LA NOTA. AVERSA ALLE ELEZIONI. Incontro (segreto?) tra Pasquale Giuliano e Mimmo Bisceglia per rottamare Enrico. La macumba degli Stabile e i due spettri che si aggirano
3 Marzo 2019 - 13:30
AVERSA – (Gianluigi Guarino) Uno spettro si aggira per Aversa… per carità, nessun cosacco all’orizzonte e neppure filosofi con la barba bianca. Di comunisti, ammesso e non concesso che, al di la di quelli che dicevano di esserlo, ce ne siano mai stati, neppure l’ombra. Fino a qualche anno fa, ce n’era ancora qualcuno. Ora, di questi 4 amici al bar, non si registrano sopravvissuti, contrariamente all’epilogo della nota ballata di Gino Paoli.
E se uno “si sarà pure impiegato in una banca“, un altro, l’avvocato Monica ha consegnato se stesso e il proprio futuro, non al Sol dell’Avvenire, ma molto più prosaicamente ai fratelli Peppe e Salvatore Stabile, uno dei pochissimi centri di potere reale ancora in funzione ad Aversa, in grado di gratificare aspiranti infermieri e avvocati a caccia di incarichi dirigisti, cioè finanziati con i soldi pubblici.
Uno spettro, anzi, due spettri si aggirano per Aversa. E i ruoli sono completamente ribaltati rispetto alle categorie descritte nel celebre incipit del manifesto dei comunisti di Karl Marx.
Lì lo spettro che si aggirava in tutta Europa era quello della rivoluzione, dell’abbattimento di una borghesia divenuta razza padrona, al punto da aver aumentato e non diminuito, rispetto alle strutture sociali medievali e rinascimentali, le disparità tra ricchi e poveri. Nel caso di Aversa, pur non vedendosi in giro la reincarnazione di uno zar, di un Metternich, di un Guizot, di un papa o di un poliziotto tedesco, gli spettri sono, invece, quelli della conservazione, del modello politico che, ha nei fratelli Stabile, una consolidatissima modalità oligarchica che si è alimentata e rafforzata grazie alla costruzione di un potentissimo apparato clientelare.
L’altro spettro è quello di una sedicente borghesia moderata, quella che ha sostenuto, senza successo, la sindacatura di De Cristofaro e che ha la sua punta di diamante in Domenico Bisceglia, Mimmo per gli amici, già sindaco di Aversa e papà di Augusto Bisceglia, il presidente del Consiglio comunale che ha fatto deflagrare definitivamente l’amministrazione.
Da un lato, gli Stabile hanno già cominciato a schierare la loro fanteria. Un nugolo di familiari sistemati clamorosamente nella sanità locale grazie al meccanismo perverso che fa del sindacato Fials uno strumento di pressione a cui nessun dirigente asl può resistere più di tanto; un plotone di infermieri, di infermiere, di inservienti, di operatori socio sanitari, di avvocatini di seconda e terza mano, tutti insieme a far da gregari alla solita trash-strategy degli Stabile.
Soprattutto a quella di Peppe Stabile che, nonostante la carta d’identità, non ha mai abbandonato l’idea, l’ambizione e il sogno di diventare sindaco di Aversa, magari instaurando nel comune lo stesso sistema che ha decretato l’ascesa di suo fratello Salvatore, al rango di potentissimo della sanità aversana e non solo aversana.
Guferanno Peppe e Salvatore Stabile sulle sorti della complicata iniziativa politica, che punta a costruire una coalizione solo civica, con i simboli di partito relegati, a proprio di Gino Paoli, “nell’ufficio delle cose perdute“; tutti cancellati dall’idea, non si sa fino a quanto vincente, di considerare il dato dell’antipolitica collegato esclusivamente alla presenza delle sigle tradizionali e non all’identità degli attori locali.
In effetti, questi si rendono anche conto di non poter duellare tra di loro per ottenere la candidatura a sindaco.
