GOMORRA 5. Camillo Belforte e l’età dell’innocenza. Il rapporto con i Quaqquarone di terza generazione

5 Giugno 2019 - 17:07

MARCIANISE – Camillo Belforte, collaboratore di giustizia e figlio di Salvatore Belforte, prima collaboratore a sua volta, poi squalificato dal fatto di non aver voluto raccontare la verità sull’omicidio dell’amante del fratello Domenico, non può essere utile certo alla ricostruzione storica delle trame del clan.

C’è un discrimine generazionale. E se questo vale per un Bruno Buttone, i cui racconti sono frutto di altri racconti della prima e vecchia guardia del Clan Belforte, figuriamoci per una persona come Camillo nato diversi anni dopo rispetto a Bruno Buttone e figlio di uno dei boss fondatori.

E allora ecco che qui rapidi cenni che il giovane fornisce agli inquirenti sulla spaccatura tra la sua famiglia e i Piccolo potrebbero essere benissimo sovrapponibili a un sussidiario giudiziario, ad una sintesi contenuta in un’ordinanza.
Diverso è il discorso quando si entra negli anni della maggiore età.
In verità, Camillo Belforte racconta anche cose vissute da adolescente, prima del compimento dei diciotto anni.

Uno in particolare ci ha colpiti. Primo Letizia è un suo coetaneo, con cui aveva stretto anche un rapporto personale.
Ma un giorno Primo Letizia gli volta le spalle dicendogli chiaro e tondo che i Belforte sono una famiglia di infami perché sono stati gli autori dell’omicidio dei propri genitori Biagio Letizia e Giovanna Breda.
In quella circostanza, Camillo Belforte si rivolge al suo omonimo, figlio di Mimì, e gli chiede di capire.
Il cugino si limita a dirgli che Primo Letizia affermava cose sbagliate e che era opportuno non avere rapporti con lui.

Ammesso e non concesso che Camillo di Salvatore l’abbia mai attraversata una età dell’innocenza, visto che da bambino era stato punito da sua madre dopo aver spaccato un faro proprio dell’auto di Giovanna Breda, questa termina nel momento in cui conosce l’evidenza della violenza nuda e cruda, spiattellatagli in faccia da un ragazzo come lui, ce riannoda a sua volta i fili storici e conosce mandanti ed esecutori dell’omicidio dei suoi genitori.

Camillo Belforte racconta, poi, agli inquirenti, dei suoi rapporti conflittuali con tutti i discendenti della famiglia Piccolo, con i cugini Angelo, Achille, Antimo, Agostino, che oltre ad essere cugini tra di loro, aggiungiamo noi, sono anche cugini alla lontana dello stesso Camillo.

Precisamente di terzo grado, come i nostri lettori, e sono molti interessati a questa saga narrata da Casertace, in quanto le due bisnonne erano sorelle e sposarono una un Belforte e un’altra un Piccolo.

La conflittualità tra i giovani eredi delle due famiglie non è legata, come era successo in passato, alle sfere di influenza sulle attività criminali, ma alle reminiscenze, a quelle che potremmo definire, parafrasando una famosa canzone, “gocce (avvelenate) di memoria”.

Diverso il discorso per quanto riguarda i rapporti tra Belforte junior e la struttura completa della famiglia Letizia.
Ma di questo scriveremo nella prossima puntata.