IL FOCUS. Sono quattro giorni che studiamo il Rosatellum sillaba per sillaba e non abbiamo ancora capito perché il seggio di AZIONE-IV scatta a Napoli (Renzi) e non a CASERTA (Modestino). Un nostro appello disperato

29 Settembre 2022 - 15:59

A guardar bene tutti gli errori compiuti nei calcoli dal Viminale, ci si accorge che tutte le modifiche riguardano solamente la Camera. Dunque, non riusciamo a dare una spiegazione, ma se il ministero ha confermato il 7 a 4 per Napoli rispetto alle altre province ci sarà un perché. Noi non siamo gli ultimi arrivati, ma certamente ci sarà qualcuno più preparato che sa cosa è successo. Sicuramente la ragione non può essere quella – evidenziata dalle linee guida pubblicate insieme da Camera e Senato – che abbiamo definito come effetto flipperino, ovvero la compensazione tra una lista deficitaria e una sovrannumeraria tra due collegi diversi. Da noi non è avvenuto e vi spieghiamo il perché

CASERTA (g.g.) – Il giorno del flipper. Il problema è che da noi in Italia ognuno fa il mestiere che non dovrebbe fare. Ad esempio, il ministero dell’Interno dovrebbe prendere un bel pop-up, ovvero quei susamielli solitamente pubblicitari che scendono dall’alto con un lenzuolo e coprono quello che stai leggendo sui siti web, facendoti incazzare, chiarendo ossessivamente che i dati che pubblica nell’area del suo mega sito istituzionale, chiamata Eligendo, sono puramente indicativi e rappresentano un servizio che il governo dà ai cittadini, i quali vanno avvertiti del fatto che tutto ciò che leggono su Eligendo non

ha alcun valore giuridico.

Ma non per dire: l’ordinamento nazionale assegna il potere di proclamare gli eletti delle elezioni politiche (in realtà anche di quelle regionali) agli organismi giudiziari. Tribunali e successivamente corte d’Appello per le regionali e corti di Appello tout court per le politiche.

Sono quelli i risultati ufficiali per produrre i sacri effetti della rappresentanza.

Poi, però, siccome siamo il Paese che siamo, le corti d’Appello, che tutto sommato avvertono questo lavoro come una rottura di minchia, senza dirlo chiaramente, applicando la regola della vedova allegra, del si fa ma non si dice, si appoggiano a quello che dice il ministero dell’Interno che, ripetiamo, secondo la legge, vale quanto quello che scriviamo noi facendo quattro conti con la calcolatrice.

Il risultato? Al Viminale, nella notte tra domenica e lunedì e ad epilogo dello spoglio, hanno calcolato i quozienti, attribuendo i seggi nelle 26 circoscrizioni, ma scordandosi un’ultimissima parte dello step: il cosiddetto flipper – di cui non è che non si sapesse nulla dopo quello che è successo alle scorse elezioni – è stato applicato in qualche circostanza.

Poi, siccome è la somma che fa il totale, come diceva Totò, essendo arrivati all’attribuzione di 245 seggi con il proporzionale, aggiungendo poi i collegi uninominali e esteri, le teste d’uovo del ministro Lamorgese hanno assegnato i numerini alle coalizioni prima, ai partiti e alle liste dopo in ognuna delle 26 circoscrizioni.

Ovviamente, qualcuno qui può pensare: quella là che opera nel ministero dei ministeri è la migliore Italia? La più preparata? E allora siamo davvero inguaiati.

Non è possibile, infatti, che dopo tutto il caos di questi giorni, non si capisca che all’assegnazione dei 245 seggi proporzionali si debba arrivare stampandoti in fronte i numeri dei primi due quozienti, quello nazionale e quelli circoscrizionali.

Devi miscelare questi numeri con le rappresentanze fisse segnate per ognuna delle circoscrizioni. E se non ti trovi, perché sicuramente non ti troverai, ripeschi una 50 lire degli anni Settanta, la metti nel flipper e inizi a giocare.

