I NOMI. Estorsioni a imprenditori e commercianti: i metodi del clan. Parla in aula un testimone

5 Maggio 2025 - 19:28

TEVEROLA – Gli imputati – Antonio Barbato, Carmine Lucca, Antonio Chiacchio e Antonio Palumbo – sono accusati di aver agito sotto l’ombrello dei clan camorristici Belforte e Bidognetti, storici gruppi del cartello dei Casalesi. I loro nomi erano già emersi nel maxi-blitz del novembre 2022 che aveva colpito duramente la rete estorsiva legata a questi clan.

Per ragioni territoriali, il processo non si terrà presso il tribunale competente per il maxi-processo, ma davanti al tribunale di Napoli Nord – sezione di Aversa. Gli imputati sono difesi, tra gli altri, dagli avvocati Giovanni e Michele Cantelli.

Oggi a parlare in aula è stato uno dei testimoni della difesa, tra l’altro congiunto e omonimo di uno degli imputati, ovvero Carmine Lucca. Durante le dichiarazioni rese in aula, è emerso che Carmine

Lucca, secondo quanto espresso dal teste, conosceva già la persona offesa, e che tra i due intercorrevano rapporti definiti “buoni”.

Secondo gli inquirenti, Barbato e Carmine Lucca avrebbero approfittato del loro “peso criminale” per sottrarre al commerciante generi alimentari senza pagarli per mesi, sfruttando la paura che incuteva la loro reputazione di affiliati ai Casalesi. Per gli inquirenti si sarebbe trattata di un’intensa attività estorsiva tra il 2018 e il 2019, in particolare ai danni del titolare di un minimarket di Teverola.

In un altro episodio, un uomo indicato come Improda avrebbe minacciato lo stesso commerciante, chiedendo il pagamento di 1.500 euro. Per costringerlo, gli avrebbe trattenuto l’auto del figlio fino al versamento della somma.

Le accuse non si fermano qui. I quattro avrebbero anche imposto la vendita di materiale pubblicitario a prezzi gonfiati e richiesto denaro con il pretesto di “regali” per i detenuti, sempre facendo leva sul timore derivante dalla loro affiliazione camorristica.