CASERTA ALLE ELEZIONI. Se si avverano i sondaggi di Noto e di Winpoll candidati da 500 voti per Carlo Marino rimarranno fuori dal consiglio. ECCO PERCHÈ

26 Luglio 2021 - 18:46

Non è che ci voglia la scienza. Se qualcuno ha fatto il calcolo fondato sul ragionamento dei 5 o 6 eletti a prescindere da quello che sarà il nome del sindaco, sta sbagliando clamorosamente per ignoranza rispetto alle norme del Tuel

 

 

 

CASERTA (G.G.) – La concentrazione di tanti grandi e piccoli “specializzati in preferenze” nelle liste a sostegno di Carlo Marino è frutto esclusivamente del fatto che il sindaco uscente possiede le chiavi della mangiatoia e, dissanguando ulteriormente le casse del Comune, aumentando la pressione sulla spesa pubblica improduttiva e parassitaria ne ha, come si suol dire, apparati diversi, in modo che possano ricandidarsi alle elezioni del prossimo autunno.
Beninteso, questo succede un po’ dappertutto, in special modo quando le elezioni interessano comuni dell’Italia Meridionale.
Ma alla luce di quel che abbiamo visto negli ultimi cinque anni anni, possiamo tranquillamente affermare che quello di Caserta è un caso estremo, una punta avanzata di un sistema clientelare che al confronto quello che faceva da cornice alle ragioni filosofiche del principe di Salina ne “Il Gattopardo”.
Gli specialisti delle preferenze non si candidano certo per riconoscenza.

Da anni hanno fondato su basi solidissime l’idea che, se si sta in consiglio comunale, e se si è furbi ed esperti a sufficienza per starci in un certo modo, allora anche quello di semplice consigliere comunale di una città di 80mila abitanti come Caserta può essere un mestiere remunerativo.
Per cui, un Marzo,

un Emiliano Casale, un Donato Tenga, un Mimmo Guida, un Massimo Russo (poi ci sono i virtuosi come Nicola Garofalo che scelgono di stare con chi perderà, apparandosi poi in maniera postuma) sanno bene che loro contano e, soprattutto, ottengono, solo se restano titolari del potere contrattuale che può condizionare la navigazione e anche la sopravvivenza di un sindaco e della sua giunta.
Caserta è questa. Se ci fate caso, negli ultimi vent’anni ci sono consiglieri eletti e rieletti, prima col centrosinistra, poi col centrodestra, poi di nuovo col centrosinistra ad libitum.
E qui casca l’asino, perché se il sondaggio di Antonio Noto, che non è stato commissionato certo da Zinzi, è fondato, allora il plotone di aspiranti ad un seggio in consiglio comunale oggi già impegnati nelle liste di Carlo Marino avrà sicuramente una brutta sorpresa perché, diciamocela tutta: una cosa è chiedere il voto di prossimità per se stessi, altra cosa è tornare nella stessa casa, nello stesso luogo, per chiedere il voto in funzione del ballottaggio.

Questo vale per quei candidati al consiglio già eletti al primo turno, ma soprattutto per quelli il cui destino è appeso all’esito del secondo turno.
Inutile dire che in una città come Caserta, dove il senso di appartenenza di tipo politico si esprime con cifre prossime allo 0, tutti quelli che hanno corso al primo turno e che comunque si concluda il secondo non entreranno in consiglio, se ne staranno a casa e probabilmente non andranno neppure a votare.
Questo è un problema di format per quei candidati a sindaco che fondano le proprie speranze di consenso sulla costruzione artificiale dello stesso attraverso lo strumento clientelare.
Quando diciamo che Marino appartiene a questa categoria, non imponiamo una nostra tesi, ma orientiamo il ragionamento in base a minime e banali cognizioni scientifiche: il 5 giugno 2016 il candidato sindaco Carlo Marino si attestò ad una cifra del 9% inferiore a quella complessiva raccolta dalla coalizione che lo sosteneva.
Per cui, il discorso dell’empatia di Marino con la città di Caserta si definisce in quell’esito.
E i cinque anni appena trascorsi non hanno saldato il rapporto tra l’ex assessore ai Lavori Pubblici di Forza Italia, poi divenuto renziano del Pd e poi del Pd senza Renzi, e la città.
Marino non è inviso ai casertani, ma gli è totalmente indifferente.

