IL FOCUS. II PUNTATA. Ecco dove nascono le accuse a Cagnazzo di essere un narcotrafficante coinvolto nell’omicidio Vassallo. Quelle minacce in piazza e le confidenze in cella del camorrista
8 Novembre 2024 - 21:05
Vi sintetizziamo la struttura portante espressa nelle prime linee generali dell’accusa dei pubblici ministeri della DDA di Salerno. Significative sono anche le dichiarazioni rese dalla compagna di Ridosso in quell’estate del 2010, dalla vicesindaca di Casal Velino e dal dirigente dell’Utc del comune di Polla
AVERSA (gianluigi guarino) – La Dda di Salerno, legittimata dal Gip dell’omonimo tribunale Annamaria Ferraiolo, cala i propri assi, ossia le ragioni esposte nelle linee generali, per le quali ha deciso di chiedere, ottenendole, le misure cautelari di arresto in carcere per il tenente colonnello dell’Arma dei Carabinieri, Fabio Cagnazzo, nato e cresciuto ad Aversa, per l’ex carabiniere maddalonese, Lazzaro Cioffi, ormai cacciato via con ignominia (tra le altre cose genero di Domenico D’Albenzio detto o’ faraone, capo dell’omonimo gruppo criminale affiliato al clan Belforte) per l’imprenditore Giuseppe Cipriano, detto Peppe
Siccome non si può pubblicare il testo integrale dell’ordinanza a causa della stupidissima legge Cartabia, cerchiamo di sintetizzare la costruzione che i magistrati inquirenti della Dda considerano logica al punto da poter chiedere misure cautelari tanto gravi e afflittive.
IL SINDACO AVEVA SCOPERTO TUTTO SUL TRAFFICO DI DROGA
Dunque, il sindaco di Pollica Angelo Vassallo riteneva, nell’estate del 2010, di avere finalmente in mano tutte le prove per smascherare l’attività dell’organizzazione criminale che controllava il cospicuo e lucroso traffico degli stupefacenti nella parte forse più bella e rinomata della costiera cilentana, quella che ha in Acciaroli la sua più preziosa perla ambientale, paesaggistica e turistica.
Questa attività di Angelo Vassallo e la sua convinzione di aver trovato elementi importanti per bloccare il traffico di droga lo aveva indotto a chiedere un incontro con il comandante della Stazione Carabinieri di Agropoli Annichiarico e poi anche col comandante della Compagnia.
Il primo incontro era saltato, il secondo, manco a dirlo, era fissato per la mattinata del 6 settembre, ossia quella successiva all’omicidio.
Il sindaco Vassallo, a nostro avviso, compì l’errore di parlare di queste sue attività con troppe persone e di criticare anche, senza mezzi termini, sia il tenente colonnello Fabio Cagnazzo per una possibile connessione a quell’attività criminale, sia la facoltosa famiglia Palladino, in storica amicizia con il Cagnazzo, proprietaria dei locali in cui, secondo Vassallo, veniva anche venduta la droga.
Sempre secondo la ricostruzione della Dda di Salerno, l’attività del primo cittadino, questo giocare pericolosamente a carte scoperte, chiosiamo ancora noi, attivò il meccanismo della scelta estrema di compiere l’omicidio di Angelo Vassallo.
Nei giorni immediatamente successivi allo stesso, da un lato Cagnazzo fa partire quella che abbiamo definito una platealmente inortodossa azione investigativa in un territorio che non era certamente sotto alle sue competenze, visto che Cagnazzo era, al tempo, comandante della Compagnia di Castello di Cisterna, comune in provincia di Napoli. Dall’altro lato, un chiacchierare non fatuo da parte di un personaggio, Pierluca Cillo, il quale, probabilmente preda della conseguenza emotiva dell’assassinio del sindaco, va a parlare con la figlia, Giuseppina Vassallo, e col suo fidanzato, Domenico Avallone.
LE PAROLE DI CILLO E LE ACCUSE A CAGNAZZO E CIOFFI
Ai due fornisce una ricostruzione che associa l’omicidio all’attività di Angelo Vassallo contro il cartello dei narcotrafficanti, tirando in ballo come corresponsabile il tenente colonnello Fabio Cagnazzo e il suo amico di sempre, Lazzaro Cioffi.
Anche in questo caso, così come aveva fatto improvvidamente suo padre, Giuseppina Vassallo non riesce a trattenersi e sbotta al cospetto di Cagnazzo. Questi, conseguentemente, affronta in piazza ad Acciaroli Pierluca Cillo, minacciandolo pesantemente.
Da allora Cillo non è più un testimone utile in quanto, convocato dagli inquirenti, edulcora, modifica, emenda il contenuto del racconto reso a Giuseppina Vassallo e ad Avallone.
In effetti, però, Cillo era stato piuttosto loquace in quei giorni e non solo con la figlia della vittima, visto e considerato che la Procura di Salerno e i carabinieri di Agropoli trovano successivamente altre persone che avevano parlato con il lui e che, a verbale, queste espongono dichiarazioni sovrapponibili a quelle di Giuseppina Vassallo e del suo compagno.