Un rompicapo. Prendi lì, nel collegio ics il seggio sovrannumerario, ovvero quel seggio che quel partito o quella lista aveva conquistato per la matematica, ma che non potrà invece avere, perché ‘sto Rosatellum contiene un peccato originale, cioè costruisce i quozienti fondamentali per la ripartizione dei seggi partendo da strutture demografiche da cui vengono estratti numeri della rappresentanza della circoscrizione e dei collegi. E può succedere che l’aritmetica di cui sopra e la rappresentanza di un territorio siano discordanti.

Se hai una popolazione di 3 milioni e vanno a votare in 1 milione e 700 mila e nell’altro collegio da 2 milioni di abitanti, vanno a votare 1 milione e mezzo di elettori, tu non riuscirai a tradurre sempre nella ripartizione dei seggi quello che hai stabilito in base al dato demografico grezzo.

I quozienti che si produrranno nei collegi non riusciranno ogni volta a mettere in armonia i numeri dei collegi con gli unici due dati non emendabili secondo la Costituzione: la rappresentanza alla Camera nazionale, ovvero la ripartizione dei seggi, e la rappresentanza per ogni circoscrizione.

D’altronde, abbiamo visto ciò che è successo alla circoscrizione Camera Salerno-Avellino, con il PD sovrannumerario, quindi, da tagliare e SI+Verdi deficitario da compensare (LEGGI QUI IL CASO).

Attenzione, noi non stiamo dicendo che a monte le quote di rappresentanza non vadano stabilite in base al peso numerico della popolazione residente. Il problema non è questo, ma è l’associazione tra il primo quoziente, che si ottiene dividendo la popolazione nazionale per i seggi da attribuire con il proporzionale, e tutti quelli successivi, che poi conducono fino al collegio e al numero di rappresentanza dello stesso. E lì che avviene il cortocircuito.

Basta un buon professore di scuola media per spiegare il perché. Potremo farlo anche noi, ma visto che ci siamo rotti un po’ il cazzo di scrivere papielli, accontentatevi dell’esempio rustico ed efficace della circoscrizione popolata da 3 milioni di italiani in cui vanno a votare 1.7 milioni di elettori e la circoscrizione di 2 milioni di residenti in cui, al di là della differenza del numero di aventi diritto al voto che può essere relativo, ne vanno a votare, ad esempio, 1.4 milioni.

Siccome il discorso dei votanti e dei voti validi risente di questa aleatorietà, è chiaro che la relazione intima con il quoziente demografico puro relativo al censimento 2011 produce disfunzioni rispetto alla necessità di rispettare il numero di seggi attribuiti alle coalizioni e ai partiti su scala nazionale, poi quella di rispettare rigidamente i numeri fissi stabiliti per la rappresentanza di ognuna delle 26 circoscrizioni della Camera.

E chi ci va per sotto? Naturalmente i collegi. In cui ieri è successo letteralmente di tutto, con tanti eletti della notte che sadicamente sono stati depennati e tanti altri trombati della notte, tipo Umberto Bossi a Varese, recuperati con il manicomio del flipper che questa legge prevede.

Cioè, non è colpa nostra o degli italiani se c’è e non è possibile che ‘sti quattro coglioni del Viminale non abbiano atteso qualche ora in più prima di assegnare i seggi nei collegi, visto che quelli nazionali e circoscrizionali si potevano dare, in quanto frutto intangibile di una ripartizione proporzionale non emendabile.

Ma allora perché solo l’esito dei collegi è emendabile per aggiustare i numeri e farli quadrare?

LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE 35 DEL 2017

Il centro studi di Camera e Senato ha così riassunto la decisione della Corte Costituzionale numero 35 del 2017:

La Corte costituzionale nella sentenza n. 35 del 2017 si è soffermata nel vagliare alcuni profili della legge del 2015 – sullo ‘slittamento’ tra circoscrizioni. La Corte ha rilevato come “consistenti traslazioni di seggi da una circoscrizione all’altra [sarebbero] tali da pregiudicare la garanzia di una proporzionale distribuzione dei seggi sul territorio nazionale”, che è principio costituzionalmente sancito (dall’articolo 56, quarto comma della Costituzione, per quanto concerne la Camera dei deputati). Aggiungeva la Corte che tale traslazione ‘fuori circoscrizione’ nella disciplina della legge del 2015 costituisse “nella procedura di assegnazione dei seggi, un’ipotesi residuale, che può verificarsi, per ragioni matematiche e casuali”, solo quando non fosse stato possibile operare diversamente. Di qui la non lesività dell’articolo 56, quarto comma della Costituzione (il quale prescrive non la rappresentanza dei territori in sé considerati bensì la distribuzione dei seggi in proporzione della popolazione delle diverse parti del territorio nazionale).

