicazione aziendale, con il potere di vendere la pubblicità di alcuni marchi commerciali casertani ai giornali.
Siccome sono diventato buono, dico all’amico mio che così non va bene. Poi, se sarà necessario, glielo spiegherò in maniera più esplicita chiedendogli, per esempio, se la sua società di sondaggi è o meno certificata ISO 9001. Si tratta di un certificato di qualità che si riceve solo se si adottano metodi auteticamente statistici, ma soprattutto se si adottano sul serio.
Vedete, un sondaggio decente non può costare al committente meno di 4mila euro più IVA. Se girano prezzi diversi o addirittura “offerte gratuite”, non compatibili con i costi di produzione di un sondaggio, vuol dire che quei parametri di qualità della rilevazione non sono applicati oppure sono applicati veramente sulla carta.
Per quanto ci riguarda, noi pubblicheremo solo sondaggi realizzati da società certificate, che abbiano dietro una storia, un know how granitico, una credibilità costruita sull’applicazione rigorosissima del metodo scientifico, dato che la statistica è scienza e non è una barzelletta. Ai nostri lettori diciamo di diffidare totalmente da certa roba che si legge in giro, la quale non possiede alcuna certificazione che possa garantire sulla qualità del campione rappresentativo, che è materia di chi fa la professione di statistico, cioè di uno che si è laureato in quella specifica disciplina.
Gli statistici devono trattare i dati, mettendoci la faccia, cioè il nome e il cognome, accettando il confronto e domande su come hanno lavorato nella identificazione del campione rappresentativo e nella modalità con cui hanno posto le domande al telefono.
In conclusione, ribadiamo: certificazione ISO 9001, rilasciata da un istituto terzo.
Tutto il resto sono balle.