Facoltà di SCIENZE POLITICHE, le “solite” marchette. Assurdo dottorato di ricerca ad Angela Del Vecchio, e vi spieghiamo perché. Mentre per quello dato alla figlia di Donatella Cagnazzo…

2 Dicembre 2023 - 14:02

La notizia la conosciamo da diversi giorni, ma non abbiamo avuto il tempo per trattarla in maniera conveniente e per ragionarci su a tutela soprattutto del direttore del Dipartimento Francesco Eriberto D’Ippolito e delle dirette interessate. Un metodo che non convince, volendo usare un eufemismo, e che consegna l’Università Vanvitelli ad una condizione di mediocrità in quanto finisce per apparire fagocitata dal marchio clientelare “Doc” casertano e non affrancare, al contrario, il territorio con la medicina della cultura

CASERTA (Gianluigi Guarino) – La facoltà di Scienze Politiche non è mai stata il fiore all’occhiello dell’Università casertana.

Non lo è stata ai tempi della Sun, non lo è oggi. Oddio, ci si sarebbe potuti accontentare in passato e ci si potrebbe accontentare oggi anche di qualcosa di meno prestigioso, intra metafora, di meno luminescente di un fiore all’occhiello. Ci si sarebbe potuti accontentare anche di una facoltà normale che cresce e fa crescere i suoi migliori laureati. Anche perché, a suo tempo, fu intitolata a Jean Monnet, non uno qualsiasi ma uno dei padri di quella che nacque come Comunità Economica Europea e che oggi è diventata Unione Europea.

E invece, la facoltà di Scienze Politiche mostra, oggi ancor di più di quanto non abbia fatto ai tempi della direzione del professore Gian Maria Piccinelli, una disgraziata attitudine, che somiglia sempre di più a un destino irrefrenabile, irresistibile, a collegarsi con i sistemi di questo territorio arretrato e culturalmente involuto, nel peggior modo possibile, assecondandolo in pieno e alimentando, dunque, i meccanismi clientelari più beceri che lo contraddistinguono.

E quando questa forma di conservazione reazionaria del brutto, di un brutto che governa, decide, coinvolge un’università, cioè quella che dovrebbe essere e rappresentare la massima agenzia del sapere, l’Ateneo corrivo provoca e si autoprovoca un danno doppio, se non triplo.

Quantomeno, ai tempi di Gian Maria Piccinelli si distribuivano dottorati di ricerca e nomine di ricercatori o di assistenti universitari utilizzando una parvenza di discriminante culturale. I nominati, perlomeno sulla carta, sempre naturalmente per quelli che sono i parametri molto bassi di questo territorio, avevano fatto e rappresentato qualcosa nel mondo delle istituzioni, nel mondo della cultura. Anche in quel caso il discrimine culturale era stato sovrastato, senza ombra di dubbio, dalle ragioni della regina delle pratiche clientelari, quella del do ut des, ma almeno, ripetiamo, almeno l’apparenza era stata salvata.

Oggi, invece, nemmeno quella. Si procede senza alcun freno inibitore. Il preside o Direttore di Dipartimento che dir si voglia, Francesco Eriberto D’Ippolito, ha rafforzato, cementato un rapporto strettissimo con il sindaco di Caserta Carlo Marino, che va ben al di là della normale e doverosa relazione istituzionale e, come si suol dire, questo già significa tanto e non certo in senso positivo per il prestigio dell’Ateneo in considerazione soprattutto dei non lievi guai giudiziari che attraversano la vita del primo cittadino del capoluogo.

In questa circostanza non possiamo spendere parole positive nei confronti della presidente dell’Ordine degli Avvocati del foro di Santa Maria Capua Vetere Angela Del Vecchio, che, in passato, invece, abbiamo difeso moltissimo soprattutto negli ultimissimi anni, quando abbiamo denunciato una manovra antidemocratica di una ristretta oligarchia pseudo aristocratica degli avvocati casertani, i quali, in due o tre occasioni, hanno aggirato l’evidenza di un risultato democratico pur di impedire alla Del Vecchio di arrivare alla carica che le regole della democrazia (e non certo gli artifizi o motivazioni oblique ed oscure) avevano determinato.

Noi, come capita sempre o quasi sempre per le persone di cui scriviamo, non abbiamo mai parlato con l’avvocato Del Vecchio. Pensate un po’ che, recentemente, lei è stata presente nel mio paese, San Lorenzello, alla presentazione del libro molto bello di Lina Barbieri mia compaesana, sposata e trapiantata in provincia di Caserta, ci siamo letteralmente sfiorati all’interno di una sala molto affollata e non abbiamo nemmeno scambiato un saluto. Ma non per maleducazione reciproca. Ma perché, semplicemente, io, personalmente, non conosco Angela Del Vecchio e lei non conosce me, se non per una fugacissima presentazione, avvenuta in un locale di Caserta, durata non più di 5 secondi e che perciò non fa testo.

