La Domenica di don Galeone: “Cominciamo con gioia e con tremore un nuovo anno liturgico”

28 Novembre 2021 - 11:26

I domenica di Avvento ( C ) – 28 Novembre 2021

Vietato dormire. La liberazione è vicina!

Prima lettura: Io farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia (Ger 33,14). Seconda lettura: Il Signore renda saldi e irreprensibili i vostri cuori al momento della sua venuta (1Ts 3,12). Terza lettura: La vostra liberazione è vicina! (Lc 21,25).

Cominciamo con gioia e con tremore un nuovo anno liturgico   E’ il primo giorno dell’anno, secondo il calendario della chiesa. Tenteremo di rileggere il Vangelo di Luca come una realtà viva. In questo nuovo anno liturgico ripercorreremo le tappe della vita del Signore, della vergine Maria, dei Santi. Avvento, Natale, Quaresima, Pasqua, Ascensione, Pentecoste … ogni anno le stesse feste ma con una partecipazione più intensa. Nelle nostre famiglie saremo testimoni della crescita dei figli, delle manifestazioni quotidiane dell’amore, dell’intreccio continuo di gioie e dolori. Tutto è grazia! Sarà bello ogni domenica ritrovarci per riflettere, confrontarci con la Parola di Dio, per cercare di migliorare anche solo un piccolo tratto della nostra vita. A cominciare da questo primo appuntamento dell’Avvento, dove l’evangelista Luca ci invita a pregare.

 ✶ Questo tempo di Avvento, che ci prepara al Natale, sembra simile a quello di Quaresima, che ci prepara alla Pasqua: non si canta il gloria, il colore è il viola… ma quello che caratterizza l’Avvento non sono le penitenze o i digiuni, bensì la gioia e l’attesa. Gioia, attesa, perché arriva il personaggio più importante della storia. Sarà bene ricordarci che Cristo non viene per una visita di cortesia, uno “scambio” di idee, ma per un “cambio” di mentalità. Ce lo suggeriscono i cinque imperativi del Vangelo, tutti simili: “Alzatevi … Levate il capo … State attenti … Vegliate … Pregate”. Questi imperativi ci ricordano che il Vangelo non è miele né vaniglia né oppio né camomilla, ma uno squillo di tromba che turba i nostri freddi bivacchi, un rullo di tamburi che sconvolge la nostra vecchia sapienza, una pietra lanciata nella palude del nostro quieto vivere. La Parola di Dio è lievito, sale, seme, luce, spada, martello, pioggia … sono queste le immagini usate dallo scrittore sacro. Spesso la nostra religiosità è soporifera, ignora gli imperativi. Spesso riempiamo la nostra vita e la nostra casa di giocattoli religiosi. Avvento è uscire dalla ragnatela mortale di una vita sbagliata. E’ permettere a Cristo di aprire le nostre carceri: “Uscite dai vostri sepolcri!”.

Avvento. Innamorarsi di Gesù!    Chi si è innamorato sa che nei pensieri, nei sogni, nelle fantasie, nelle conversazioni torna sempre la persona amata. Tutto è noia, dove non c’è lei. Credere in Cristo significa innamorarsi di lui, che non ci abbandona anche quando il nostro amore si «raffredda». Si può essere amici, simpatizzanti, ammiratori di Gesù di Nazaret. Possiamo considerarlo il primo tra i saggi, il più santo fra gli uomini. Ma l’innamoramento è un’altra cosa: è riporre in lui tutte le speranze. «So a chi ho creduto», scrive Paolo all’amico Timoteo (2Tm 1,12). Quando ci s’innamora di qualcuno si prova il bisogno di sapere tutto di lui. Non ci si accontenta del nome e dell’età, vogliamo conoscere la sua storia, i suoi gusti, le sue passioni, le sue convinzioni, la sua lingua, la sua famiglia, la sua nazione…. Di Gesù, forse, siamo convinti di sapere già tutto: ricordiamo che è nato a Betlem ed è vissuto a Nazaret, che i suoi genitori si chiamavano Maria e Giuseppe, che era amico della Maddalena e che è morto sul Calvario. Tutto qui! Abbiamo appreso alcune nozioni per essere ammessi alla prima Comunione e alla Cresima, così come abbiamo imparato il necessario su Cesare Augusto e Carlo Magno per superare l’esame. Se questo ci basta, non siamo degli innamorati e il Battista potrebbe ripeterci oggi: «In mezzo a voi sta uno che non conoscete!» (Gv 1,26).

