La Domenica di Don Galeone. Onoriamo e adoriamo oggi il “Corpo del Signore”, spezzato e donato per la salvezza di tutti gli uomini, fatto cibo per sostenere la nostra “vita nello Spirito”

19 Giugno 2022 - 09:41

19 giugno 2022 ✤ Festa del Corpo e del Sangue di Cristo (C)

Il pane e il vino per la vita degli uomini

Prima lettura: Offrì pane e vino (Gn 14, 18). Seconda lettura: Ogni volta che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunciate la morte del Signore (1 Cor 11, 23). Terza lettura: Tutti mangiarono e si saziarono (Lc 9, 11).

Il banchetto è un fatto umano molto importante in tutte le civiltà e religioni, per il suo significato sociale e familiare; ha la capacità persino di simboleggiare l’unione con dio e con i defunti. Tutti questi significati acquistano un valore nuovo nella “Cena del Signore”. Cerchiamo di approfondire alcune verità contenute nelle letture di questa festa.

Prima lettura Melkitzèdek è una delle figure più strane della Bibbia: non è un ebreo, eppure è re-sacerdote, offre a Dio pane e vino, e benedice persino Abramo, capostipite del popolo eletto. Questa figura di Melkitzèdek, che appare inattesa e misteriosa, e insegna che vi è un sacerdozio molto più vasto di quello ebraico e di quello clericale. La chiesa di Dio è il mondo, realmente universale. Le creature appartengono al Padre nel momento in cui nascono. La sapienza di Dio ha fatto un “cerchio sull’abisso” e dentro questo tutte le creature sono, respirano, vivono. Tutti siamo interni a questo progetto del Padre. Credere nel Cristo non significa entrare in una religione “particolare, ma entrare nella religione della creazione; significa prendere il bandolo dall’inizio, altrimenti anche il cristianesimo è parte fra le parti, e la sua fede diventa fanatismo. Noi cristiani non dobbiamo chiedere a nessuno la carta d’identità. Il mosaico finale sarà il frutto della collaborazione di tutte le civiltà e religioni. I cristiani sono, o dovrebbero essere, gli “amici del genere umano” (Origene).

Noi cristiani dobbiamo non dialogare su un pacchetto di verità date, ma essere con-gli-altri, lavorare con-gli-altri. Questo, forse, richiederà a noi cristiani una maggiore umiltà. Pensate alle processioni del Corpus Domini di altri tempi, in cui la partecipazione dei fedeli e delle autorità alle sfilate aveva anche lo scopo di mostrare agli altri che noi eravamo i primi, i migliori, i più numerosi. Anche questa semplicità e povertà sono grazia di Dio! Allora, quando io celebro la Cena del Signore, non vivo una stanca abitudine, perché mi sento immerso nella storia del mio mondo, e la illumino con la mia fede. La mia chiesa perde il recinto, ci ritroviamo tutti all’aria aperta, su un prato, a gruppi di 50 o di 100, distinti ma non divisi, e tutti mangiamo a sazietà. Noi non siamo gli umbratili adoratori di un dio privato, ma viviamo negli spazi dell’uomo. Tutto ciò che è umano, ci riguarda, ci appartiene.

Corpus Domini, corpus Hominis  Noi cristiani, dobbiamo sembrare della gente strana! Alcuni ci credono zelanti nella mortificazione del corpo … ed eccoci oggi a festeggiare un Corpo, ci rallegriamo, ci incantiamo,andiamo in estasi per un Corpo, il Corpo di Cristo. Questo Corpo lo adoriamo, lo incensiamo, lo portiamo oggi in processione trionfalmente, come la cosa più preziosa del mondo, come la nostra consolante speranza. Sappiamo, tuttavia, e meglio di altri, come il corpo può tormentare,macchiare, turbare, avvilire. Sappiamo, purtroppo, quali malvagi pensieri e desideri e curiosità vergognose può suscitare; sappiamo fin dove può cadere l’uomo ozioso, il cuore vuoto, la mano disoccupata. Per questa disperante vergogna da sanare, Dio, il più amante e il più puro degli esseri,incarnandosi ha voluto consegnarci il suo Corpo; ha voluto fare del suo Corpo una gioia pura, un godimento casto. È un messaggio valido oggi più di ieri, perché assistiamo alla mercificazione della persona, all’ostentazione sensuale del corpo, alla degradazione dei sentimenti, alla ricerca dell’avventura proibita. Dopo tanti Tractatus adversus corpus, andrebbe scritta oggi una teologia del corpo: corpo di sangue, di muscoli, di passioni, ma anche denso di spirito, pieno di anima,immagine di Dio, abitato dallo Spirito, greve nella sua pesantezza animalesca, groviglio di vipere, ma anche imponderabile leggerezza di essere.

Gesù non ci ha lasciato una sua statua, una sua fotografia, una sua reliquia. Ha voluto continuare a essere presente fra i suoi discepoli come alimento. Il cibo è posto sulla tavola non per essere contemplato, ma consumato. I cristiani che vanno a messa, ma non si accostano alla comunione, non partecipa pienamente alla celebrazione eucaristica. L’eucaristia non è un alimento da consumarsi in solitudine: è pane spezzato e condiviso tra fratelli. Non è concepibile un’eucaristia consumata su tavoli singoli: nella Bibbia si parla di popoli invitati al banchetto … e se qualcuno arriva in ritardo, aggiungi un posto a tavola! Una comunità, che “spezza il pane” in solitudine, mangia e beve – come richiama Paolo – la propria condanna (1 Cor 11,28-29). Il v. 14indica un particolare curioso: Gesù non vuole che il suo cibo venga consumato in solitudine, come si fa al self-service. Tuttavia, nemmeno i gruppi troppo numerosi vanno bene, perché in essi non ci si conosce. Al tempo di Luca cinquanta, era forse il numero ideale dei membri di una comunità. Ricordiamo che, nei primi secoli, l’eucaristia non veniva celebrata in chiese, ma in grandi sale (At2,46), per cui il numero dei partecipanti era necessariamente limitato.

“Questo sono io … Questa è la mia vita”  Occorre ben riflettere sulle parole della consacrazione: Questo è il mio corpo… Questo è il mio sangue. Nella cultura semitica, significano: Questo sono io per voi … Questa è la mia vita per voi. Io vi ho dato l’esempio. Continuate a fare quello che io ho fatto! Considerando certe nostre comunità cristiane (e religiose!), forse ci siamo chiesti come si possa continuare a celebrare l’eucaristia. È un dubbio legittimo. Tuttavia, non va dimenticato che il pane eucaristico è un dono, non un premio meritato e riservato ai buoni. È un cibo offerto ai peccatori e non solo ai giusti, ai malati e non solo ai sani. Continuiamo ad accostarci al banchetto eucaristico, che ci stimola a divenire ciò che ancora non siamo. Buona vita!