I LAUREATI DELLA CAMORRA. No alla scarcerazione anticipata dell’esattore di Venosa e Bidognetti, sì alla cancellazione del 41 bis a Luigi Trombetta. Ragioniamo su questi due casi e…

11 Settembre 2022 - 13:53

In questi giorni sono state rese note le motivazioni, che purtroppo noi non abbiamo nella loro versione integrale, con cui il giudice di sorveglianza del tribunale di Napoli Elena Valente ha rigettato l’istanza del 34enne, finito in carcere nel gennaio 2017, insieme a Katia e Teresa Bidognetti e altri 25. IN CALCE ALL’ARTICOLO I CAPI DI IMPUTAZIONE PROVVISORI (ASSOCIAZIONE ED ESTORSIONE AI FRATELLI ZIPPO) CONTESTATI A MANFREDI IN QUELLA OCCASIONE E CHE GLI SONO VALSI UNA PENA DEFINITIVA DI 7 ANNI E 8 MESI DI RECLUSIONE

CASAL DI PRINCIPE – (g.g.) I due casi non sono esattamente sovrapponibili, a partire dal peso specifico criminale dei protagonisti. Però, qualche elemento di assonanza c’è tra il nulla osta, di fatto fornito dal pubblico ministero della Dda di Napoli Luigi Landolfi, che non ha reiterato l’istanza al ministero della giustizia per la conferma, a carico di Luigi Trombetta, esponente apicale del clan Belforte di Marcianise, per ulteriori due anni del regime carcerario speciale ai sensi dell’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario, e il diniego opposto dal tribunale di sorveglianza di Napoli alla richiesta di scarcerazione anticipata, presentata da Raffaele Manfredi, in carcere dai primi giorni del gennaio 2017, quando fu arrestato nella retata che coinvolse (29 arrestati ed altri 17 indagati) tutti gli esponenti più importanti del gruppo Bidognetti

del clan dei casalesi, a partire da Katia e Teresa Bidognetti, figlie di secondo letto di Francesco Bidognetti detto Cicciotto e’ Mezzanotte e di Anna Carrino.

In effetti, Manfredi, poi condannato definitivamente alla pena di 7 anni e 8 mesi di reclusione per il reato di associazione a delinquere di stampo camorristico, e per un caso specifico di estorsione consumata insieme a Umberto Venosa, Vincenzo De Luca e Andrea Bortone, ai danni dei fratelli Rinaldo e Giovanni Zippo di Villa di Briano, attivi nella distribuzione di gelati, dai quali Manfredi, nella sala giochi Stars Vegas di San Marcellino, ritirò una busta contenente la somma di 2mila euro, in banconote da 50, risultante dalla complicata e pericolosa trattativa tra Umberto Venosa e i due imprenditori, ai quali, in un primo momento, minacciosamente e direttamente, Andrea Bortone e Vincenzo De Luca avevano chiesto 3mila euro per la rata estorsiva di agosto, presumibilmente quella di Ferragosto a cui, com’è noto, nella prassi criminale, vanno aggiunte poi le altre “canoniche scadenze” di Natale e Pasqua.

Il tratto comune delle due vicende è costituito dal motivo per il quale i due detenuti hanno formulato le loro rispettive istanze: sia Luigi Trombetta, infatti, che Raffaele Manfredi hanno dato prova di aver avviato concretamente un percorso culturale reale e anche di significativo spessore: studi universitari, giudicati con equità e con risultati eccellenti.

Luigi Trombetta se non andiamo errati, non dovrebbe avere ergastoli definitivi, ma i 30 anni da scontare per effetto di più sentenze ridotte in pratica ad una per effetto dell’istituto della continuazione, rappresentano un fardello indubbiamente superiore ai 7 anni e 8 mesi caricati sulla vita di Raffaele Manfredi, oggi 34enne, ma che al momento dell’arresto di anni ne aveva 29.

Peraltro per Luigi Trombetta era una questione di 41 bis. Siccome conosciamo bene il pm Luigi Landolfi, che non è uno che fa regali, il percorso culturale di Trombetta, che di per sè non è determinante per i pareri e per le decisioni riguardanti l’articolo 41 bis, ha rappresentato un elemento complementare in un contesto generale e, in realtà dirimente, che porta oggi la Dda a considerare Luigi Trombetta non più pericoloso da inviare, grazie alle condizioni carcerarie molto più leggere del regime ordinario, ordini criminali all’esterno del penitenziario in cui è recluso.

