La figlia del boss Venosa va alla guerra: “Sanciprianesi, vergognatevi, ci avete mangiato”. Una nostra breve riflessione anche sul clero aversano

9 Agosto 2018 - 12:10

SAN CIPRIANO D’AVERSA – Come dare torto alla figlia del boss Luigi Venosa, morto l’altra notte e i cui funerali si sono svolti ieri mattina in forma privatissima al cimitero di San Cipriano. Come dare torto a una frase postata su un gruppo facebook del luogo, che così recita: “Vergognatevi. Prima ci avete mangiato e poi criticate.

Dunque, il dolore della donna si mescola ancora una volta alla rabbia, ad una difesa della memoria del padre dalla A alla Z. Mai una parola di rimpianto per le scelte compiute dal suo genitore, per la scelta di diventare prima killer e poi boss. Nulla, solo ancestrale emotività filiale.

Ma non le si può dar torto quando attacca i suoi concittadini di San Cipriano, quella zona grigia che non si è limitata a farsi i cavoli propri durante il periodo in cui o’cocchiere spadroneggiava, ma ha usufruito di quell’economia, di quelle possibilità che la camorra forniva alle imprese e anche a semplici cittadini che ora criticano e sputano sentenze quando dovrebbero stare zitti, perchè se la camorra c’è stata ed ha proliferato negli anni, la colpa è soprattutto loro. 

Una quarantina di persone presenti ai funerali e le parole del vice parroco, don Antonio Sgariglia: “Quest’uomo

si è macchiato di gravi peccati. Ma non sta a noi giudicare. Lo affidiamo alla misercordia del Signore.

Con un pò di pazienza abbiamo trovato il post del giorno precedente ai funerali, sempre firmato dalla figlia di Venosa. Questa affermava soddisfatta: “Dalle figlie ai nipoti, abbiamo vinto la battaglia. Mio eroe, ci bastava questo.

Al di la della idea dell’eroe che se per un papà a prescindere può sempre essere compresa, il problema è che nella testa di questa ragazza il modello di eroismo rimarrà sempre quello impersonato da suo padre. Saranno eroi, per lei, killer ed eventuali nuovi boss. Dunque, il guaio non è ciò che afferma, ma ciò che custodisce come orgoglio e devozione.

Ma non divaghiamo: la battaglia vinta era quella dei funerali pubblici all’interno della chiesa dell’Annunziata. Chi l’ha fatto credere alla famiglia Venosa che si potessero celebrare proprio lì, al punto da impegnare un manifesto ufficiale contenente orario e luogo delle esequie.

Ecco perchè l’altro ieri sera, accogliendo la breve replica del vescovo Spinillo, abbiamo provato molta tenerezza nei confronti di un presule a cui, ammesso e non concesso che l’abbia mai avuta, è da tempo sfuggito il controllo di una curia formata da molti sacerdoti dell’agro aversano, di Casal di Principe e dintorni. Forse a Spinillo, i suoi non hanno raccontato come siano andate veramente le cose.