IL VIDEO FOCUS da CASAL DI PRINCIPE. Parla Adolfo Scalzone, ex titolare dell’omonimo bar: “Io e la mia famiglia picchiati e rapinati. Lo Stato dice di aver battuto la camorra, ma ci ha dato in pasto ai predoni”

24 Gennaio 2024 - 09:46

Scalzone, oggi imprenditore edile, racconta i minuti di autentico terrore vissuti qualche settimana fa: “Prima o poi ci scapperà il morto, perché la gente esasperata userà le pistole che ha in casa. I banditi sono stranieri, ma i basisti sono locali. Vi racconto come un padre ha salvato suo figlio da una rapina sicura impugnando un’arma”. Un altro rapinato ci ha chiesto di rimanere anonimo: “Ho montato il portoncino blindato davanti alla camera da letto”

CASAL DI PRINCIPE – “Ti chiedo scusa per averti picchiato. Mi puoi dare l’indirizzo di qualche altra casa da svaligiare?”. È una richiesta a metà tra il serio e il faceto quella che, subito prima di darsi alla fuga, dopo tre ore di sequestro vero e proprio, l’ultimo dei rapinatori introdottisi nottetempo nella sua abitazione per derubarlo di ogni cosa, ha formulato ad un incredulo Adolfo Scalzone.

La cronaca del fatto, così come dallo stesso Scalzone resa all’indomani della rapina, è ormai nota ai lettori di Casertace (CLICCA QUI PER LEGGERE L’ARTICOLO).

Abbiamo però deciso di approfondirne il racconto perché ci troviamo di fronte a un fenomeno di criminalità ben più esteso dello specifico episodio che ha coinvolto la famiglia Scalzone la notte del 10 gennaio. Si tratta di uno schema che si replica ormai molto frequentemente e che preoccupa seriamente i cittadini dell’area di Casal di Principe, San Marcellino, San Cipriano d’Aversa e comuni limitrofi.

Ogni famiglia potrebbe essere “la prossima”.

Quando si sono introdotti nell’abitazione degli Scalzone, al civico 9 di via Strauss a Casal di Principe, erano da poco scoccate le 3 di notte. Con movimenti sicuri e studiati, cinque persone hanno scavalcato il cancello, attraversato il cortile e divelto in pochi secondi la porta che li ha immessi in casa, in modo così repentino e felpato che il cane di famiglia, la cui cuccia si trovava nella attigua cucina, non si è neanche svegliato.

In pochi secondi i malviventi erano al piano superiore, dove si trovavano le camere da letto. “Svegliatevi, siamo i Carabinieri” hanno urlato, mentre bloccavano al letto i due coniugi tenendogli un ginocchio sull’addome.

Ho pensato ad un errore– racconta Adolfo Scalzone. “Perché i Carabinieri venivano a farci una perquisizione in piena notte? Ma mi è bastato qualche secondo per capire quel che stava realmente accadendo“.

“Ho solo chiesto che mia figlia ventenne, che dormiva nella sua camera e gridava di terrore, fosse portata nella nostra stanza – continua – Ma ai malviventi, ovviamente, faceva gioco tenerci separati e così è stato per le successive tre ore”.

Mentre i “carcerieri”, di chiara origine albanese (secondo Scalzone lo si evinceva dall’accento e dalla lingua parlata tra di loro), tenevano in ostaggio le tre persone, chiedendo insistentemente della cassaforte – che Adolfo Scalzone ha dichiarato di non possedere – gli altri banditi battevano ogni centimetro della casa usando, in mancanza d’altro, anche una federa del divano per raccogliere la refurtiva.

Appena entrati – racconta ancora Scalzone – hanno lasciato in un angolo le loro scarpe e mi hanno chiesto dove fossero le mie. Le hanno indossate per non lasciare nessuna traccia. E infatti quando le forze dell’ordine hanno eseguito i rilievi in casa, non hanno trovato un’impronta che fosse una, da nessuna parte “.

Ci hanno preso anche le fedi nuziali. Non hanno lasciato letteralmente nulla: in quasi tre ore, mentre i loro complici ci spostavano da una stanza all’altra per agevolare la razzia, hanno preso i preziosi e l’argenteria, ma anche le scarpe e le borse di mia moglie e mia figlia, capi d’abbigliamento, oggetti di valore di ogni tipo “.

Adolfo Scalzone spiega che, durante le ore del sequestro, ha avuto netta la percezione che i cinque malviventi non facessero parte di una sola organizzazione, ma appartenessero a due gruppi ben distinti, unitisi per realizzare il colpo.

Una parte era la mente, quelli che ci conoscevano direttamente o che avevano avuto l’imbeccata, la soffiata, da chi ci conosceva bene come famiglia: le nostre professioni, le nostre abitudini, addirittura com’era fatta la nostra abitazione – spiega – mentre gli altri erano meri esecutori, che alla fine di tutto si sono addirittura scusati per averci malmenati. Loro non dividono il bottino con gli altri, ma guadagnano una commissione“.

Il racconto di Adolfo Scalzone, ultima vittima in ordine temporale della banda di “predoni” – così li definisce convintamente – è sovrapponibile a quello di altre vittime del medesimo raid criminale.

A casa sua, dove Casertace si è recata per raccoglierne la testimonianza, infatti, abbiamo incontrato Antonio, imprenditore di Casal di Principe che ci ha chiesto di restare anonimo.

Ho subito un identico colpo nella mia abitazione nel 2021. Mio figlio aveva solo sei mesi – racconta – I ladri si introdussero di notte, ci svegliarono dal sonno profondo mettendoci le mani al collo. Non ebbero neanche pietà per un neonato che piangeva disperato, divisero me e mia moglie mettendoci in stanze diverse mentre loro ci ripulivano di ogni cosa. Portarono via tutto. Quando al mattino andarono via, non avevo più neanche i vestiti per andare a sporgere la denuncia”.

Per la paura che possa succedere ancora, Antonio ha fatto installare nella sua abitazione un sistema di videosorveglianza che consta di almeno 40 telecamere e, incredibile ma vero, ha sostituito la porta della camera da letto con un portoncino blindato. “Solo così – spiega – mi sento al sicuro per dormire di notte. E mio figlio, ovviamente, rimane con noi”.