LA CAMORRA SI RIGENERA. Un’alleanza di ferro tra i Mallardo e il gruppo Schiavone del CLAN DEI CASALESI governa affari milionari insieme a imprenditori del sistema, a politici e ai soliti “ingegneri-capi” nel comparto industriale di AVERSA NORD

3 Luglio 2020 - 12:49

Da un anno studiamo, soprattutto attraverso l’analisi approfondita di un’ordinanza, risoltasi apparentemente in un flop, avvenimenti che dimostrano che un cartello è nato e che funziona grazie alla capacità militare dei giuglianesi e alle infinite relazioni del clan dei casalesi

 

AVERSA – (Gianluigi Guarino) Ma siamo proprio sicuri che nel comparto industriale di Aversa nord non esista più la relazione tra clan dei casalesi, politica, burocrazie dei diversi comuni, di qualche ente sovra-comunale e determinate tipologie di imprenditori? Noi di CasertaCe non ne siamo affatto sicuri. Anzi, a pensarci bene, propendiamo per la tesi opposta: esiste, a nostro avviso, infatti, una relazione tra camorra, grandi affari immobiliari, con la copertura garantita da ben identificati soggetti, che si muovono nella politica grande e piccola e che, a loro volta, si relazionano alle burocrazie degli uffici amministrativi.

Ma il clan dei casalesi su quante “divisioni corazzate” può contare? Questa famosa battuta, pronunciata dal georgiano Joseph Stalin in merito all’influenza e al potere del Papa di Roma che un giorno sì e l’altro pure, gli venivano raccontati ed illustrati dai suoi collaboratori della politica estera, diventa meno metaforica nel momento in cui l’applichiamo ad uno dei clan malavitosi italiani più importanti della storia che, in certo periodo, è stato in grado di esprimere una cifra militare, degna di quella espressa da un esercito o da una milizia armata fino ai denti.

Oggi, invece, dopo i tanti colpi subiti, i tanti arresti, i tanti clamorosi pentimenti dei boss, la capacità militare del clan dei casalesi somiglia, in qualche modo, a quella del Papa di Roma su cui Stalin ironizzava.

Ma, detto questo e preso atto del disarmo militare degli eredi di Sandokan, Cicciotto e compagnia, chiediamo ai nostri lettori più esperti della materia: secondo voi, questa consorteria criminale ha avuto e ha ancora al suo interno persone che in passato hanno fatto trepidare revolver e kalashnikov ma che, se si eccettua il gruppo di Bidognetti, meno raffinato e più brutale, è stata sempre popolata da menti finissime, da criminali intelligenti e non parliamo solamente di Michele Zagaria, di Antonio Iovine, di qualche Capoluongo, di qualche Fontana e di qualche altro ancora? Ma parliamo, volendo affrontare la questione di quello che i clan sono ancora oggi nelle aree dell’agro aversano e del nord Napoletano, di una seconda fascia di camorristi che durante il periodo del pieno dominio militare, economico e politico, esercitato dai boss della prima e della seconda generazione, è cresciuta, assumendo un ruolo imprenditoriale che, in partenza, non aveva e che, sopravvissuta alle retate delle forze dell’ordine e alle indagini della magistratura inquirente, oggi è in grado di sviluppare business di straordinario livello economico-finanziario, rapportandosi tranquillamente a quello che ancora attualmente esiste quale elaborazione ed espressione criminali della camorra casertana e nord napoletana.

Se gli Schiavone non sono più in grado di colpire con il piombo, non potranno più operare da soli. Questo è del tutto evidente. E allora portiamo un passo avanti il ragionamento: ma chi sono, oggi, nel presente, nel 2020, “gli Schiavone” intesi come gruppo familiare e para familiare in grado di portare avanti una strategia finalizzata all’arricchimento illegale, dato che Sandokan e Cicciariello sono in carcere, insieme a tantissimi altri consanguinei, parenti e affini della loro famiglia, Panaro si è pentito, Nicola Schiavone pure, Giuseppina Nappa, moglie di Sandokan, è andata via da Caal di Principe, cambiando vita insieme alle figlie? Quest’ultima domanda, però, deve approdare ad una risposta visto che per quelle che sono le nostre conoscenze professionali (non poche) siamo certissimi che “gli Schiavone” come entità dedita agli affari illeciti esistono ancora e sono riconoscibili con l’identità della loro storia e della loro tradizione criminale.

Avendo davanti un albero genealogico, vi dimostreremmo che ce ne sono ancora in giro, sia qui da noi, sia a Roma e anche altrove. Ma la criminalità organizzata è, esiste, è tale, solo se è in grado di infliggere violenza quando questa diventa fondamentale per attestare e consolidare quello che nei normali incipit delle contestazioni per l’articolo 416 bis, viene definito, il potere di intimidazione che deriva dal vincolo associativo….. E’ come essere titolari di una patente: tu ti puoi muovere se possiedi la credibilità degli atti di intimidazione.