Questo pronunciamento, pieno di aggettivi collocati di qua e di là in maniera sapientissima come solo l’arte bizantina di una Corte Costituzionale può creare, dice in sostanza che, oltre le contestazioni, i ricorsi sviluppatisi a seguito del varo della legge elettorale Italicum (2015), non si poteva escludere totalmente che nelle diverse circoscrizioni la quota di rappresentanza predeterminata dal peso demografico di quella specifica circoscrizione potesse trovare una modifica in particolari casi.

I ricorsi alla Consulta era stano inoltrati al tempo in quanto chi li presentò lamentò la presenza nell’Italicum, poi mai entrato in vigore, che la possibile traslazione di seggi da una circoscrizione all’altra violasse l’articolo 56 della Costituzione sulla distribuzione dei seggi sul territorio nazionale, in considerazione del peso della rappresentanza territoriale di ogni zona d’Italia.

La Corte, davanti all’espressione massiccia traslazione lancia il suo mughiniano aborro, per poi tornare nel codice bizantino. Massiccio no, però siccome nell’Italicum prevedeva un’ipotesi solo “residuale” di questo slittamento di seggi tra circoscrizioni, la Consulta riteneva non alterata la prescrizione dell’articolo 56.

Mo’, in qualsiasi Paese del mondo il legislatore prende questa sentenza e stabilisce, con numeri ben definiti, quale sia il confine tra una massiccia traslazione dei seggi da una circoscrizione e una misura residuale di cui la Corte parla, che andrebbe a ledere i contenuti dell’articolo 56 della nostra Carta.

Seh, seh. E quando lo vedi che la politica italiana, soprattutto quando si tratta di elezioni, non si concede un minimo di praticabilità, di discrezionalità, in un perimetro dove poter calare la sua manina?

E infatti, nel Rosatellum non c’è alcun riferimento ad un punto limite entro il quale la traslazione si può effettuare.

La facciata è salva, perché ogni circoscrizione, in apparenza, ha la sua quota fissa di eletti e questi vengo specificati in una ripartizione sempre apparentemente inemendabile nella rappresentanza nei diversi collegi.

Ma in realtà non è così, perché la nostra politica biecamente approva e strumentalizza il pronunciamento della Consulta, in modo da prendersi solo una parte di questo, cioè l’esistenza della possibilità di uscire dai parametri demografici della quota fissa di rappresentanza.

L’altra parte, cioè quella che seppur implicitamente incuba l’invito al Governo e al Parlamento di legiferare, facendo chiarezza sul limite entro il quale si rispetta l’articolo 56 e oltre al quale questo non si rispetta, viene completamente dimenticata e lasciata sostanzialmente sospesa.

La Corte Costituzionale, evidentemente adita per la parte dell’Italicum relativa ai seggi alla Camera (dato che l’articolo 56 della Carta Fondamentale questo regola), viene ulteriormente strumentalizzata perché quella parte del principio che sancisce la tangibilità delle quote demografiche viene estesa anche al Senato.

Insomma, si attua un’estensione che stabilisce in maniera arbitraria che ciò che la Corte ha detto per la Camera, dove la ripartizione è nazionale, valga anche per il Senato, su base regionale.

IL CASO ITALIA VIVA-AZIONE, MATTEO RENZI E STEFANIA MODESTINO

Realizzato il colpo da maestro, attraverso la strumentalizzazione della sentenza della Consulta, la politica nella nuova legge elettorale si crea degli spazi molto difficilmente riducibili ad un’interpretazione che sia chiara e univoca.

