Ecco come le banche “rubano” i soldi ai cittadini. La Corte di Appello annulla un debito di 150mila euro. Addebiti sul conto illegittimi. Cosa potrebbe cambiare ora

26 Luglio 2024 - 18:17

I giudici di secondo grado hanno accolto totalmente le tesi dell’avvocato Gianluca Casertano. Gli istituti di credito ora sono esposte in conseguenza di questo precedente, destinato a diventare presto giurisprudenza, e in tanti potrebbero vedersi restituire quattrini illegittimamente rivendicati con l’aggressione delle ingiunzioni. Inutile il tentativo compiuto per distaccare la responsabilità delle persone fisiche garanti da quelle del presunto debitore, che poi in realtà debitore non era

È cosa ormai risaputa che le banche talvolta siano soggetti di diritto privato in grado di influire efficacemente sulla vita economica del nostro Paese in maniera piuttosto negativa, attraverso una serie di pratiche scorrette, ostacoli ed ostruzionismi, reiterati nel tempo, orientati a mandare in default le grandi imprese, veri operatori dell’economia nazionale.

Basti pensare, in tema di finanziamenti, infatti, alla manipolazione da parte di un gruppo di banche del tasso Euribor così come accertato dalla Commissione Europea nel 2013 ed dall’ordinanza recettiva della Suprema Corte di Cassazione n. 34889/2023 che ha dichiarato, di conseguenza, la nullità dei pagamenti effettuati a titolo di interessi su mutui, finanziamenti e leasing indicizzati al tasso Euribor nel periodo 29 settembre 2005 – 30 maggio 2008, e ciò anche se l’istituto mutuante non rientra tra quelli sanzionati per aver preso parte all’intesa manipolativa.

Dopo tutta una serie di giudizi incardinati proprio per la declaratoria di nullità della previsione contrattuale che prevede la determinazione del tasso d’interesse in misura variabile con parametrizzazione al ridetto saggio Euribor, la questione è stata rimessa alle Sezioni Unite della Cassazione ed attualmente si trova al vaglio di quest’ultima.

Ma i comportamenti scorretti ed illegittimi degli istituti bancari numerose volte hanno effetti devastanti non solo sulle aziende ma anche sulle persone fisiche, ogni qualvolta queste si impegnino ad assumere la veste di garante delle obbligazioni societarie; la fideiussione è appunto il tipo di garanzia utilizzata nei rapporti contrattuali tra banca ed impresa, con cui un soggetto (fideiussore) si fa garante delle obbligazioni presenti e future (debiti) assunte da una persona o da un’azienda. Nel caso in cui il debitore (correntista) non paghi quanto dovuto, il creditore (banca) potrà aggredire il patrimonio del garante fideiussore.

Quanto descritto è la vicenda giudiziaria civile che ha visto protagonisti i fideiussori di una nota ed importante società di marketing e comunicazioni operante su tutto il territorio nazionale coinvolti in un contenzioso contro un istituto bancario e che si è conclusa e per i primi con esito vittorioso nel secondo grado di appello con la sentenza della Corte d’Appello di Napoli qui sotto riportata.

Ad inizio 2018 alla società e ai suoi due fideiussori veniva ingiunto dalla banca il pagamento della somma di 150 mila euro circa per saldo debitore sui conti correnti intrattenuti dalla società con l’istituto.

Con il patrocinio dell’avvocato Gianluca Casertano del Foro di Santa Maria Capua Vetere, la società e i due fideiussori si sono opposti al decreto ingiuntivo chiedendone la revoca, essendo la somma ingiunta frutto di una serie di addebiti illegittimi praticati dalla banca sui saldi dei conti correnti (dichiarati infatti nulli in sede di appello).

Il Giudice di primo grado con decisione del 2020 aveva dimezzato l’importo del debito della società e dei fideiussori condannandoli al pagamento del minor importo di 72 mila euro circa.

Tuttavia, lo stesso giudice non si era espresso sull’eccezione della banca convenuta secondo cui i due garanti non avrebbero potuto proporre le eccezioni relative ai rapporti di conto corrente della società in quanto la garanzia da loro prestata non sarebbe stata da qualificarsi come fideiussione bensì come contratto autonomo di garanzia con tutte le conseguenze connesse alla validità del decreto ingiuntivo originario nei loro confronti!

L’avv. Casertano, non soddisfatto dell’esito della sentenza di primo grado forniva ai suoi assistiti parere favorevole sulla proponibilità dell’appello, incardinando giudizio innanzi alla Corte d’Appello di Napoli con cui chiedeva l’azzeramento del debito nei confronti della banca appellata, stante l’erronea valutazione da parte del primo giudice di alcuni addebiti sui conti correnti ritenuti legittimi e, quindi, non scomputati nella rettifica dei saldi.

L’istituto bancario in appello, oltre a contestare le tesi dell’avv. Casertano, proponeva appello incidentale lamentando per i due garanti l’impossibilità di proporre eccezioni di illegittimità in ordine ai rapporti di c/c, perché in presenza di una garanzia autonoma svincolata dalle vicende del rapporto principale.

Ebbene la Corte Partenopea nel gennaio 2024 ha accolto le difese dell’avv. Casertano sia riconoscendo ai due garanti fideiussori la legittimazione a proporre le stesse eccezioni proposte dalla società debitrice (cosa nei fatti avvenuta) e sia la non debenza da parte dei propri assistiti di alcuna somma di danaro nei confronti della banca.

Per i due fideiussori in particolare si è trattata di una vittoria superba, infatti, è la terza in Italia dal 2023, ma seppure la pronuncia ha annullato il credito bancario nei loro confronti non ha eliminato i gravi pregiudizi subiti fino a quel momento primo fra tutti l’impossibilità di accesso al credito bancario perché segnalati negli archivi della Centrale Rischi di Banca d’Italia e di altre banche dati come la Crif.

Un danno non di poco conto considerato che uno dei due fideiussori del caso in esame è un imprenditore, per cui la possibilità di richiedere finanziamenti, mutui e di operare in generale con le banche è fondamentale e considerato anche l’epoca travagliata a livello economico in cui è arduo non solo esercitare un’attività imprenditoriale ma anche e soprattutto vivere dignitosamente così come auspica la nostra Costituzione all’art. 36.