Dettaglio tutt’altro che irrilevante è che quelle in questione non sono persone qualsiasi, bensì pubblici ufficiali, non militari, ma civili e pur sempre pubblici ufficiale: ovvero, il dirigente dell’Ufficio Tecnico del comune di Polla, Eugenio Lombardi, e il vice sindaco del comune di Casal Velin,o Silvia Pisapia.
Permetteteci, al riguardo, di sottolineare con una nostra considerazioone che risulta un po’ difficile pensare che Giuseppina Vassallo, Domenico Avallone, Eugenio Lombardi e Silvia Pisapia si siano potuti mettere furtivamente d’accordo per manipolare, alterare le confidenze ricevute da Cillo, per come lui le aveva esposte, edulcorando e minimizzando le cose a verbale, rispetto a quanto comunicato direttamente ai quattro con cui si era confidato e che certo non appartenevano allo stesso nucleo familiari o amici che si frequentavano.
Insomma, quella di Cillo appare una sorta di ritrattazione, seppur impropria, e non si può stabilire quanto abbia contato la sortita pubblica minacciosa di Fabio Cagnazzo nei suoi confronti o magari, essendosi il Cillo a sua volta motlo esposto, qualche premuroso consiglio ricevuto una delle tante persone poco raccomandabili che popolavano la scena di Pollica e Acciaroli in quelle giornate.
IL RUOLO AMBIGUO DEI RIDOSSO
Ridosso padre e Ridosso figlio arrivano ad Acciaroli il 3 settembre. Nelle sue dichiarazioni spontanee, Romolo Ridosso dice che questa è stata una coincidenza, dato che non ha mai ammesso alcuna responsabilità né diretta né indiretta nell’omicidio di Vassallo.
Ma Romolo Ridosso racconta tutto il resto, chiarendo agli inquirenti il quadro dell’organizzazione criminale che gestiva il traffico di stupefacenti su questo pezzo cruciale della costiera cilentana.
I nomi fondamentali che formula sono quelli di Raffaele Maurelli, considerato un broker degli stupefacenti, e quello di Giovanni Cafiero, genero di Gaetano Cesarano, camorrista di serie A, in quanto capo dell’omonimo clan egemone in una zona importantissima del sud napoletano qual è quella di Castellammare di Stabia, Pompei e zone limitrofe.
Dunque, ci avviciniamo non poco ai territori in cui Fabio Cagnazzo esercita le proprie attività di comando nell’Arma dei Carabinieri, ovvero Castello di Cisterna, Marigliano, Pomigliano e dintorni.
Romolo Ridosso tira in ballo anche i nomi di Lazzaro Cioffi, che ci riporta quasi direttamente alla figura di Cagnazzo, e Giuseppe Cipriano, il già citato Peppe Odeon.
Queste quattro persone sono, per Ridosso, direttamente coinvolte nel traffico degli stupefacenti.
D’altronde la storia di Cioffi è questa, vista e considerata la sua condanna, inflittagli dal Tribunale di Aversa Napoli Nord in quanto ritenuto intraneo a un’associazione dedita al traffico di stupefacenti operante nel Parco Verde di Caivano e capeggiata da Pasquale Fucito.
Altra nostra chiosa a cui non resistiamo a resistere: come cazzo sia entrato uno così nell’Arma dei Carabinieri…boh!
Ridosso continua anche successivamente a respingere ogni coinvolgimento suo e di suo padre nell’omicidio e quindi deve far reggere la tesi che il suo arrivo ad Acciaroli, a sole 48 ore di distanza dal delitto, sia stata solo una casualità.
MA RIDOSSO NON HA DETTO LA VERITA’ ED E’ STATO INCHIODATO DA…
Il soggetto in questione ha continuato a fare il camorrista anche dopo e conseguentemente ha visitato le patrie galere.
Nel carcere fiorentino di Sollicciano si sarebbe lasciato andare, al cospetto del suo compagno di cella Eugenio D’Atri, in racconti molto diversi da quelli resi agli inquirenti.
Ridosso avrebbe confessato a D’Atri il suo coinvolgimento nella trama omicidiaria di Angelo Vassallo e facendo anche altri nomi, che poi sono quelli dei co-indagati di questa ordinanza, ossia Cagnazzo, Cioffi e Cipriano.
Non sarebbe stata sufficiente, però, la sola testimonianza di D’Atri. Dunque, è importante che questa collimi con le dichiarazioni rese durante l’interrogatorio di questi ultimi anni da Antonella Mosca, compagna di Ridosso proprio nell’estate del 2010.
La Mosca declina lo stesso quadro autoaccusatorio che Ridosso aveva sviluppato di fronte al suo compagno di cella.
Insomma, nell’omicidio di Angelo Vassallo c’entro io, c’entra Lazzaro Cioffi, c’entra Peppe Odeon e il tenente colonnello Fabio Cagnazzo.
Questo è il quadro generale su cui si innesta un’ordinanza dall’ampiezza ragguardevole di circa 400 pagine che, seppur gradualmente, cercheremo di raccontarvi nei suoi contenuti che riterremo maggiormente rilevanti.