CASERTA. DISASTRO BIONDI. Il comune rischia di pagare un maxi-risarcimento alla Di Gennaro SpA per un errore da vero dilettante allo sbaraglio

11 Novembre 2022 - 19:40

In calce all’articolo, il testo integrale delle 13 pagine dell’ordinanza con cui il tribunale di Napoli, la sezione civile specializzata in imprese, ha sospeso con effetto immediato l’atto di rescissione, peraltro post-datata (sic!) del contratto ad opera del comune capoluogo. La citazione dell’articolo 80, comma 5 del Codice Appalti è un’autentica barzelletta

CASERTA (g.g.) – Già immaginiamo le congetture, del tipo “vabbè il giudice che ha deliberato è Nicola Graziano di Aversa, rispetto ad un’impresa, la Di Gennaro che, pur provenendo dall’area di Napoli Nord, Caivano e dintorni, è fortemente radicata all’interno della città normanna”.

Al di là del fatto che Nicola Graziano, oltre ad essere una persona molto conosciuta ad Aversa, è anche un ottimo

magistrato, qui non conta chi abbia firmato il provvedimento giudiziario, ma le motivazioni determinanti l’esito di questo procedimento.

Per chi vorrà approfondire, vi rimandiamo al link in calce a questo articolo, dentro al quale ci sono le 13 pagine dell’ordinanza del giudica.

In estrema sintesi, per chi invece questo tempo non ce l’ha, vi diciamo che la Di Gennaro, in passato – se non ricordiamo male – oggetto anche di un pesantissimo incendio del suo impianto nell’area Pascarola di Caivano, ha svolto quantomeno dall’anno 2017 al primo dicembre 2021 l’attività di fornitore di servizi del comune di Caserta, specificatamente il servizio di trattamento, smaltimento e recupero di rifiuti differenziati come gli imballaggi di legno, quelli di carta e altri, indicati in otto codici C.E.R.

Ricordiamo che, stavolta, si tratta di un rapporto economicamente complesso tra l’ente pubblico e il fornitore di servizi: da un lato il comune paga per il conferimento di questa tipologia di spazzatura raccolta tramite la differenziata, dall’altro lato, io società, corrispondo al comune una somma per quanto materiale riesco a riutilizzare.

Il rapporto tra il comune di Caserta e la Di Gennaro si è articolato in due fasi distinte, quand’anche collegate tra loro. La prima attivata da un bando pubblicato nell’aprile 2016, quando al timone c’era il commissario prefettizio, ma il dirigente Franco Biondi comandava come comanda ancora oggi ed era in collegamento con il collega Marcello Iovino, titolare della delega ai rifiuti. Questo bando trovò la sua soluzione amministrativa nell’anno 2017, quando il 23 ottobre, con Carlo Marino già in groppa, fu firmato il contratto tra la Di Gennaro e l’ente capoluogo.

Un rapporto che, dai tempi dedotti dalla documentazione di cui abbiamo preso visione, dovrebbe essere stato lungo circa due anni.

Il secondo segmento è attivato dal bando di una nuova gara, pubblicato nell’ottobre 2019 e che porta alla firma del contratto tra Di Gennaro e comune il 30 novembre 2020, stavolta con scadenza annuale. Il 1° dicembre 2021 scade il contratto e il 2 dicembre, nel mentre e già da tempo divenuto dirigente del settore Rifiuti, il dirigente Biondi apre le ostilità. Intanto, come detto, il 2 dicembre firma una determina con cui disimpegna la somma di 55 mila euro dagli 800 mila, impostati dal comune per questo servizio.

Operazione strumentale a quello che il dirigente aveva già in mente e portata a termine il 13 dicembre successivo, ovvero la risoluzione del contratto di appalto.

Per capire bene i fatti, bisogna riavvolgere il nastro della storia. Già ad epilogo del primo contratto, all’impresa dei Di Gennaro viene contestata l’emissione di pre fatture e poi fatture nelle quali, secondo il comune, sarebbe stato conteggiato una porzione di materiale di riciclo, quindi con importo da pagare a carico del privato alle casse cittadine, inferiore a quella presente nei bustoni.