Uno come Dello Vicario, per esempio, è intelligente a sufficienza per comprendere che, a prescindere dalle valutazioni personali, il suo nome non può collegarsi ad una iniziativa elettorale che parte dalla eliminazione dei simboli di partito. Prima di tutto, perchè questo connoterebbe comunque la coalizione, visto che Dello Vicario è un uomo di destra, che è stato sempre da quella parte lì; in secondo luogo, perchè Dello Vicario non è un brand di primo pelo e dunque con un interprete politicamente stagionato, il discorso delle liste civiche lascerebbe il tempo che trova e sarebbe percepito dagli aversani (ma al di la di questo sarebbe soprattutto percepito), come una mera trovata, come un maquillage finalizzato a coprire una struttura equilibrata attraverso i metodi, diciamo così, tradizionali della lottizzazione.
Lo stesso discorso vale, in linea di massima, per Marco Villano. Lui è un esponente del Pd. Fino a qualche giorno fa, è stato il vice segretario provinciale di questo partito. E il fatto che si sia dimesso (CLICCA QUI PER LEGGERE) non toglie nulla a questo connotato, perchè l’hanno capito tutti che l’ha fatto per far finta di spogliarsi della sua identità, in modo da eliminare dal tavolo della trattativa per la coalizione civica, un argomento divisivo.
Per quanto riguarda l’anagrafe, Villano è meno stagionato di Dello Vicario. Ma le leggi biologiche della carta d’identità vengono compensate e sostanzialmente vanificate dal fatto che Marco Villano è l’uomo di maggior fiducia di Stefano Graziano, con il quale opera da collaboratore in Regione Campania, leggasi portaborse. In pohce parole, una sorta di protesi, di estensione di un esponente politico del Pd, interprete di una politica iper professionale, iper tattica e sostanzialmente disancorata da una funzione che si ponga, una volta all’anno, il problema dell’interesse collettivo della cittadinanza intesa come tale.
Poi c’è Noi Aversani che, oggi, sembra pronta a contribuire allo sforzo della coalizione civica, condividendo la politica del passo indietro, proposta da Dello Vicario, e condividendo conseguentemente pure l’idea di trovare una persona culturalmente solida. Ma solida sul serio, perchè il fatto di essere laureati purtroppo non basta.
Un candidato sindaco non ascrivibile direttamente a nessuna delle componenti della coalizione dei civici, di quelli che stanno provando a trasformare l’azione destruens, coronata dal successo della raccolta delle firme che hanno portato allo scioglimento del consiglio comunale, in un’azione costruens, cioè alla formazione di un’area politico-elettorale che trovi il suo cemento in un programma di governo, fatto di cose semplici, possibili e visibili.
Contro questo tentativo, dicevamo, gli Stabile fanno la macumba. Perchè se dovesse fallire, il loro pacchetto di voti clientelari assumerebbe un peso specifico in grado di condizionare la nascita di una qualsiasi proposta elettorale. Ovviamente, Stabile punta ad una frammentazione, in modo da potersi giocare quella che forse è l’ultima chance per coronare il suo sogno, da condividere con i soliti noti, cioè con i Guido Rossi, che ormai a Peppe Stabile è legato inscindibilmente da quella famosa mattina in cui Stabile, da presidente del consiglio comunale, finse un malore per mandare a casa, senza sporcarsi le mani, un già morente Giuseppe Sagliocco con il Rossi gongolante in platea.
Si diceva prima del secondo spettro che è quello del sedicente notabilato normanno. Nei giorni scorsi, si sono incontrati Pasquale Giuliano ex sottosegretario alla giustizia ed ex parlamentare di Forza Italia, ora transitato nella Lega, con Mimmo Bisceglia. E’ probabile che abbiano stabilito i tempi dell’accantonamento di un sempre meno tranquillo Enrico De Cristofaro, il quale, per la questione del processo e per un carattere, diciamo così, un pò stravagante, non può rappresentare una carta da riproporre alle prossime elezioni comunali.
Un’ultima parola per Michele Galluccio, uno dei consiglieri che ha apposto la sua firma dal notaio e che rappresenta ufficialmente la Lega ad Aversa. Mettiamo che Giuliano e Bisceglia, cioè il secondo spettro che si aggira per la città, si mettano d’accordo. Lui, Galluccio, che farà, si schiererà e voterà con Mimmo Bisceglia candidato sindaco, dopo aver chiuso la consiliatura a causa del mancato rispetto, da parte del figlio Augusto, di una parola data subito dopo l’esito elettorale del 2016?
Staremo a vedere.