Dipendente delle Poste accusata di truffa alle compagnie assicurative. Reintegrata per totale insussistenza del fatto

5 Gennaio 2024 - 14:13

“L’ONORE E IL LAVORO”

Il caso giurisprudenziale di questo mese assume rilievo, oltre che per il merito della vicenda, per il peculiare sviluppo processuale che lo ha interessato.

Una dipendente della società Poste Italiane Spa viene licenziata, insieme ad altri colleghi di lavoro con ella adibiti presso un ufficio postale della provincia di Caserta, nell’ambito di un’operazione svolta dal servizio ispettivo interno di Poste, il Fraud Management e Security Intelligence (FMSI), perché ritenuta coinvolta in un giro di truffe alle compagnie assicurative.

Le condotte contestate erano molteplici, ma integrate prevalentemente dall’accusa di aver aperto libretti di risparmio a nome di soggetti non meglio identificati (assenza di copia del documento di riconoscimento) o in assenza del presunto intestatario (non risultava effettuata la preventiva chiamata del cliente allo sportello), sui quali sarebbero stati versati assegni ottenuti dalle compagnie assicurative a seguito di contenziosi, al solo fine di cambiare i detti assegni in quanto i libretti in contestazione non risultavano mai movimentati.

Al nostro studio si rivolse solo la lavoratrice protagonista di questa storia, ma la questione era complessa e, per quanto ci è dato sapere, presso quell’ufficio postale era effettivamente accaduto qualcosa di illecito.

Tutte le volte che un avvocato ha un dubbio sulla innocenza del proprio assistito prende tempo prima di accettare l’incarico.

Mentre prendevamo tempo, cercavamo di acquisire quante più informazioni possibili parlando con la lavoratrice, scrutandone l’espressione del volto, osservando i gesti e le reazioni alle nostre domande.

All’improvviso arrivò quello che stavamo cercando!

Il marito della signora raccontò che proprio il giorno in cui era arrivata la contestazione disciplinare alla moglie, nella quale la società muoveva lei le pesanti accuse, dovevano andare ad una festa, la comunione del figlio di un parente.

La lavoratrice, affranta, saltò la festa e il marito andò da solo.

Lì, nel bel mezzo della cena, a tavola, una signora, con tono alto e a metà tra la domanda e l’affermazione, esordì: “avete sentito di quei lavoratori dell’ufficio postale che facevano le truffe per rubarsi i soldi?!”. A quel punto, lui, preso da un senso di frustrazione, misto a vergogna e dolore, abbandonò la festa e tornò a casa, al fianco di sua moglie.

Lui, che la conosceva bene, era convinto della sua innocenza; così, me ne convinsi anch’io.  

Adesso bisognava dimostrare l’estraneità della lavoratrice rispetto al disegno illecito dell’accusa, valutare ogni singola condotta e, pur se sussistente, dimostrarne l’assoluta legittimità.

Tuttavia, all’esito della fase sommaria del giudizio di primo grado, il Tribunale di S. Maria C.V., pur escludendo che la lavoratrice avesse agito nell’ambito del disegno illecito delle truffe alle compagnie assicurative, ritenne i fatti sussistenti e disciplinarmente rilevanti, sebbene non così gravi da legittimare la giusta causa del licenziamento. Pertanto, in applicazione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, nella nuova formulazione, dichiarò risolto il rapporto di lavoro, ma riconobbe alla lavoratrice il risarcimento del danno.  

Era già un risultato, ma eravamo convinti dell’innocenza della dipendente e il motivo del licenziamento era troppo grave, non potevamo fermarci.

Proponemmo, così, opposizione alla ordinanza emessa all’esito della fase sommaria e, in quel giudizio, dimostrammo che alcune specifiche condotte oggetto di contestazione, sebbene sussistenti, erano in realtà delle prassi consolidate nell’ordinario espletamento della prestazione lavorativa. Per fare un semplice esempio, l’esecuzione di un’operazione allo sportello senza la preventiva chiamata del cliente poteva lecitamente avvenire per vari motivi, dal cliente che avesse perso il proprio turno, alla donna in stato di gravidanza, oppure in assenza di fila. 

La prassi delle condotte, conosciute e tollerate dalla Società, ne escludeva l’antigiuridicità.

All’esito del giudizio di opposizione, il Tribunale di S. Maria C.V., nella persona del Giudice dott.ssa Maria Caroppoli, dispose la reintegra della lavoratrice nel posto in precedenza occupato, ritenendo non solo la stessa estranea al disegno criminoso di truffa, ma anche le condotte dalla stessa poste in essere di lieve rilevanza giuridica, così da poter essere collocate tra quelle punite dalla contrattazione collettiva con sanzione conservativa.  

La lavoratrice aveva riavuto il suo posto di lavoro. 

Poste Italiane, però, non si arrese e presentò reclamo dinanzi la Corte di Appello di Napoli, insistendo affinché il licenziamento fosse dichiarato legittimo.

Nel redigere la memoria difensiva in sede di reclamo, sapendo quanto importante fosse per la lavoratrice, non solo conservare il posto di lavoro riconquistato, ma altresì ripristinare totalmente il proprio onore, ci spingemmo oltre la mera difesa della posizione assunta dal Tribunale e chiedemmo alla Corte di Appello di Napoli di confermare la statuizione di reintegra disposta nella sentenza emessa nel primo grado di giudizio ma, in accoglimento delle argomentazioni spiegate in quella sede, di modificarne la motivazione dichiarando il fatto addebitato insussistente.

Così, la Corte di Appello di Napoli, ritenendo corretta la sentenza del primo grado, ha rigettato il reclamo proposto dalla società e, sulla premessa che le condotte effettivamente poste in essere dalla lavoratrice, in quanto consentite e non vietate dal datore di lavoro, fossero prive di rilievo disciplinare, ha ritenuto il fatto insussistente.

Pertanto, il Collegio napoletano, aderendo alla richiesta della difesa della lavoratrice, ha confermato la sentenza di primo grado, ma con diversa motivazione.

Adesso la lavoratrice era pienamente soddisfatta, era stata reintegrata nel posto di lavoro e il suo onore integralmente ripristinato.       

Nella vostra quotidianità fate sempre ciò che vi rende felici e non abbiate paura di lottare per quello in cui credete, ma quando la lotta riguarda un rapporto lavorativo rivolgetevi ad un buon avvocato!