Confisca definitiva degli appartamenti dello zio di Augusto La Torre

6 Agosto 2024 - 22:25

La Corte di Cassazione ha respinto l’ultimo ricorso presentato dai difensori di Aldo La Torre

MONDRAGONE – La Corte di Cassazione, prima sezione penale, presidente Giuseppe Santalucia, com’è bito a molti anche presidente nazionale dell:Associazione nazionale Magistrati, acronimo Anm,, ha deciso: pasano definitivamente nel patrimonio dello Stato i beni, appartenuti un tempo allo zio del boss Augusto La Torre.

I beni in questione sono quelli di Aldo La Torre, 78enne come già scritti zio del capoclan dei Chiuovi di Mondragone. I giudici della legittimità hanno respinto il ricorso presentato dagli avvocati del congiunto del boss con cui veniva impugnata la sentenza della Corte di Appello di Napoli, che, a sua volta, aveva dato pieno riscontro positivo ad un primo provvedimento di confisca sancito dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che raccoglieva un lavoro pregevole svolto dalla Procura della Repubblica omonima.

Confiscati definitivamente appartamenti riconducibili ad Aldo La Torre e a suo nipote, il super boss Augusto La Torre,. Questi appartamenti erano stati costruiti su un terreno ubicato a Mondragone in via Padule

In pratica, la Corte Suprema, confermando la sentenza dell’ Appello, ha anche pienamente confermato la pronuncia della sezione delle misure di prevenzione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere in merito alla confisca di questi appartamenti realizzati sul già citato terreno di via Padule, per la cui disponibilità il possessore era stato, per così dire, “ristorato” con la cifra di 22.500 euro.

In effetti la Cassazione ha confermato quella che era la sostanza delle motivazioni della Corte d’Appello, la quale, nonostante i 78 anni – al tempo di quel verdetto uno o due in meno – aveva confermato la pericolosità sociale di Aldo la Torre dovuta a una sua pregressa appartenenza diretta al clan capitanato dal nipote, datata 1995 .

Di questo investimento, avvenuto tra il 1995 e il 1896, in piena concordia con lo zio Aldo, aveva parlato lo stesso Augusto La Torre nel breve periodo in cui era stato considerato ed era stato trattato come un collaboratore di giustizia.