Per cui, per la Camera, così è scritto nelle linee guida pubblicate assieme dal Centro Studi di Camera e Senato che, va precisato, spiegano ciò che è scritto nel Rosatellum, “il sistema è volto a far sì che ciascuna coalizione o lista singola ottenga – dalla somma dei seggi assegnati in ciascuna circoscrizione – il totale dei seggi ad essa spettanti in base alla assegnazione effettuata in ambito nazionale“.

L’unico obbligo, dunque, che il Rosatellum ha dovuto rispettare, pena la violazione, a quel punto indiscutibile dell’articolo 56 della Costituzione, è stato quello di sacramentare l’attribuzione dei seggi pieni e residuali (i resti) a livello nazionale. Il resto c’è, nel senso che ci sono le quote di rappresentanza nella varie circoscrizioni e nei vari collegi, ma siccome nel 2017 la Corte ha chiarito che non è un dogma assoluto rispettarle, allora okay.

Da un lato, applichiamo il riparto nazionale, dall’altro giochiamo un po’ a flipper, utilizzando proprio l’argomento del citato riparto nazionale e quindi del rispetto dell’articolo 56.

Se poi, come è successo ieri, andiamo a modificare gli esiti aritmetici di una ventina di collegi, niente si può contestare perchè non è stato mai chiarito nel Rosatellum la sostanziale differenza tra massiccia traslazione di seggi da una circoscrizione all’alta che, secondo la Corte Costituzionale, l’articolo 56 e quella possibilità residuale, minima in cui questa facoltà viene riconosciuta e che non vìola l’articolo 56 per un solo motivo: cioè proprio perché è limitata e residuale.

Okay, allora cosa ci azzecca il Senato? Pur non essendosi mai pronunciata la Consulta, il Rosatellum, ma soprattutto certi mandarini del Viminale che lo interpretano, applicano la possibilità di alterare i seggi, stavolta anche in ogni singola circoscrizione regionale. Per cui, non è in assoluto vietato modificare quantomeno la struttura di attribuzione dei collegi quando più di uno è presente nella circoscrizione regionale.

Ora vi aspettereste che noi vi informiamo sui motivi per cui il seggio di Azione-IV sia scattato nel collegio plurinominale di Napoli al Senato e non in quello di Caserta e delle altre province.

E magari vi aspettate una nostra durissima critica sul cavillo che abbiamo individuato e ha provocato l’assegnazione del seggio a Napoli per IV-AZ proprio a causa dell’alterazione del peso di rappresentanza tra il collegio partenopeo a cui sarebbero toccati 6 senatori proporzionali, invece dei sette poi assegnatigli, utilizzando lo strumento che il Rosatellum si è auto attribuito per i motivi di cui sopra. E di converso, sul nostro collegio, defraudato di un rappresentante aritmeticamente sancito, che passa da 5 senatori assegnati con il proporzionale, ai 4 poi attribuiti.

Purtroppo, questa risposta non ve la possiamo dare. Anzi, formuliamo un appello ai lettori conoscitori della materia affinché ci sturino il cervello.

Nelle linee guida viene individuata anche per il Senato una precisa motivazione che potrebbe alterare il rapporto di rappresentanza stabilito in base alla popolazione residente dei due collegi.

Ve la serviamo su un piatto d’argento, estraendola dalla pagina 22 del citato lavoro dei Centri Studi di Camera e Senato:

Nei collegi plurinominali, invece, sia alla Camera sia al Senato, la procedura di compensazione tra liste ‘eccedentarie’ e liste ‘deficitarie’ per l’assegnazione dei seggi è basata essenzialmente sul principio in base al quale la lista deficitaria ottiene il seggio nel collegio in cui abbia la maggiore parte decimale e la lista eccedentaria lo cede nel collegio in cui lo abbia ottenuto con la minore parte decimale.

Dal momento che può verificarsi che il collegio in cui viene ceduto e attribuito il seggio non sia lo stesso, il numero di seggi attribuiti in ciascun collegio plurinominale può non corrispondere (non vi è in questo caso il vincolo stringente dell’articolo 56 della Costituzione) al numero di seggi spettanti sulla base della popolazione, come avvenuto per più collegi plurinominali nella prima applicazione della legge nelle elezioni del 4 marzo 2018.