E questo è sempre la migliore cosa in quanto noi non abbiamo il compito di parlare di noi o di inquinare la trattazione che svolgiamo in un articolo. Ed è questa la migliore dimensione, conoscersi e rispettarsi per quelli che sono i reciproci ruoli. Uno status che oggi ci permette di esprimere qualche serena e costruttiva critica all’avvocato Del Vecchio, partendo da una domanda apparentemente strana, irrituale: quanti anni ha l’avvocato Angela Del Vecchio? L’età non si domanda alle signore, non appartenendo quest’azione a ciò che viene definito comunemente il bon ton ma, esprimendoci un attimo in lingua “avvocatese”, affermiamo che nel caso di specie la domanda non è sfacciata, non è impertinente, perché ha a che fare con la sua recente nomina pubblica, effettuata dal preside Francesco Eriberto D’Ippolito, che le ha assegnato un dottorato di ricerca.

Ora domando: cos’è un dottorato di ricerca? Si attribuisce a quegli studenti meritevoli, a quegli studenti che hanno compiuto un percorso di studi esemplare e che intendono rimanere all’interno dell’università per approfondire i loro saperi, ma anche per verificare l’esistenza della possibilità di intraprendere una carriera accademica. Il dottorato di ricerca è roba da giovani e, soprattutto, per giovani.

L’ avvocato Del Vecchio non può essere considerata, misurando l’affermazione alla sua carta d’identità e non alle battute stupide che questa nostra affermazione potrebbe determinare, una persona giovane. Oltre a ciò, è anche il presidente dell’Ordine degli avvocati. Una istituzione importantissima antica e prestigiosa. Non si è mai visto, a memoria d’uomo, che il presidente dell’Ordine degli Avvocati vada ad acquisire un dottorato di ricerca, che rappresenta il premio, il riconoscimento attribuito ad un giovane studente, ad una giovane studentessa, che hanno mostrato grandi qualità nel percorso didattico e accademico, sviluppando un lavoro di studio molto duro e partecipando con entusiasmo e assiduamente alle attività universitarie. Un altro dottorato di ricerca è stato attribuito da Francesco Eriberto D’Ippolito alla figlia di Donatella Cagnazzo e di Adolfo Russo. In questo caso, il giudizio è sospeso, perché, se da un lato si potrebbe dire, ecco qua la solita Donatella Cagnazzo, sta sempre in mezzo quando ci sono cariche o quanto ci sono incarichi da catturare, dall’altro lato, essendo la neo dottoressa di ricerca Russo, una giovane laureato, che legittimamente aspira a un dottorato di ricerca, io e noi di Casertace non possiamo assolutamente sostenere che la giovane figlia della Cagnazzo e dell’avvocato Adolfo Russo non abbia maturato capacità e competenza per ottenere il riconoscimento attribuitole e non siamo in grado di asserire che la figlia di Donatella Cagnazzo e di Adolfo Russo non fosse la migliore già in partenza fra gli aspiranti al dottorato di ricerca, in una delle materie il cui insegnamento è erogato dalla facoltà di Scienze Politiche.

Non ce ne voglia, invece, l’avvocato Angela Del Vecchio se ritorniamo a battere il tasto sulla sua vicenda e se ci sentiamo in scienza e coscienza di invitarla a lasciare, a rinunciare a questo incarico, magari aprendo, nell’ambito dell’Ordine degli Avvocati, un percorso di esplorazione tra i giovani laureati in Scienze politiche e in Giurisprudenza, previa convenzione con l’Università della Campania Luigi Vanvitelli, affinché i giovani individuati possano acquisire quel riconoscimento anche economico di circa 1.400-1500 euro al mese, compenso che viene riconosciuto ai dottori di ricerca e che rappresenta veramente ossigeno esistenziale per un giovane laureato.

In conclusione, ci chiediamo per quale motivo la presidente dell’Ordine degli Avvocati va a fare un dottorato di ricerca a Scienze Politiche e non alla facoltà di Giurisprudenza. Anche questo il professore D’Ippolito dovrebbe chiarire.

Per questo e per altri motivi, ultimamente, questo D’Ippolito ha incuriosito Casertace, rimasta colpita da tutta quella serie di convegni, di cui è stato interessante per noi declinare l’elenco degli invitati. Possiamo a questo punto affermare che l’attività della facoltà di Scienze Politiche dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli rappresenterà, da qui in poi, un target di controllo di analisi e di esposizione concettuale di questo giornale, che ormai vanta una lunga e consolidatissima tradizione in attività di questo genere, molto simili a quelle che effettuano i veri dottori di ricerca nelle università.

Per il resto, possiamo solamente chiedere al rettore Gianfranco Nicoletti di invitare i suoi presidi a non svilire, a non snaturare il concetto stesso di dottorato di ricerca, che ha una precisa natura, una precisa missione che non è certo quella di distributore di prebende, così com’è successo nel caso del presidente l’Ordine degli avvocati del Foro di Santa Maria Capua Vetere, a prescindere che questi si chiami Angela Del Vecchio, Pinco palla o in qualsiasi altro modo.