I boss dei casalesi e i politici “di servizio”. Nell’ordinanza su Lusini la Procura recupera le dichiarazioni del boss Antonio Iovine. Pazzesco che il sindaco-fantoccio Gennaro Caserta resti ancora al suo posto
14 Novembre 2024 - 18:39
Quasi 14 anni fa tutti pensavano che Lusini sarebbe stato arrestato. E invece, incredibilmente, ha potuto comandare nel suo comune fino all’altro ieri mattina. Qui ci sono elezioni fatte con un reggente del clan armato davanti ai seggi. La nipote del boss Di Martino, eletta con quasi 500 voti di preferenza e l’attestazione incontestabile che emerge anche da alcune intercettazioni che Lusini è stato l’assoluto protagonista della costruzione della lista che le elezioni le ha vinte anche e soprattutto grazie a quel revolver nascosto dal boss, Salvatore De Santis, che ha guardato sfilare uno per uno i votanti teverolesi
TEVEROLA (g.g.) Non costituisce, almeno per noi, nessuna novità l’accentuazione presente in alcuni passaggi dell’ordinanza che ha portato, l’altro ieri mattina all’arresto di Biagio Lusini, di Gennaro Pitocchi, dell’ex sindaco Tommaso Barbato e dell’ex consigliere Pasquale De Floris. Eravamo presenti, tanti anni fa, insieme alle televisioni di tutta Italia in una delle aule del tribunale di Santa Maria Capua Vetere quando il primo dei 4 boss principale del clan dei casalesi ossia Antonio Iovine, detto o ‘Ninno, ad essersi pentito, testimoniò per la prima volta, naturalmente in video conferenza, durante un processo specificatamente quello sugli appalti di Villa Literno imputati l’ex sindaco ed ex consigliere regionale Enrico Fabozzi, gli imprenditori sanciprianesi Mastrominico e molti altri, nell’ambito di una storia giudiziaria che, incredibile ma vero, non si è ancora conclusa visto che alle condanne dure del processo di primo grado hanno fatto da contraltare le assoluzioni corali sancite dalla Corte di Appello e poi messe in discussione dalla Corte di Cassazione che le ha annullate ordinando di rifare il processo all’organo giudicante di secondo grado assegnando ovviamente il processo ad una sezione diversa da quella che aveva assolo tutti gli imputati
C’eravamo quel giorno a Santa Maria Capua Vetere e ascoltammo con molta attenzione Antonio Iovine, catturato nel novembre del 2010, dagli uomini della squadra mobile della questura di Napoli coordinati da Vittorio Pisani, oggi capo della polizia. Il pubblico ministero Antonello Ardituro formulò a Iovine delle domande precise sui rapporti tra lui e esponenti della politica locale, impegnati anche nel mondo dell’imprenditoria. Domande precise su Biagio Lusini. Antonio Iovine rispose che Lusini era un politico ed un imprenditore di fiducia del clan dei casalesi su cui loro potevano fare affidamento. Scrivemmo un articolo esattamente come questo e ritenevamo che, di lì a poco, la Dda avrebbe trovato tutti i riscontri per togliere Biagio Lusini dalla scena politica in modo da evitare che continuasse a dettare legge a Teverola.
Niente da fare, incredibilmente, quelle affermazioni di Antonio Iovine, rimasero lettera morta. Noi continuammo ad indagare su Lusini e trovammo storie che ci convinsero del fatto che si trattasse di una persona poco raccomandabile che si muoveva con le stesse modalità, con gli stessi codici di comportamento e con lo stesso alfabeto della camorra
Si sono dovuti attendere 14 anni, diciamo 13 anni e mezzo, da quell’udienza affinchè un Lusini che addirittura si autoaccusa nei suoi soliloqui intercettati a bordo della propria automobile finisse dove doveva finire già quasi tre lustri orsono cioè agli arresti
Oggi, i pubblici ministeri della Procura della Repubblica presso il tribunale di Aversa-Napoli Nord recuperano quella memoria e proiettano, pera quanto riguarda il presente, una ombra profondissima sulla politica di Teverola. Citano le dichiarazioni fatte da Iovine nei confronti di Lusini, utilizzandole a corredo del loro quadro accusatorio. Francamente non si capisce come sia possibile che un azione immediata e inevitabile non porti a Teverola una commissione d’accesso alla luce di quello che la Dda ha scritto, sul presidio camorristico davanti ai seggi nel corso delle operazioni di voto delle elezioni comunali del giugno scorso e alla luce della collocazione di Biagio Lusini assoluto dominatore di questa campagna elettorale e vero sindaco di Teverola in quanto è stato lui e solo lui a scegliere Gennaro Caserta per rappresentarlo.