CAMORRA, le solite figure di m…. La Prefettura di Vicenza ha emesso l’interdittiva antimafia a CZeta protetta da Nicola Ferraro. E ora Adolfo Villani e la Nocerino cosa dicono a Capua?

20 Maggio 2024 - 11:11

La città di Fieramosca sempre di più in anarchia e in emergenza legalità. Ma d’altronde se uno da il pallino in mano alla triade familiare Giacobone-Zenga- Buglione ti puoi aspettare questo ed altro. Ricordatevi bene che lo scatenamento nei confronti di questo giornale e di chi scrive ad opera del presidente della commissione rifiuti ed ecologia del consiglio regionale Giovanni Zannini, avvenne proprio quando notammo per fatto oggettivo che i comuni dove operava CZeta appartenevano, per la maggior parte, alla sua filiera politica di cui è vassallo anche il presidente della Provincia Giorgio Magliocca

CAPUA (g.g.) Avete mai visto una lumaca partorire un rinoceronte? Sarà che siamo fatti male noi e che la cosa, al contrario, ci possa essere agevolmente spiegata da un qualsiasi professore di diritto commerciale, ma a noi ci viene in testa proprio questa immagine di un parto impossibile così come abbiamo visto ad esito della gara d’appalto per l’affidamento del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani della città di Capua, aggiudicata alla cooperativa ravennate Ciclat, una coop romagnola, di una terra, in cui è solida la tradizione dell’esperienza di più soggetti che si mettono insieme e che, orizzontalmente, mettono ognuno il loro contributo per raggiungere un obiettivo per l’appunto attraverso il metodo cooperativo.

Ma qui l’orizzontalità è solo un fatto figurativo, perché se dentro ad una cooperativa tu ci metti una spa, va da se che ci sia qualcosa che non torna, che ci sia la realizzazione della solita ciofeca all’italiana, in cui si approfitta di una carenza di regolamentazione legislativa per far cose che andrebbero fatte in maniera più nitida, più chiara, più trasparente.

A Capua ha funzionato così: non hanno utilizzato nemmeno un consorzio, il quale ha l’obbligo di dichiarare già prima dell’aggiudicazione il nome dell’impresa consorziata che poi svilupperà l’esecuzione dell’appalto.

A Capua ha vinto Ciclat ossia una cooperativa e per le coop, così come abbiamo scritto con stupore ai tempi della gara, non esiste neppure l’obbligo di dichiarare prima il nome del socio cooperatore (?) che poi svolgerà il lavoro oppure il servizio

Per cui, la lumachina può tranquillamente tirar fuori non si sa da dove il rinoceronte; Ciclat vince e il giorno successivo all’aggiudicazione definitiva dice ai capuani “cari miei la vostra monnezza sarà raccolta da CZeta spa”.  E CZeta non è un socio cooperatore qualsiasi. CZeta è una società indagata dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli, in quanto sospettata di essere un soggetto imprenditoriale che opera in stretta connessione con Nicola Ferraro, imprenditore pluricondannato e con verdetti definitivi, pronunciati dalla Corte di  Cassazione, per reati di camorra, per connessione dirette con il clan dei casalesi, di cui, almeno per quanto concerne la famiglia Schiavone, era imprenditore di fiducia, stando a quello che, a più riprese, Nicola Schiavone ha raccontato agli stessi magistrati della Dda in più occasioni nel corso dei suoi interrogatori, resi da collaboratori di giustizia.

Dagli ultimi giorni della settimana scorsa CZeta non è più un’impresa immacolata, almeno dal punto di vista amministrativo. Non lo è, e ciò non può stupire certo CasertaCe, che ha dedicato tantissimo tempo al racconto delle cose e delle persone relativi all’impresa di Aniello Ilario, diretta derivazione di quella della famiglia Falzarano di Airola costretta in passato a fare un passo indietro per motivi economici in una dinamica che il nostro giornale ha raccontato con puntualità certosina, andando addirittura a capire cosa fosse successo al Tribunale di Benevento in fase fallimentare.

Leggemmo con grande attenzione il decreto di perquisizione che nell’ottobre scorso la Dda notificò ed eseguì ai danni di Nicola Ferraro, dei titolari della CZeta e che conteneva racconti sconcertanti, legati ad una lunga filiera di comuni, tra cui quello di Capua, nel quale CZeta arrivava, derivando la propria affermazione nella procedura di appalto dalla storia di chi l’aveva preceduta, ossia la Ecology srl, con la quale CasertaCe ha ingaggiato una significativa lotta di smentite e di ulteriori rilanci da parte nostra. Dopo quella lettura, ritenemmo che, nel giro di un mese, massimo due mesi, l’interazione tra il lavoro del cosiddetto GIA, che sta per “Gruppo Interforze Antimafia”, connesso alla prefettura di Caserta, e la prefettura di Vicenza, unica titolare della podestà per emettere un provvedimento di interdittiva, in quanto la sede legale di CZeta si trova proprio nella provincia veneta, sarebbe stato completato.

I tempi sono stati più lunghi soprattutto a causa del carico pesantissimo di lavoro che grava su GIA e sugli uffici antimafia della nostra prefettura. Ma alla fine, tutte le informazioni che dovevano essere trasmesse da Caserta a Vicenza sono arrivate, al punto che venerdì scorso il provvedimento è stato emesso.

Le motivazioni dell’interdittiva frutto, ripetiamo, del lavoro realizzato dalla prefettura di Caserta e inviato in un maxi fascicolo a quella di Vicenza, sono palmari, evidenti: CZeta è infiltrata da soggetti connessi alla criminalità organizzata della nostra provincia, ossia, aggiungiamo noi, del clan dei casalesi.

Ora, che cosa succede a Capua e negli altri comuni casertani dove CZeta opera? Al massimo potrà continuare a lavorare per un brevissimo lasso di tempo perché la monnezza in mezzo alla strada non può stare. E’ successo in casi simili: 10, 15 giorni al massimo. Giusto l’attesa per un affidamento provvisorio di 3 mesi o di 6 mesi mentre si svolge una nuova gara. Naturalmente, questa procedura, potrebbe essere modificata da un ricorso al Tar e da un esito positivo dello stesso oppure da un sì del tribunale sezione misure di prevenzione ad una richiesta di accesso all’istituto giuridico, attivo dai tempi del governo Renzi, che permette alle imprese, colpite da interdittiva antimafia, di continuare ad operare sotto controllo del tribunale.

Certo è che Adolfo Villani è ormai accerchiato da problemi di legalità: i Giacobone-Zenga-Buglione continuano a far professione di arroganza, violando la legge nel momento in cui occupano, senza alcun ritegno, l’intera superficie del marciapiede pubblico che insiste di fronte al loro bar in via Conte Landone. Ora l’interdittiva antimafia alla CZeta. Ma non finisce qui, perché noi qualcosa avremo ancora da scrivere in questi giorni su come CZeta si sta muovendo in rapporto agli impegni stipulati in un capitolato d’appalto che appare sempre di più un optional tollerato, in maniera ingiustificata, dai livelli politici, ossia dall’assessora Rosaria Nocerino e dallo stesso sindaco Adolfo Villani