CASERTA. INCARICHI NASCOSTI DAL COMUNE. Il Tar Campania tira le orecchie a Carlo Marino e al prefetto Giuseppe Castaldo. Atti mancanti e il “caso mappazzone”
30 Giugno 2023 - 17:01
Il ricorso dell’avvocato Luigi Adinolfi porta ancora una volta i giudici amministrativi ad ordinare al comune, tramite l’attività di un commissario ad acta prefettizio, di pubblicare elenchi, nomine, curriculum e retribuzioni
CASERTA – In questo festival delle carte nascoste, omesse e inviate a metà, possiamo dire che, alla fine, oltre a Carlo Marino e al comune di Caserta, a non farci una bellissima figura è anche la Prefettura di Caserta.
Stiamo parlando della vicenda degli atti relativi ad incarichi e consulenze di soggetti nominati e retribuiti dal comune di Caserta e che non sono stati mai pubblicati dall’amministrazione.
Questa battaglia di CasertaCe sul rispetto delle norme sulla trasparenza, previste anche da un decreto ad hoc, il 33 del 2013, in questi anni è stata fatta sua l’avvocato casertano Luigi Adinolfi.
Infatti, lo scorso anno il legale aveva portato il comune di Caserta in tribunale, chiedendo al Tar della Campania che Carlo Marino e soci pubblicassero la documentazione relativa a e incarichi e consulenze attributi in questi anni da Palazzo Castropignano.
I giudici amministrativi della Campania hanno dato ragione ad Adinolfi, prima obbligando il comune di Caserta a rendere noto nomi e retribuzioni degli incaricati, poi, visto che l’amministrazione del capoluogo non aveva mostrato nessuna intenzione di ottemperare a questa sentenza, Il TAR della Campania ha nominato il prefetto di Caserta (o un suo dirigente delegato) quale commissario per l’attuazione del dispositivo, ovvero il prefetto Giuseppe Castaldo aveva ricevuto il compito di rendere pubblici questi elenchi di nomi, in considerazione del fatto che nessuno al comune aveva compiuto l’operazione.
Arrivata a dicembre 2022 la sentenza di nomina del prefetto quale commissario ad acta, dagli uffici del comune di Caserta si sono svegliati e Il 19 gennaio 2023 comunicano a Palazzo Acquaviva di aver predisposto la documentazione da rendere nota.
A distanza di circa un mese dalla nomina quale commissario voluta dal Tar, al prefetto arrivava anche una lettera di Adinolfi, il quale compulsava gli uffici della prefettura affinché attivassero le operazioni commissariali, visto che questi nomi, questi incarichi e queste retribuzioni non erano state ancora resi pubblici.
Ma a questo punto re-interviene il comune di Caserta, contattato dalla prefettura, rispondendo il 16 febbraio e comunicando di aver eseguito la sentenza, inviando i dati alla presidenza del Consiglio dei Ministri, così come la legge prevede.
Adinolfi, però non è affatto pago della documentazione trasmessa dal comune, visto che non sarebbe possibile rendersi conto dell’invio annuale delle comunicazioni sugli incarichi del comune alla Presidenza del Consiglio e le precise informazioni richieste su tali atti.
Carlo Marino e compagnia non avrebbero inviato i documenti anno per anno alla Presidenza del Consiglio ma, solo dopo il caso sollevato dall’avvocato Adinolfi, hanno formato un mappazzone, un insieme di documenti datato 2013-2022, inviato negli scorsi mesi a Roma come se niente fosse.
Questa cosa, in buon sostanza, non si può fare. E i dirigenti che hanno firmato questi mandati di pagamento per gli incarichi presenti nel mappazzone rischiano multe salatissime.
Ed è proprio su tale violazione che l’avvocato Adinolfi ha presentato l’ultimo ricorso, quello di cui stiamo trattando.
Ma alla prefettura, invece, ciò che è stato fatto dal comune di Caserta tanto basta per chiudere la storia, senza l’insediamento di un vero commissario.
A questo punto, Adinolfi si è visto costretto a ricorrere di nuovo al TAR della Campania, impugnando proprio la nota del 21 febbraio della Prefettura di Caserta con la quale blocca la propria attività commissariale, vista la presunta ottemperanza della pubblicazione degli elenchi da parte del comune di Caserta.
Abbiamo parlato di “presunta ottemperanza” perché nelle scorse ore il Tar ha dato ragione proprio ad Adinolfi e i giudici hanno stabilito che le sentenze del luglio scorso e di dicembre non sono state rispettate sia dal comune di Caserta, sia dalla Prefettura.
Il ricorso di Adinolfi è stato ritenuto in parte fondato poiché, sostanzialmente, il prefetto non si è mai insediato, né lui né un suo dirigente delegato come commissario ad acta. Questo ha comportato, scrivono i giudici, “la perdurante in osservanza delle statue azioni giudiziarie“, ovvero la mancata pubblicità degli incarichi e delle consulenze retribuite dal comune di Caserta.
La sentenza di luglio scorso che dava ragione ad Adinolfi sulla pubblicazione della documentazione richiesta relativa a consulenti incarichi, scrivono i giudici, era stata sostanzialmente dimenticata e questa operazione di trasparenza, visto che il comune di Caserta non l’aveva compiuta, i giudici l’avevano demandata al potere del prefetto Giuseppe Castaldo.
Ma, come detto, da questa sentenza emerge chiaramente come, secondo il Tar, non ci sarebbe stato un vero e proprio insediamento del commissario ad acta, condizione che ha contribuito alla mancata ottemperanza delle richieste.
Per questo motivo, i giudici della sesta sezione del tribunale amministrativo regionale per la Campania hanno accolto in parte il ricorso presentato da Adinolfi, ordinando al commissario ad acta, cioè di nuovo il prefetto un suo delegato, “al compimento degli altri necessari alla integrale esecuzione delle sentenze nei prossimi 30 giorni“.
Tornando all’inizio di questo articolo, ora sarà più chiaro a voi lettori perché abbiamo scritto che la Prefettura di Caserta non ha fatto un’ottima figura in questa brutta storia – non la prima e sicuramente non l’ultima – di nomine, incarichi, atti nascosti dal comune di Caserta e sul rispetto del principio cardine della trasparenza delle pubbliche amministrazioni.