GOMORRA 5. Lo sfregio lavato col sangue. Aveva sputato in faccia all’amante del fratello. Il boss gli sparò a bruciapelo

24 Giugno 2019 - 17:50

CESA – Emergono dei particolari a proposito dell’omicidio di Michele Caterino, avvenuto nel 2006 a Cesa. Oggi, infatti pubblichiamo le dichiarazioni rese da Tammaro Scarano, parole che vanno ad integrare ulteriormente le modalità con le quali quel delitto si è consumato e che sono riportate nell’ordinanza firmata dal gip del tribunale di Napoli Fabio Provvisier.

Innanzitutto, Scarano conferma la sua partecipazione all’azione delittuosa. Guidava la Fiat Punto di colore verde, a bordo della quale viaggiava, insieme a lui, l’esecutore materiale del delitto, ovvero Giovanni Mazzara. La vettura, come era già emerso, era stata rubata e procurata da Alberto Verde detto ‘o surd, mentre il ruolo di specchiettista era stato affidato a Fabio Massimo Mazzara, nipote del boss Giovanni.

Mazzara e Scarano, in un primo momento, volevano eliminare entrambi i fratelli Caterino, cioè Nicola e Michele, ma il duplice delitto non si consumò perchè “dopo aver colpito Michele, sopraggiunse un’altra vettura che doveva passare, essendo la strada stretta ed a senso unico, e che ci indusse a rinunciare per paura di essere riconosciuti, indossando noi soltanto un cappellino di colore rosso“, precisa.

Michele Caterino fu colpito da almeno 4 o 5 colpi di pistola esplosi da una pistola 9 mm usata da Giovanni Mazzara. Dopo il delitto la Punto (altro elemento non nuovo ma già noto alle cronache), fu portata a Gricignano d’Aversa, in località Carduni e distrutta da un incendio. I due furono poi prelevati lungo la provinciale per Succivo da Carlo Vaia

detto il tipografo.

Altro dettaglio non di poco conto. Sempre secondo il racconto di Tammaro Scarano, Michele Caterino fu assassinato per uno sgarbo mosso al boss Amedeo Mazzara: avrebbe osato “sputare in faccia all’amante” di quest’ultimo, “allorquando si incrociarono all’interno delle rispettive autovetture all’altezza del ponte tra Cesa e Sant’Antimo, mentre percorrevano opposte direzioni”.

Questo particolare si aggiunge all’altro movente (anche questo già noto alle cronache) alla base del delitto Caterino e che vedeva Alberto Verde detto o’ surd picchiato da Antonio Cristofaro o’coccodrillo nella casa di Nicola Caterino. Per questo motivo, Verde fornì la vettura necessaria per compiere l’agguato.

In conclusione, aggiungiamo due dettagli post-omicidio: dopo la morte di Michele Caterino, racconta Tammaro Scarano, “Giovanni Mazzara mi raccomandò di lavarmi con la coca-cola miscelata a urina, il tutto per eliminare le tracce di polvere da sparo“, mentre Carlo Vaia, che aveva prelevato i due subito dopo l’agguato, ebbe “come ricompensa, in regalo, una Lancia Lybra di colore blu da Giovanni Mazzara, all’epoca titolare della concessionaria Tony car“.

Tutti i dettagli delle dichiarazioni integrali di Tammaro Scarano li trovate nello stralcio dell’ordinanza che pubblichiamo in calce a questo articolo.

 

QUI SOTTO IL TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI TAMMARO SCARANO

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