Saremo pure limitati, ma noi questo abbiamo trovato rispetto a ciò che è capitato nel collegio di Napoli e quello di CE-AV-BN-SA.

La graduatoria del primo di questi colloca indiscutibilmente il quoziente IV-Azione al settimo posto. Ma in questo collegio i seggi disponibili sono sei e non sette. Dall’altra parte, quindi nel collegio di Caserta e delle altre province, la posizione in cui si va a posizione il quoziente di IV+AZ è il quinto, quindi dentro al perimetro dei cinque senatori da eleggere con il proporzionale.

Ma allora perché scatta Matteo Renzi e non Stefania Modestino? Boh.

Quest’unica possibilità che, interpretando il Rosatellum, le linee guida segnalano rispetto alla quale le quote assegnate ai collegi del Senato che, ribadiamo, è una procedura più semplice rispetto al Senato, essendo su base nazionale.

Ed eccola la possibilità. La riscriviamo perché davvero ci siamo quasi ammattiti per vivisezionarla lettera per lettera, consonante per consonante.

“[…] dal momento che può verificarsi che il collegio in cui viene ceduto e attribuito il seggio non sia lo stesso, il numero di seggi attribuiti in ciascun collegio plurinominale può non corrispondere al numero di seggi spettanti sulla base della popolazione.”

E’ successo questo nella circoscrizione Campania del Senato? No. Non è successo.

E’ vero che Forza Italia, nel computo dei quozienti di collegio ha ottenuto due seggi, divenendo sovrannumeraria rispetto all’unico seggio attribuitogli nell’aggregato regionale, che è l’unico che poi conta. Ed è vera, poi, l’operazione di compensazione tra la sovrannumeraria Forza Italia e la Lega, deficitaria, ma questo è avvenuto dentro lo stesso collegio di Caserta. Visto che, sempre in ossequio alla legge, FI ha perso qui il suo seggio, a causa di un decimale di poco inferiore rispetto a quello di Napoli, e la Lega lo ha guadagnato sempre qui, visto che in questo collegio la percentuale del 5% circa è chiaramente maggiore rispetto al 3% napoletano, circostanza che rende inutile il ricorso alle cifre decimali.

Dunque, a Caserta e altre province, cinque erano con il conteggio aritmetico e cinque erano rimasti. La compensazione è avvenuta nello stesso collegio. Non è successo, infatti, che FI abbia perso il suo seggio a Caserta, ma la Lega l’ha conquistato a Napoli, ricorrendo, in questo caso, a quella possibilità di alterazione del rapporto di sei eletti napoletani e cinque dalle altre terre campane.

Ma mettiamo anche – per fare un’ipotesi – che il seggio perso da FI a Caserta fosse stato assegnato alla Lega di Napoli, che quindi superava il collegio casertano. Okay, perdendo FI il seggio qui da noi, il numero degli eletti sarebbe giustamente passato da 5 a 4. Siccome la Lega, prendendo il seggio a Napoli, non avrebbe potuto toglierlo a chi era stato già assegnato, a differenza di quanto avvenuto a Caserta, allora okay: 7 a NA e 4 a CE-BN-SA-AV.

Ma il seggio di Azione-IV, fuori dai 7 seggi plurinominali del Senato da attribuire a Napoli, sarebbe stato l’ottavo.

Ci siamo dilungati e allora chiudiamo formulando un appello a tutti coloro che leggeranno questo articoli di trovare, anche nei meandri più profondi e inestricabili del Rosatellum, i motivi che hanno provocato l’esclusione, a nostro avviso ingiusta, di Stefania Modestino, l’elezione di Renzi a Napoli, dove nei collegi in cui è stato capolista quello partenopeo ha il dato più basso, e il premio dell’elezione di un candidato al Senato della Lombardia vicinissimo a Carlo Calenda, quell’Azione di cui fa parte la Modestino.

Ma questo è un argomento che tratteremo nei prossimi giorni.