Frode fiscale con fatture false: ricorsi inammissibili, la Cassazione conferma due condanne

22 Settembre 2025 - 10:17

Lo schema prevedeva l’aumento artificioso dei costi aziendali per ridurre il carico fiscale, con pagamenti che venivano poi ritirati in contanti o convertiti in assegni

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CASERTA – La Suprema Corte di Cassazione ha messo la parola fine al processo per frode fiscale che vedeva imputati Antonio Della Gatta, 45 anni, di Aversa, e Giuseppe Maisto, 51 anni, di Caserta. I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili, rendendo definitive le condanne pronunciate nei precedenti gradi di giudizio.


Secondo le indagini della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Entrate, i due avevano ideato un sistema fraudolento basato sull’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, tramite le società Gruppo Dega e Dega Costruzioni. Lo schema prevedeva l’aumento artificioso dei costi aziendali per ridurre il carico fiscale, con pagamenti che venivano poi ritirati in contanti o convertiti in assegni.


Il procedimento era iniziato presso il Tribunale di Napoli Nord, che nel giugno 2020 aveva condannato Della Gatta a 3 anni e 6 mesi e Maisto a 2 anni e 7 mesi di reclusione, disponendo anche la confisca di un immobile a Riccò del Golfo (La Spezia). In appello, a ottobre 2024, la pena di Maisto era stata ridotta a 2 anni e 4 mesi per intervenuta prescrizione parziale.


Le contestazioni riguardavano tre episodi di dichiarazione fraudolenta con uso di fatture false per entrambi gli imputati, oltre all’emissione di fatture inesistenti contestata a Maisto. Secondo i giudici, la Dega Costruzioni era una società fittizia, priva di personale e mezzi adeguati, utilizzata da Della Gatta come “scudo” fiscale.
Decisiva anche la vicenda dell’immobile ligure, formalmente intestato alla moglie di Della Gatta ma acquistato con fondi riconducibili all’imputato. La Cassazione ha confermato la confiscabilità del bene, considerandolo frutto diretto del reato.


Oltre alla pena detentiva, i due dovranno versare 3.000 euro ciascuno alla Cassa delle Ammende e farsi carico delle spese processuali.
Con

questo verdetto, la Cassazione ha confermato l’esistenza di un sistema fraudolento accuratamente pianificato, respingendo ogni tentativo di derubricazione dei fatti a condotte meno gravi.