“La legge” della camorra. Vincenzo Ucciero e il figlio Antonio facevano anche i poliziotti “a fatti loro”: violento pestaggio ai danni del ladro che aveva rubato dalla zia

2 Agosto 2021 - 18:31

VILLA LITERNO – C’è sempre qualcosa da dire che vada al di là del fatto in se per sé, così come questo si sviluppa all’interno di una trama criminale, portata alla luce e repressa, come capitato nella recente ordinanza che ha portato, tra gli altri, all’arresto di Vincenzo e Antonio Ucciero, padre e figlio, continuatori dell’opera malavitosa di Massimo Ucciero, fratello di Vincenzo in carcere da anni e anni.

L’episodio di oggi, che va a chiudere e a tirare le somme della contestazione del reato di porto e detenzione di armi, aggravato dalla finalità camorristica per i due Ucciero appena citati, a cui si aggiunge anche Vincenzo Arrichiello, ci permette di tornare su una modalità storicamente importante, che ha consentito alla camorra, più nello specifico al clan dei Casalesi, di condire il timore, la paura che il boss, i ras e gli affini provocavano tra la gente comune, con un consenso sociale non irrilevante, frutto di un ordine che la camorra garantiva sostituendosi allo Stato.

A Casal di Principe, a Villa Literno, a Casapesenna, c’erano i boss più temibili del crimine internazionale e allo stesso tempo si era tranquilli per tutto quello che attiene alla cosiddetta microcriminalità.

Se qualche cane sciolto, qualche delinquente comune osava “profanare” quelle contrade, compiendo ad esempio qualche furto in abitazione veniva punito o, com’è successo in diverse circostanze, ammazzato senza discussione.

Stesso discorso per la droga che doveva stare sempre lontana, secondo il codice di Francesco Schiavone Sandokan, da quei Comuni.

L’episodio raccontato nell’ordinanza non è del tutto assimilabile a questa modalità di relazione, a suo modo sociale, tra clan e cittadini. Ma non è neppure totalmente disancorata da essa.

Gli Ucciero, che non sono camorristi di serie B, in quanto eredi e continuatori della storica famiglia dei Tavoletta, sfaldatasi tra arresti, pentimenti e morte biologica, non possono tollerare che un proprio familiare abbia subito un furto, addirittura quello delle fedi nuziali.

Capita a Maria Giuseppa Pedana, mamma di Angelo Ucciero, cugino diretto di Vincenzo Ucciero.

I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta hanno avuto la possibilità di seguire la vera e propria caccia all’uomo organizzata da Vincenzo Ucciero e dal figlio Antonio, attraverso la Fiat 500 imbottita di cimici.

A un certo punto, Vincenzo Ucciero utilizza un suo adepto, Francesco Diana, affinché si rechi nei negozi “Compro Oro” per minacciare i titolari, i quali dovranno immediatamente segnalare l’offerta effettuata eventualmente da un ladro di quelle due fedi e di altri preziosi.

Non è un’esortazione amichevole, visto che Vincenzo Ucciero manda a dire pressappoco ciò: sapessero che questa merce specifica interessa molto a quelli di “mezzo alla strada”. Per cui, se dovesse arrivare e i commercianti non lo segnalassero a quelli di mezzo alla strada, ci sarebbero ripercussioni gravi anche a carico del Compro Oro.

Evidentemente questa attività deve aver portato all’individuazione del ladro. In una intercettazione del gennaio di quest’anno, Vincenzo Ucciero, rivolgendosi al cugino Angelo, gli comunica che un tal Nicola “Mallannato” è stato da loro punito duramente. E il riscontro c’è. Forse non sono i 50 punti di sutura di cui parla lui, ma Nicola Mallanato, al secolo Nicola Bocchino sta conciato veramente male quando il 13 gennaio scorso viene ricoverato a Pineta Grande con un paio di costole fratturate, con un trauma cranico seppur non commotivo e danni vari a ginocchio e gamba destra.

È a dir poco probabile che Bocchino fosse effettivamente il ladro e che avesse subito il pestaggio da parte degli Ucciero.

La contestazione del reato sulle armi a Vincenzo Arrichiello è frutto di una frase captata nell’intercettazione. Anche lui è stato arruolato nella ricerca del ladro. Con sé porta, così dice Vincenzo Ucciero, “il ferro”, che nel gergo criminale è la pistola.

Questa condizione di uomo armato appare esagerata finanche a uno come Ucciero, il quale così commenta la circostanza: “Se doveva andare a Casale si portava la bomba atomica”?