CORONAVIRUS. Mascherine come lingotti d’oro. In una farmacia si vendono solo se scuci 90 euro

12 Aprile 2020 - 11:51

La titolare ne ha annunciato l’arrivo e poi, sopportando qualche polemica ha imposto la sua impostazione commerciale. Non piace, anche se è formalmente legittimo

SANT’ANGELO IN FORMIS (CAPUA) – (g.g.) Quello che pensiamo sulle polemiche oziose e piene di provinciale conformismo aperto da qualche farmacista sul nostro articolo riguardante la vendita di alcune mascherine in una struttura di Caserta, l’abbiamo già detto (CLIKKA QUI PER LEGGERE).

Abbiamo voluto scrivere questo nostro pensiero proprio perchè è importante utilizzarlo anche come premessa di quest’altro breve articolo, che più che altro una segnalazione.

La farmacia Tiscione di Sant’Angelo in Formis di cui è titolare Giusy Paternuosto, ha utilizzato nei giorni scorsi lo strumento dei social per annunciare in una sorta di countdown, l’arrivo di una partita di mascherine chirurgiche.

E fin qui, niente di che. Quelle mascherine sono utili, utilissime in questo momento e hanno una funzione sociale che giustifica, in piena epidemia di coronavirus, l’utilizzo dell’informazione social che, se si chiama così, ci sarà pure un perchè.

E’ giusto che ogni mascherina venduta da quella farmacia venga regolarmente pagata, secondo un prezzo che poi dipende anche dalla sensibilità del farmacista in questione, appartenente ad una categoria di ricchi che magari potrebbero anche fare un pò di beneficienza su queste cose. Ma diciamo che ciò non è certamente obbligatorio, mentre è un diritto quello di farsi pagare la vendita di questo oggetto divenuto preziossissimo e agognatissimo.

Quello che ci ha colpiti e che indispettito anche molti che hanno commentato, sempre attraverso facebook, questa informazione fornita dalla farmacista Paternuosto, è rappresentato dal contenuto dell’annuncio finale: finalmente le mascherine sono arrivate. Pacchi da 50 pezzi.

Dunque, non “in pacchi da 50 pezzi”, ma “pacchi da 50 pezzi“. L’assenza della preposizione semplice, apparentemente insignificante, significa, eccome. Segnalando infatti che le mascherine erano custodite in pacchi da 50 pezzi, questa farmacista avrebbe fornito un’indicazione ai potenziali acquirenti sulla possibilità di acquistarle in numero rilevante, magari un pacco intero, lasciando non aperta la possibilità, per chi magari non se lo può permettere, e sono tanti, della vendita anche di una singola mascherina, oppure di 2, 3, 5 o 10 di queste mascherine.

Invece, “pacchi da 50 pezzi“. Qui, la signora Paternuosto ha dimostrato più talento per il commercio che per la professione che, invece, svolge. E d’altronde, tutti hanno capito bene. Qualcuno ha protestato. Ma la signora Paternuosto ha risposto che la vendita è solo per scatola, perchè quelle mascherine sono sterili e quindi verrebbero contaminate, in caso di vendita, diciamo così, sfusa.

Ora, tante farmacie stanno vendendo le mascherine a pezzi, cioè accontentando i clienti in base alle loro tasche. Ciò significa che in tante altre farmacie non è stato considerato un problema come quello della sterilità.

A pensarci bene, la farmacia non è un negozio di generi alimentari, ma un luogo sanitario nel quale chi ci lavora ha la possibilità di mettere a punto attività e presidi in grado di tutelare la sterilità delle preziose mascherine.

E poi, quelle chirurgiche sono presidi che storicamente appartengono alla categoria dell’usa e getta. Anche per questo non costano come le altre mascherine, tipo ffp2 e ffp3. Insomma, in questa farmacia, almeno fino a ieri, chi voleva acquistare mascherine chirurgiche doveva scucire 90 euro.

Ripetiamo, legittimo, ma non certo edificante.

 

QUI SOTTO L’ANNUNCIO DELLA FARMACIA TISCONE