CASERTA – (g.g.) C’è una storia che gira nella rete e anche in alcuni organi di informazione, alimentata dalla testimonianza di Alfredo Romano, titolare del locale, un ristorante-pizzeria-bar Embè di via Tescione, a un passo dall’ospedale. Il marchio di questo locale, peraltro abbastanza noto in città, sicuramente si sta giovando della narrazione di cui dicevamo. Non abbiamo ancora compreso se il titolare Alfredo Romano, nei racconti appena citati, compaia direttamente o se i giornali abbiano acquisito informazioni da lui o da altre fonti per scrivere di un pestaggio che avrebbe subito da parte di due non meglio precisati organizzatori di eventi.
Senza
Ora, noi dell’attività imprenditoria di Giuseppe Giaquinto abbiamo raccontato più volte. Spesso e volentieri non certo con parole lusinghiere, contestando, come del resto facciamo con tante altre imprese, che lavorano esclusivamente con gli enti locali, con il settore pubblico e dunque grazie ai quattrini della gente, alcune procedure, fatti, circostanze che ci sembravano chiaramente emblematiche del rapporto improprio, spesso avvelenato tra pubblica amministrazione e imprenditoria privata o presunta tale, di questa provincia.
Detto
Eppure noi non ci possiamo credere alla storia di Peppe Giaquinto come l’incredibile Hulk.
A questo punto, rimanendo a disposizione di Alfredo Romano, per un eventuale precisazione, vorremmo però conoscere, prima di tutto se è stata presentata una denuncia ai carabinieri, alla polizia o alla guardia di finanza su questo episodio che sarebbe avvenuto nel suo locale. Altra cosa: se il titolare di Embè è così sicuro di quello che è capitato, perchè non rendere pubbliche le immagini delle telecamere presenti nel suo locale come giusto strumento di prevenzione, rispetto anche ad eventi di questo tipo?
Naturalmente abbiamo scritto questo articolo perchè Giuseppe Giaquinto afferma che all’interno di Embè sia accaduto esattamente il contrario di quello che Romano dice. E cioè che sarebbe stato lui ad essere aggredito e non il contrario. In questi casi, si sa, occorre chiudere le partite con le prove e soprattutto una denuncia circostanziata presentata alle forze di polizia che ti espone però al rischio di una querela o un procedimento d’ufficio per calunnia, qualora quelle accuse di rivelassero infondate, rappresentano la soluzione più seria e più equa per stabilire il reale andamento dei fatti.