BIMBA CONTESA. Papà farmacista con un’altra famiglia e mamma condannata per tentato omicidio

4 Marzo 2024 - 17:35

Il giudice ha dichiarato non ammissibile due richieste della parte civile

CASERTA – Sta andando avanti il processo nei confronti di una donna ucraina, accusata di aver ritardato l’affido della nipote che il tribunale dei minori di Napoli aveva deciso di trasferire presso l’abitazione del padre.

Durante l’ultima udienza la legale della donna, Eva Scialdone, ha avuto ragione rispetto alle richieste di non inserimento nel fascicolo di due documenti rispetto alla situazione della minore, analizzata dai servizi sociali.

Non entreranno, infatti, nel processo le dichiarazioni degli operatori del Servizi Sociali di Casagiove, visto che verranno ascoltati assieme al padre della bambina nella prossima udienza; ma anche la relazione redatta dalla curatrice dei minori.

La motivazione è legata al fatto che la curatrice non era segnalata nell’elenco dei testimoni. Per questo motivo il giudice, accogliendo l’opposizione dell’avvocata Scialdone, ha negato l’inserimento nel fascicolo della relazione.

La storia, già delicata di per sé, ha però un pregresso che ha visto concludersi con una condanna in primo grado.

La sorella dell’imputata e mamma della piccola, la signora A.H., è stata infatti condannata a 12 anni e cinque mesi di reclusione per il tentato omicidio del compagno e della seconda donna che questi, M.S., farmacista di Casagiove, frequentava e dal quale aveva avuto un figlio.

In pratica, l’uomo avrebbe abbandonato e non provveduto ad aiutare A. e la figlia avuta dalla precedente relazione, secondo quanto denunciato dalla donna e dalla sorella oggi imputata, difese dall’avvocato Eva Scialdone, motivo per cui la zia non riteneva di dover lasciare la piccola al padre.

Un giudizio che, però, contrasta con quanto deciso dal tribunale dei minori e quindi la donna è incappata nel reato previsto dall’articolo 388 del codice penale, ovvero la mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice.

Olena H., sorella di A., andrà quindi a processo, con il rischio della pena massima di tre anni. Il signor M., invece, si è costituito parte civile in questo procedimento.