✶ Non è facile accorgerci di Gesù, perché «Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi» (Is 53,2). Molto più affascinanti appaiono i volti delle stars. Sedotti dalle apparenze, capita – lo sappiamo – di invaghirsi della persona sbagliata. Poi passano gli anni e, quando ormai è tardi, ci si rende conto che non è così. E meriteremmo il rimprovero di Gesù durante l’ultima cena: «Filippo, da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto!». Anche noi dovremo ammettere con Agostino: “Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì, perché tu eri dentro di me e io fuori di te” (Conf., 10,26).

 ✶ La chiesa sa che, se scopriremo il vero volto di Gesù, ne rimarremo sedotti. Per questo, in un ciclo liturgico di tre anni, lo fa contemplare da quattro prospettive diverse. Nell’anno A, è Matteo l’incaricato a parlarci di Gesù. Lui – il rabbino divenuto discepolo (Mt 13,52) – ci presenta il Cristo con il linguaggio a volte duro dei maestri del suo popolo. Nell’anno B, il compito di parlarci di Gesù è affidato a Marco. Questo evangelista pone l’accento sull’umanità di Gesù per farcelo sentire vicino. Nell’anno C, Luca – l’evangelista sensibile e attento ai bisogni dei poveri – mette in rilievo gli episodi in cui traspare la tenerezza di Gesù verso gli ultimi. Giovanni, il quarto evangelista, ci insegna che Gesù è il pane disceso dal cielo, la luce del mondo, la sorgente da cui sgorga l’acqua della vita. Sono quattro angolature diverse e complementari, tutte necessarie se vogliamo arrivare ad una «profonda conoscenza di Cristo» (Col 2,2). Perciò la chiesa ha diviso l’anno in parti – chiamate tempi liturgici – ognuna delle quali ha come punto di riferimento una grande festa: il Natale, la Pasqua, la Pentecoste.

Il Natale e l’Avvento   L’anno ‘civile’ comincia il 1° gennaio; ma l’anno ‘liturgico’ segue un altro calendario, che inizia con la prima domenica di Avvento. Ma non è stato così fin dagli inizi della chiesa. Nel primo secolo i cristiani avevano una sola festa: la celebrazione settimanale della risurrezione del Signore. Nel primo giorno della settimana – che fino a Costantino continuò a essere chiamato giorno del sole ed era giorno lavorativo – erano soliti riunirsi per ascoltare la Parola di Dio, per celebrare l’eucaristia e, nei primi anni, anche per consumare un pasto in comune. Poi tutti tornavano alle loro case, dandosi l’arrivederci alla domenica seguente.  Non passò molto tempo e la chiesa sentì il bisogno di dedicare, durante l’anno, un giorno al ricordo degli avvenimenti della vita di Gesù: per questo istituì la Pasqua. A metà del secolo II, questa festa era già diffusa in tutte le comunità cristiane. La festa del Natale entrò nel calendario cristiano più tardi. Nel 354 d.C. fu fissata la data del 25 dicembre per ricordare la nascita di Gesù. Ovviamente non c’è nessun documento all’anagrafe di Nazaret, non conosciamo né il giorno né l’anno esatto in cui Gesù è nato. La scelta deriva dal fatto che il 25 dicembre veniva celebrata a Roma la festa del solstizio d’inverno e dell’approssimarsi della primavera. Era una festa caratterizzata da incontenibile gioia perché il sole ricominciava a splendere. Fu così che la chiesa, invece di bandire crociate contro le licenziosità dei Saturnali, cambiò nome e significato alla festa del sole invitto: è Gesù il sole «venuto a visitarci dall’alto, per illuminare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte» (Lc 1,79); è lui «la luce vera che illumina ogni uomo» (Gv 1,9) e «la stella radiosa del mattino» (Ap 22,16). Verso l’anno 600 d.C., i cristiani ritennero che la festa del Natale dovesse essere preceduta da un tempo di preparazione. Nacquero così le quattro domeniche di Avvento.

 ✶ Le vie del Signore non sono le nostre vie. Ecco qui il pericolo: si può aspettare un amico e non incontrarlo. Accade quando si sbaglia il luogo o l’ora dell’appuntamento. Succede anche con Dio, perché lui non viene per adattarsi ai nostri sogni, ma per realizzare i suoi. E’ necessario vigilare per capire se le nostre attese coincidono con quelle di Dio. Buona vita!