“Asprinio d’Aversa. Racconto di un matrimonio felix di 3000 anni fa”. A Vinitaly Verona la presentazione del libro di Michele Scognamiglio

11 Aprile 2022 - 10:10

Sarà presentato domani, 12 aprile, a Verona, nella cornice della 54esima edizione di Vinitaly, il Salone Internazionale dei vini e dei distillati, il nuovo libro di Michele Scognamiglio “Asprinio d’Aversa. Racconto di un matrimonio felix di 3000 anni fa”, edito da Cuzzolin.

 

La presentazione, a cura di Cantine Bonaparte, si terrà alle ore 12.00 all’interno del Padiglione 7 Hall – Stand E11 di Veronafiere, moderata da Peppe Vessicchio, a cui è affidata anche la prefazione del libro insieme ad Antonio Medici.

 

Grazie ad un coltivato desiderio di conoscenza sostenuto da una solida formazione scientifica – scrive Vessicchio l’Autore ha riunito in questo volume citazioni documentali sagacemente storicizzate, interessanti riflessioni antropologiche e raffinati concetti di interazione biologica. Una visione rapida, utilmente schematica e intelligentemente ramificata, proprio come i tralci dell’Asprinio nel loro funzionale e secolare abbraccio matrimoniale al pioppo. Per chi vuole orientarsi nel mitico mondo dell’alberata aversana questa sorta di mappa impostata su più linguaggi plurivocamente intrecciati può essere di estremo aiuto”.

 

L’autore Michele Scognamiglio, docente di Scienze dell’Alimentazione all’Università Luigi Vanvitelli di Napoli, ci regala una guida sapiente alla scoperta della storia millenaria che lega l’Alberata Aversana all’Asprinio, dal 1993 vino bianco DOC della Regione Campania, già spumante preferito dalla Corte Angioina del Regno di Napoli nel XIII secolo e celebrato dal poeta Mario Soldati come un “grande piccolo vino”, al punto che “non c’è bianco al mondo così assolutamente secco”. La tecnica di coltura di questo particolare vitigno a bacca bianca è appunto l’Alberata o della “vite maritata al pioppo”, una tecnica così rara e affascinante da rischiare l’estinzione. Furono gli Etruschi a importarla nell’Agro Aversano a partire dal VI secolo a.C., scegliendo di legare le viti ad alberi di pioppo, perché crescessero in altezza, lungo filari alti fino a 20 metri. A scalarli solo abili contadini, chiamati “uomini ragno”, capaci di arrampicarsi su scale a pioli strette e lunghe (gli scalilli)

costruite su misura.

 

Fino agli anni ’60, nell’Agro Aversano i terreni coltivati ad Alberata si estendevano per circa 16.000 ettari; oggi se ne contano meno di 200, e attraversano solo 22 comuni tra le province di Napoli e Caserta. Un patrimonio che rischia di scomparire a causa della speculazione edilizia, degli elevati costi di coltura e dell’assenza di manodopera esperta in una tecnica tramandata per generazioni.

 

Tra i vigneti che con passione e cura portano avanti questa ricca tradizione c’è proprio quello di Cantine Bonaparte, guidate dalla quarta generazione della famiglia Cosentino.

 

Il nostro vigneto ha più di un secolo – affermano Antonio e Nicola Cosentino di Cantine Bonaparte – abbiamo ripreso una tradizione che va avanti dall’età del nostro bisnonno e ancora oggi la raccolta avviene a mano, secondo i metodi tradizionali. I vendemmiatori si arrampicano in altezza su scale larghe 18 cm e lunghe fino a 18 metri”.

 

Nella sua prefazione al libro, Antonio Medici elogia la “sapienza scientifica, la capacità divulgativa, l’intelligenza sincera e aperta” dell’Autore, per quello che a suo dire è un “compendio di appunti storici, informazioni scientifiche, appendici economiche. Racconto, poi, di esperienze umane, diario di saperi su un vitigno che giustamente Scognamiglio ritiene un’occasione persa. Magari ancora recuperabile anche per opera della sua opera”.

 

“L’opera del poliedrico, appassionato e vulcanico Scognamiglio – scrive Mediciassurge a fulcro del rapporto tra chi crede nella propria terra, nella possibilità della Campania di emanciparsi dalle dilapidazioni del passato delle proprie risorse più autentiche perché legate alla natura e alle tradizioni”.

 

“’Asprinio d’Aversa. Racconto di un matrimonio felix di 3000 anni fa’ – aggiunge – non è solo una validissima ed essenziale, nel senso di imprescindibile, guida alla riscoperta di un vitigno straordinario, di una viticoltura originalissima, di un vino che può stare sul mercato e scalarlo. È una sorta di moderno ‘Hypnerotomachia Poliphili’ in cui l’innamorato protagonista, Polifilo, rappresenta tutti coloro che amano la ‘Campania Felix’ e Polia, l’amata onirica fuggiasca, le molte cose, i molti saperi, la ricca storia che la Campania è”.