Nelle pagine dell’ordinanza vedrete che questa mossa di palazzo Castropignano finì in un binario morto. E avendo vinto di nuovo la gara la Di Gennaro, ci si pose il problema di chiudere il contenzioso, visto che il comune, non avendo avuto la ragione dalla sua, non aveva alcun titolo in mano.

E in effetto la transazione ci fu, tutto incamerato nella determina 1773 del novembre 2020.

Ora possiamo tornare al punto di partenza e cioè al 13 dicembre 2021 e alle ragioni addotte dal dirigente Biondi per una surreale rescissione del contratto con il contratto stesso già terminato, eseguito.

Anche in questo caso, operazione lapalissianamente strumentale a riaprire lo scontro con la Di Gennaro sui soldi che la società privata doveva al comune per il pagamento della frazione differenziata “buona”, riutilizzabile dall’impresa.

Biondi parte da un presupposto, netto, chiaro quanto comicamente errato. Quella rescissione del contratto sarebbe giustificata dalla violazione dell’articolo 80, comma cinque del decreto legislativo 50/2016, meglio noto come Codice degli Appalti.

Ricordatela questa motivazione e questo articolo.

Entrato nel merito della contestazione, il dirigente del comune di Caserta, in sostanza, scrive che la Di Gennaro reitera comportamenti che integrano gravi illeciti professionali, i quali, sempre secondo Biondi, determinerebbero causa di rescissione del contratto ai sensi dell’articolo 80, comma 5 citato.

Anche nel secondo contratto, la Di Gennaro avrebbe infatti utilizzato un metodo di pesa dei rifiuti di imballaggio di legno da riciclare e quindi da pagare al comune che, in buona sostanza, abbassavano e di molto la cifra che l’ente capoluogo avrebbe dovuto ricevere.

E qui, al petto di Biondi va sicuramente appuntata un’altra medaglia, un’altra benemerenza: l’invenzione e la messa a punto di un nuovo strumento del diritto amministrativo che potremmo definire della “rimozione paraculante e perculante”.

Il nostro, infatti, fonda la motivazione che lo porta a contestare questi “gravi illeciti professionali” perchè, a suo dire, sarebbe successo in sede di primo contratto, cioè sempre la questione relativo al peso dei rifiuti e al loro valore in fattura, avvenuto senza il contraddittorio del comune.

Come abbiamo scritto prima, però, quella contestazione che il comune pur notificò in sede di discussione sul primo contratto, era rimasta tale. Anzi, era stata già considerata infondata al punto che lo stesso comune di Caserta, dovendo procedere alla firma del nuovo contratto con la Di Gennaro, aveva accettato di chiudere il contenzioso con una transazione, ad epilogo della quale l’impresa avrebbe dovuto liquidare somme, secondo quanto segnalato dal comune, vicino agli 800 mila euro.

Ma transazione non significa titolo giudiziario che sancisce la ragione della tesi del comune. Assolutamente no. Dunque, Biondi considera per due volte come motivazione, come gravi illeciti professionali comportamenti della Di Gennaro non sanzionati da alcun tribunale. Anzi, espressione di ragioni prevalenti, se è vero come è vero che la chiusura della transazione sul primo contratto era avvenuta con i calcoli realizzati dalla stessa Di Gennaro.

Ecco perché abbiamo parlato di “rimozione paraculante e perculante”.

Ovviamente, di fronte al ricorso presentato dalla società di Caivano, il collegio della terza sezione civile del tribunale di Napoli, presieduta, come detto, dal giudice Nicola Graziano e le due giudici a latere Ilaria Grimaldie Viviana Criscuolo, si è limitato a sancire l’ovvio.

Manca, infatti, alcun criterio rispondente ai gravi illeciti professionali. Ma il capolavoro il dirigente Biondi – uno specializzato in altre cose e che invece gravissime carenze culturali accusa quando si esce dal recinto delle gare di appalto a dagli affidamenti di un certo tipo – lo compie proprio nella citazione della norma che la Di Gennaro avrebbe violato.