Manfredi chiede, invece, un’altra cosa: avendo scontato al tempo in cui ha presentato l’istanza poco più di 5 anni e mezzo, sui 7 anni e 8 mesi complessivi andati in esecuzione nel momento in cui la condanna è diventata definitiva, ha messo sul tavolo i lusinghieri esiti del percorso di studio intrapreso. Esiti che lo stesso giudice di sorveglianza di Napoli Elena Valente riconosce quando afferma che non esistono dubbi “sulle capacità intellettuali di Manfredi”, del suo elevato bagaglio culturale” caratteristiche tradottesi in “eccellenti risultati riportati negli studi universitari”.

Ma il giudice ritiene che due anni e 8 mesi di sconto di pena siano eccessivi anche perchè la situazione di Manfredi e la relazione tra i percorsi culturali intrapresi da esponenti del clan dei casalesi e la loro attività criminale non garantiscono un’effettiva cesura con il passato. Al contrario, il giudice di sorveglianza osserva che l’attività universitaria di Manfredi “non è sufficiente per considerare superata la sua allarmante pericolosità sociale“.

E questo perchè “la consorteria criminale (il clan dei casalesi, n.d.d.), così come altre cosche, non solo campane sfrutta l’istruzione dei suoi adepti per inserirsi in settori economici che richiedono un’ampia professionalità per sottoporli al controllo egemonico della camorra.”

Al di là della tesi che ha una sua consistenza, che però posta in questo modo sembra andare a sua volta al di là, troppo al di là del fatto specifico, bisognerebbe capire se e come il giudice abbia messo in relazione la situazione individuale di Manfredi con le attività poste in campo dalla criminalità organizzata, che nel ventunesimo secolo ha la necessità, per sopravvivere e per far crescere i suoi guadagni, “di andare a scuola”.

Su tale punto, siccome noi queste motivazioni non le abbiamo nella loro versione integrale, non ci possiamo sbilanciare più di tanto. Se all’interno di queste motivazioni non fosse dettagliatamente illustrata l’interrelazione tra l’aspetto generale della questione e il dato specifico riguardante la vita, il comportamento, l’atteggiamento del detenuto, allora, a nostro avviso, questa decisione non sarebbe equa e avrebbe probabilmente fatto bene il giudice di sorveglianza a evidenziare e a valorizzare altri aspetti più concreti, più legati ai comportamenti che Manfredi ha avuto in questi anni di detenzione, rispetto ad una prospettiva di dissociazione credibile dalla sua esperienza criminale e ancor più specificamente dal clan dei casalesi. Magari, da uno studente universitario modello, un giudice può attendersi una revisione seria, ficcante che motivi , perchè no, anche culturalmente, la sua dissociazione.

E allora, ripetiamo, se Manfredi non si è dissociato anche alla luce degli studi e del percorso culturale intrapresi sarebbe stata molto più efficace questa motivazione per respingere la sua istanza rispetto a quella, un pò acrobatica, e un pò generalizzante relativa a una pur reale esistenza di una camorra che oggi è in grado di mettere in campo molti laureati e molte persone preparate.

Ritornando in conclusione a Luigi Trombetta, se il pm Landolfi non ha reiterato la richiesta di applicazione del 41 bis è perchè, evidentemente, avrà ravvisato che il percorso culturale intrapreso dall’ex ottimo pallavolista marcianisano, ha inciso anche sul suo modo di valutare oggi la propria esperienza criminale e ancor di più di valutare il significato e il ruolo storico del clan Belforte, vera agenzia dell’incultura e dell’arretratezza, in una valorizzazione della dissociazione che vale di per se stessa, anche a prescindere dalla sua ragion d’essere di tipo collegata ad un percorso culturale seriamente intrapreso.

