Il parroco si sfoga sui social: “Non ti pago per un sacramento”

23 Settembre 2018 - 13:05

AVERSA – Don Francesco Riccio, sacerdote della diocesi di Aversa, già parroco della chiesa di San Giovanni Battista e ora a Giugliano, alla parrocchia San Pio X si è sfogato su facebook, scrivendo un lungo post relativo al pagamento dei sacramenti da parte dei fedeli, riaccendendo un tema sempre al centro di polemiche: “Il Papa dice che i sacramenti non si pagano, quindi non ti lascio soldi.” ha scritto.

Per l’ennesima volta – ha proseguito – mi scontro con qualcuno che si arroga il diritto di proclamare verità assolute. Non entro nella dinamica che spinge il Santo Padre a ridire, spesso, che i sacramenti non si pagano. Non entro nella discussione perché manco accolgo la polemica e ridico semplicemente che un sacramento non si paga perché non ha un valore economico. Detto ciò vado a sbirciare nella coppolella di chi continuamente mette prezzi alle cose che riguardano i sacramenti, che non aggiungono valore al sacramento, ma che fanno di quell’indotto che riguarda un Sacramento una squallida questione di soldi. Non entro nel dire costi di fiori, addobbo, ventagli e confetti, non riuscirei a quantizzare il prezzo che permette ad una famiglia di dire che il suo è un matrimonio più bello perché ha speso di più perdendo di vista la gratuità con cui Dio ti dona quel sacramento. Lo stesso vale per funerali, trigesimi, dove si è convinti che sia una finta e stonata voce lirica e 20 metri di stoffa nera a permettere al defunto di andare più veloce in paradiso. Sto lontano da tutto ciò che fa dire alla persona coinvolta nel vortice spasmodico del frenetico shopping religioso che “un Sacramento è gratuito e non do nulla alla parrocchia”, più che definire un profondo stato di ignoranza non so dire”.

Ed conclude: “Proviamo a dire cosa mette in gioco la parrocchia per un matrimonio. Quasi sempre lo straordinario di un sacrestano che con il parroco attende il ritardo di tutti, la gente è convinta che quello devi fare e cioè a spettare i loro comodi. Il far trovare, giustamente, la chiesa pulita e da ripulire subito dopo, perché dopo un matrimonio la chiesa non è tanto differente da uno stadio post partita. Per non dire che spesso la chiesa la si sceglie in funzione dello stato di salute architettonico e quindi la parrocchia è costantemente in restauro. Allora cosa significa lasciare un contributo alla fine della messa che sia matrimonio o funerale? Significa intelligenza, rispetto, mi permetto di dire appartenenza ad una comunità e mai una tariffa né un pagamento del sacramento né tantomeno una elemosina. Fuori da qui populismo, ignoranza e sopratutto mancanza di fede nella comunità. Avrei voluto concludere dicendo “buon intenditor poche parole”, ma di parole ne ho usate tante perché ahimè in materia di vita di comunità, di fede, di intenditor se ne trovano sempre di meno”.