Non è discutibile al riguardo il fatto che nessuna fazione, nessun gruppo familiare del clan dei casalesi oggi è seriamente in grado di mettere a punto, men che meno di realizzare una strategia militare, fatta di attentati e uccisioni. Dunque, alla luce di ciò, perchè noi insistiamo sul fatto che il sistema criminale sia ancora vivo e vegeto nell’agro aversano seppur organizzato con metodi, modalità diversi? Dovremmo rispondere con un’affermazione ma siccome noi ci divertiamo anche a scrivere in un certo modo, lo facciamo con un’altra domanda, con un altro interrogativo, questa volta, però, chiaramente retorico: e se la storica alleanza tecnico-militare tra il clan confinante dei Mallardo, egemone nella zona di Giugliano, Qualiano, Villaricca eccetera, e il gruppo Bidognetti del clan dei casalesi fosse diventato un ferro vecchio della storia camorrista e oggi si fosse instaurata un’alleanza diversa, fatta di cervelli criminali tutt’altro che sprovveduti, da imprenditori di successo che hanno messo insieme anche attraverso la costruzione di rapporti di parentela, l’organizzazione, anche militare, conservata dai Mallardo, con le relazioni, la rete di conoscenze, sudditanze costruita nei decenni dalla famiglia Schiavone sul territorio della provincia di Caserta e in quello dell’agro aversano in particolare? 

Vi sembra tanto stravagante questa ipotesi, cari lettori di CasertaCe che, da anni, vi appassionate nella lettura dei tantissimi approfondimenti da noi dedicati alle grandi ordinanze di camorra e anche ai fenomeni socio economici attinenti all’azione criminale intesa in senso stretto?

Pensateci un attimo: noi ci siamo appassionati molto ad una di queste ordinanze, che apparentemente avremmo dovuto scartare a priori, dopo che un giudice del tribunale di Napoli ha letteralmente demolito l’impianto accusatorio costruito da una lunga e, consentitecelo, meticolosa indagine della dda che ha coordinato il lavoro del Nucleo Investigativo dei carabinieri del comando provincia di Caserta. Per noi, quell’indagine è stata ben fatta, è stata per l’appunto, meticolosa perchè, sia detto con grande rispetto, come abbiamo sempre scritto, certe conclusioni a cui il gip Ludovica Mancini è arrivato, non ci hanno proprio convinto, da esperti della materia quali siamo.

Quell’ordinanza è diventata per noi fondamentale, proprio perchè contiene tutti gli elementi per comprendere i nuovi equilibri di una camorra che ormai supera, trascende i confini provinciali. In essa, si coglie nitidamente l’esistenza di un’alleanza funzionante e anche ben organizzata tra i Mallardo e determinati esponenti della famiglia Schiavone. Quel lungo lavoro investigativo è stato battezzato, così come si fa sempre, rispetto a certi atti giudiziari, come l’ordinanza “La Contessa” , dal nome del notissimo ristorante dove alla presenza del proprietario Salvatore Sestile, si sono svolte decine di riunioni in cui, tra esponenti significativi del clan dei casalesi, si è discusso di concessioni edilizie, dalla costruzione di nuovi supermercati, come il Lidl di Villaricca e forse anche di estorsioni e di altro ancora.

E allora, non dovremmo stupirci nel momento in cui maturassimo concretamente l’idea che le relazioni di tipo economico-criminale tra questa sorta di nuovo clan Mallardo-Schiavone, certa imprenditoria, certa burocrazia che signoreggia negli uffici della pubblica amministrazione e certa politica, sviluppasse le proprie attività anche in provincia di Caserta, anche nell’agro aversano e anche nel comparto industriale di Aversa nord che mette insieme tutte le aree Asi dei comuni di Teverola, Carinaro, Casaluce, Gricignano e Aversa, relazionandole, poi ed eventualmente, quando c’è odore di super business, con altre aree, in questo caso, non devolute a consorzio, ma mantenute nei patrimoni comunali, in cui si finisce per far diventare un tutt’uno, un unico asset strategico, situazioni, quelle riguardanti la specificità delle aree comunali e quelle riguardanti la specificità delle aree Asi, che dovrebbero camminare in sentieri distinti ma che la presenza di taluni personaggi che fungono da unificatori di tutti quanti gli interessi e di tutte le più turpi procedure, riduce a fattor comune, cioè ad un valore aritmetico espresso da cifre economiche impressionanti, così come abbiamo dimostrato ormai da un anno, arrivando all’ottava puntata di una delle inchieste più lunghe scritte da CasertaCe, riguardo alla vicenda dei 250mila metri quadrati trasformati da terreno agricolo ad aree ad insediamento produttivo, nel caso specifico servizi.