QUI SOTTO I CAPI DI IMPUTAZIONE PROVVISORI

AULITTO Ciro, BALDASCINI Antonio, BASCO Giuseppe, BIANCHI Giuseppe, BIDOGNETTI Francesco, BIDOGNETTI Katia, BIDOGNETTI Gianluca, BIDOGNETTI Vincenzo, BITONTO Luigi, BORTONE Andrea, CAPRIO Ernesto, CAVALIERE Stanislao, CERCI Gaetano, CIOFFI Gabriele, D’ALTERIO Domenico, DE LUCA Antonio Luigi, DE LUCA Vincenzo, DI MARTINO Saverio, FEOLA Mirco, FLOCCO Raffaele, LUBELLO Giovanni,  MAIELLO Umberto, MANFREDI Raffaele, MICILLO Carmine, PACIFICO Dionigi, PUOTI Francesco, QUADRANO Americo, SCHIAVONE Vincenzo, SIMONETTI Giacomo, TAURINO Carlo, TAURINO Ciro, VENOSA Raffaele, VENOSA Umberto, VERRONE Giuseppe e VERSO Oriettaa) del delitto di cui all’art. 416 bis – I, II, III, IV, V, VI ed VIII comma c.p., per avere partecipato, ciascuno nella consapevolezza della rilevanza causale del proprio apporto, ad un’associazione di tipo mafioso denominata “clan dei Casalesi”, promossa, diretta ed organizzata, prima, da BARDELLINO Antonio (anni 1981 – 1988), poi, da Francesco SCHIAVONE di Nicola, da Francesco BIDOGNETTI, da IOVINE Mario e da DE FALCO Vincenzo (1988 – 1991), di seguito da Francesco SCHIAVONE di Nicola e da Francesco BIDOGNETTI e, infine, dopo l’arresto di questi ultimi due, da Michele ZAGARIA e IOVINE Antonio, quali esponenti di vertice, all’epoca latitanti, della fazione facente capo alla famiglia SCHIAVONE e da BIDOGNETTI Domenico, BIDOGNETTI Aniello, BIDOGNETTI Raffaele, GUIDA Luigi, ALFIERO Nicola, ALFIERO Massimo, SETOLA Giuseppe, CIRILLO Alessandro e LETIZIA Franco, quali componenti apicali che si avvicendavano alla guida

MANFREDI Raffaele, per aver partecipato all’associazione quale addetto alla raccolta dei ratei estorsivi presso le sale giochi nonché alla contabilità del clan, dall’ottobre del 2012, con condotta perdurante;

MANFREDI Raffaele

e) del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv, 110, 629 in relazione all’art. 628 co 3 n.1 e 3 comma cp, e art. 7 L. 203/91 perché in concorso con VENOSA Umberto, DE LUCA Vincenzo e BORTONE Andrea, per i quali si è proceduto separatamente, in tempi diversi e in esecuzione del medesimo disegno criminoso, con minaccia consistita nel far valere la forza di intimidazione che promana dall’associazione camorristica conosciuta come clan dei casalesi operante anche nella zona di Casal di Principe e San Cipriano d’Aversa, e in particolare nel presentarsi  da Zippo Rinaldo e Zippo Giovanni, titolari della  “Zippo Group”, attiva nel campo della distribuzione e stoccaggio di gelati per conto della NESTLÈ nell’avere profferito  ai congiunti Zippo  ”siamo qui per quella di agosto” (condotta posta in essere da BORTONE Andrea e DE LUCA Vincenzo), “ siamo venuti qui per conto di Umberto per la quota di agosto “ (condotta posta in essere da BORTONE Andrea),  gli imponevano il pagamento della somma di 3.000 euro, ritenuta troppo elevata dalle PP.OO. che proponevano una somma complessiva di 500 o al massimo 1.000 euro; “e che dobbiamo fare con questi 500 Euro noi non dobbiamo comprarci la droga per vivere, noi non li vogliamo e poi vediamo come andiamo a finire. Dobbiamo mantenere i carcerati e le loro famiglie e ne abbiamo tanti” (condotta posta in essere da VENOSA Umberto) costringevano Zippo Rinaldo e Giovanni a versare una somma pari a 2.000 euro tutte in banconote da 50 euro consegnate in busta chiusa a MANFREDI Raffaele  nella sala giochi denominata Stars Vegas sita a San Marcellino, così procurandosi un ingiusto profitto con pari danno delle vittime; con le aggravanti:

di essere stata la minaccia posta in essere con metodo mafioso con le condotte descritte nella imputazione;

di aver commesso il fatto al fine di agevolare il clan dei casalesi avvalendosi della forza di intimidazione che promana dal sodalizio camorristico denominato “clan dei casalesi” – fazione Bidognetti versando nelle casse del sodalizio i proventi delle attività estorsive e così contribuendo a creare una provvista per il pagamento degli stipendi agli affiliati e/o ai propri familiari ed assicurando la sopravvivenza dell’associazione.

In Villa di Briano e San Marcellino nel mese di luglio del  2013.