Per quello che è il suo carattere freddo è indifferente ai suoi concittadini che in pratica non lo percepiscono.
Sanno che è il sindaco ma non sono condizionati da nessuno di quegli elementi tipici che invece funzionano quasi sempre con chi ha visto crescere la propria popolarità in cinque anni di governo.
Tutto ciò per dire che quando Antonio Noto snocciola numeri che rendono ineluttabile il ballottaggio, incrocia una realtà che non è da scoprire ma che è già stata evidente negli esisti del 2016 allorquando Marino vinse al secondo turno, rafforzando e non contraddicendo le tesi da noi appena esposte contro un candidato divenuto negli anni impalpabile come Riccardo Ventre e con una percentuale del 60% e passa scaturita da una affluenza al voto appena superiore al 30%, la più bassa di tutti i tempi che, come avemmo a scrivere a quel tempo, fece di Carlo Marino il candidato sindaco del 21% dei casertani residenti e del 16/17% dei casertani con diritto di voto, cioè over 18.
È chiaro che, con un’affluenza di questo genere, le truppe cammellate funzionino. A votarlo ci andarono solamente gli specialisti delle preferenze. Questo bastò ed avanzò, dato che la città quel 18 giugno se ne andò quasi per intero al mare.
Allora, sarà ballottaggio e con una percentuale normale tra il 45 e il 50% l’esito sarà determinato soprattutto da un’altra variabile: quella costituita dal cosiddetto voto d’opinione, e su quello Marino non ne prenderà uno, siamo pronti a scommettere, dato che viviamo la città in maniera cento volte più intensa di quanto non la viva lui.

E se sarà ballottaggio, il sondaggio di Noto, come quello realizzato da Winpoll-Arcadia non lascia adito a dubbi, visto che Zinzi è dato tra il 54 e il 58%.

Tutto ciò per introdurre gli argomenti che tratteremo nel prossimo articolo, che andrà in rete domani: siccome la conformazione del sondaggio segnala un Carlo Marino leggermente in vantaggio su Zinzi al primo turno, con le liste di Marino 5 o 6 punti al di sopra, ma comunque attestate ad una cifra ben inferiore a quella fatidica del 50%, siamo dentro a quella struttura di attribuzione dei seggi, così come questa viene declinata dall’articolo 73 del Tuel 267/2000 in cui il premio di maggioranza scatterà in conseguenza dell’esito del ballottaggio.

Per cui, se i sondaggi sono fondati, Zinzi otterrà il 60% degli eletti in consiglio comunale, pari a 19,2 consiglieri che, arrotondando per difetto, diventeranno 19, più lo stesso Zinzi che sarebbe il 20esimo.

Chi conosce anche superficialmente il testo dell’articolo 73 sa che le somme relative alla elezione dei consiglieri comunali si tirano un secondo dopo l’elezione del sindaco, sia che questa si verifichi al primo turno, sia nel caso in cui si verifichi al secondo.

Chiudiamo questo articolo rimandandovi alle prime simulazioni, che faremo poi domani, ricordando a tutti, in special modo a quel vero e proprio esercito del surf raccoltosi dentro al cosiddetto listone di Insieme per Caserta, che gli altri 13 seggi saranno ripartiti in ragione proporzionale tra tutti i candidati che hanno raggiunto le minime condizioni per partecipare al riparto.

Soprattutto una: il superamento dello sbarramento del 3% della lista o del gruppo di liste che sostengono un candidato sindaco.

Siccome non abbiamo alcun dubbio sul fatto che Del Gaudio, Vignola, Pulcino e Giovine riusciranno ad arrivare a questo livello di voti raccolti, ciò vuol dire che abbiamo già 5 consiglieri comunali dall’identità definita: i 4 appena nominati più Carlo Marino, che andrebbe ad occupare il primo seggio assegnato al gruppo di liste che lo sosterrà.

Insomma, a disposizione rimarranno solo 8 posti. Tutti ad appannaggio delle liste pro Marino? Non è detto, perché quel giochino micidiale dei quozienti frutto delle divisioni tra la cifra elettorale dell’intera coalizione prima e divisori progressivi da 1 fino a 32, più la medesima operazione fatta con la cifra elettorale raccolta da ogni singola lista all’interno del gruppo di lista, potrebbe far scattare – proprio perché il Tuel non stabilisce una riserva di garanzia alla coalizione del sindaco sconfitto al ballottaggio – un altro seggio alla coalizione di Del Gaudio, a quella di Vignola o anche ad entrambe.

Ma su questo faremo qualche esempio più pratico domani.

Dunque, operiamo una sintesi: Massimiliano Marzo, Emiliano Casale, Massimiliano Palmiero, Antonio Di Lella, Massimo Russo, Dora Esposito, Camillo Federico, solo per citare alcuni componenti del cosiddetto listone; e poi ancora: Donato Tenga, Mimmo Guida, Liliana Trovato, Roberto Peluso, Giovanni Megna; e nel Pd: l’attuale presidente del consiglio comunale Michele De Florio, Matteo Donisi, il re della trash-movida casertana Gianni Comunale.

Potremmo continuare sgranando almeno altri cinquanta nomi.

Guardate, esiste il rischio concreto, aritmeticamente fondato, che candidati in grado di raccogliere 400 o 500 voti di preferenza personali rimangano fuori dal consiglio comunale per essersi ammucchiati con Carlo Marino.

A domani.