Inoltre, il comune di Caserta nella sua tesi difensiva segnala di una mancata collaborazione da parte della Di Gennaro, una circostanza smentita da un documento del 23 luglio 2021.

In questa nota la società si rendeva disponibile a definire la situazione controversa in contraddittorio ed eseguire prelievi di un campione di materiale conferito dall’ente e stoccato nei modi di legge, così da poter effettuare le analisi richieste.

Il senso è chiaro, il fantomatico mancato accordo dalle parti, che ricordiamo, era stato firmato nel novembre 2020, non sarebbe stato da attribuire, nel caso, alla società con sede a Caivano.

Prima vi abbiamo scritto di fare un nodo al fazzoletto e ricordarvi dell’articolo 80, comma cinque del decreto legislativo 50/2016, meglio noto come Codice degli Appalti.

Il giudice lo conosceva bene, noi un po’ meno. Ma masticando la materia è stato facile cogliere dalla sua consultazione un errore che compiuto durante un esame universitario di diritto privato avrebbe comportato un’espulsione a calci dello studente.

L’ingegnere Biondi – sospeso dal suo ordine professionale dal quale, però, poi ha assunto il vice presidente Luigi Vitelli – scambia la norma che tratta dell’istituto dell’esclusione da una gara d’appalto per quella, in realtà prevista dall’articolo 108 del codice, con quella relativa alla rescissione del contratto.

I “gravi illeciti professionali”, così come definiti dall’articolo 80, comma 5, sono causa di esclusione da una procedura di gara e non come comicamente richiamato dal dirigente Biondi, quali causa di rescissione di un contratto di diritto privato stipulato da un’impresa e un ente pubblico.

Se siete arrivati a leggere fin qui, vi sarete resi conto che la recessione nel contratto era sbagliata su tutti i fronti, ma il dirigente Biondi avrebbe potuto salvare la faccia.

Ci sarebbe riuscito se, invece di citare l’articolo 80, comma 5 del codice, avesse segnalato il primo comma, perché questo, almeno, è minimamente inserito nella legge che si occupa di gestire il metodo con cui si arriva alla rescissione di un contratto, come la corte napoletana fa notare nell’ordinanza. E invece niente. La posizione del dirigente del comune di Caserta è sbagliata su tutta la linea.

Ora, pensare che Biondi, Marino possano provare un po’ di vergogna per questa stupidaggine sesquipedale è una pura velleità. Chi non ha, infatti, una reputazione professionale e/o politica da difendere, sapendo bene che la via del successo economico e di quello legato al cursus delle cariche più o meno elettivo, nulla, ma proprio nulla a che vedere in queste lande desolate del Sud Italia, della Campania, della provincia di Caserta, con la cifra della propria reputazione.

In conclusione, il tribunale delle imprese, accogliendo in pieno le tesi esposte dall’avvocato Tommaso Castiello, ha sospeso, con decorrenza immediata, l’efficacia dell’atto di rescissione del contratto tra il comune di Caserta e la Di Gennaro, ripetiamo, tra le altre cose, già scaduto, condannando il comune al pagamento delle spese processuali.

Questa sentenza pone le condizioni affinché la Di Gennaro Spa promuova un’azione di risarcimento danni nei confronti del comune di Caserta per non aver potuto partecipare a gare per affidamenti del genere, proprio a causa della grave azione civile, attuata dal dirigente Biondi e che ha portato alla rescissione del contratto con motivazione che definire, a questo punto, ridicole, com’è del tutto evidente dalla ricostruzione fatta dal giudice Graziano, rappresenta un eufemismo.

E se il comune dovrà risarcire questi soldi, voi pensate che, come sarebbe giusto che fosse, il signor Biondi venga chiamato in causa per metterceli di tasca sua, visto che gli atti facilmente demoliti dal tribunale recano la sua firma?

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