CAMORRA NEI SERVIZI SOCIALI. I dipendenti della Filipendo di Gennaro Bortone battono cassa. E portano in tribunale la coop e l’ASL CASERTA

16 Febbraio 2024 - 18:39

Vista l’interdizione antimafia che ha colpito la società, ritenuta centrale in un meccanismo economico criminale legato al clan dei Casalesi, il rischio della cassa vuota è possibile. A pagarne le spese – letteralmente – potrebbe essere l’ASL, ovvero noi cittadini

CASERTA – Sono almeno cinque gli ex dipendenti della cooperativa Filipendo, secondo la DDA di Napoli facente parte di un cartello di società dei servizi sociali legate agli interessi del clan dei Casalesi, che hanno deciso di citare in giudizio la coop e, di conseguenza, all’ASL di Caserta.

Non sappiamo se si tratta degli operatori che, dopo diversi mesi in servizio presso la residenza sanitaria assistita di via De Falco, a Caserta, gestita dalle cooperative Nestore di Pasquale Capriglione prima e Filipendo poi, riconducibile a Gennaro Bortone, entrambe colpite da interdittiva antimafia a seguito dell’inchiesta della DDA e della squadra mobile della questura di Caserta, hanno perso il proprio lavoro, in pratica per mano dall’ASL, dopo che questa ha deciso

l’internalizzazione del servizio alla RSA.

Quello che è certo riguarda il loro contratto, ovvero il rapporto di dipendenza con la cooperativa di Gennaro Bortone, 56enne di San Cipriano d’Aversa, ma residente a Lusciano, indagato, così come il citato Capriglione, da Carinola, nell’inchiesta che ha provocato l’interdittiva antimafia.

Cinque dipendenti richiedono il versamento delle somme previste dal trattamento economico normativo del contratto collettivo nazionale della categoria delle cooperative sociali.

L’ASL di Caserta entra nel procedimento istituito dinanzi al tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sezione Lavoro, in maniera non diretta, potremmo dire per semplicità.

Infatti, i lavoratori hanno citato nel ricorso l’Azienda sanitaria locale affinché questa paghi gli importi fino alla concorrenza del debito nei confronti della società che è stata appaltatrice delle di servizi sanitari e socio assistenziali all’ASL di Caserta. Vista l’interdizione antimafia che ha colpito Filipendo, il rischio della cassa vuota è possibile. A pagarne le spese – letteralmente – potrebbe essere quindi il pubblico, in questo caso le casse dell’azienda sanitaria della nostra provinicia, che ha gestito quantomeno con superficialità servizi affidati a società in odore di camorra.

Nelle scorse ore, il direttore generale Amedeo Blasotti ha firmato la costituzione in giudizio, la difesa contro questi ricorsi, conferendo l’incarico legale all’avvocato interno Gemma Maresca.