LA NOTA. NICOLA SCHIAVONE VUOTA IL SACCO: “Vi racconto quando il sindaco Nicola Pagano venne da me con un noto politico”. Verità, verosimiglianza e metodo

8 Marzo 2019 - 16:15

CASAL DI PRINCIPE(g.g.) Nicola Schiavone se ha affermato, ieri, durante il contro esame degli avvocati difensori dell’ex sindaco di Trentola Nicola Pagano, cose che, se non si possono considerare vere in termini di verità processuali tutte da accertare, sono verosimili agli occhi di chi, come noi, ha seguito la politica in questa provincia e in particolare nell’agro aversano, da 20 anni a questa parte. Le elezioni comunali di Trentola dell’anno 2007 furono vissute su una dura contrapposizione tra il candidato di Michele Griffo, quest’ultimo in lizza per il consiglio comunale, e Nicola Pagano. Attenzione, contrapposizione politica.

E se l’uso di questo aggettivo può apparire una cosa grossa rispetto al contesto in cui si sviluppavano certi eventi, possiamo derubricarlo utilizzando un altro aggettivo che connota storicamente quei fatti come una dura “contrapposizione personale” tra i citati Pagano e Griffo, frutto degli interessi economici che ruotano attorno ad un’amministrazione comunale.

La camorra, cioè il clan dei casalesi, per quello che abbiamo letto all’interno dell’ordinanza Jambo, non si appassionava più di tanto. In poche parole, non gli fregava un tubo se a vincere sarebbe stato Griffo oppure Pagano.

Ovviamente, non era disinformata sui fatti. Nessuno del clan dei casalesi era innamorato di Michele Griffo. Ma non perchè questi svolgesse un’attività di contrasto agli interessi della camorra, ma perchè caratterialmente non era considerato molto affidabile dai boss. Finanche da Michele Zagaria, il quale, come scritto nell’ordinanza Jambo, avrebbe anche voluto puntare su altri sindaci salvo poi ripiegare su Michele Griffo che, tutto sommato, per lui rappresentava una sorta di usato garantito.

Dall’altra parte, però, Zagaria sapeva che c’erano altre strutture collaterali, leggi colletti bianchi, zone grige, eccetera del clan dei casalesi che di Michele Griffo non ne volevano più sapere. Nicola Ferraro era al culmine della sua fortuna politica, dato che era un fortissimo consigliere regionale dell’Udeur di Clemente Mastella. Nicola Ferraro e Michele Griffo “non si prendevano” per biologia, per cui la scelta del candidato sindaco Nicola Pagano fu ponderata e preparata.

I capi clan vissero quella campagna elettorale senza stress, anche se alcuni imprenditori, a partire dai Balivo, vicini a Michele Zagaria, appoggiarono, com’è noto, Michele Griffo, perchè lo stesso Zagaria, ovviamente senza entrare a gamba tesa in quella contesa, aveva effettuato una sorta di indicazione di voto soft, perchè a loro, ripetiamo, ai capi clan non fregava un tubo dell’identità del vincitore. Sarebbero intervenuti a tempo debito per prendersi quello che ritenevano toccasse loro e sapevano bene che nessun sindaco si sarebbe potuto opporre a questi propositi.

Nicola Ferraro che giocava, invece, direttamente una partita politica, non chiese certo a Nicola Schiavone di intervenire durante la campagna elettorale, ma conoscendo bene i codici comportamentali e i concretissimi dei camorristi militanti, sapeva che ai boss, più che l’esito della campagna elettorale, interessava che il sindaco eletto, chiunque egli fosse, si mettesse subito sugli attenti.

E in questa chiave, diventa verosimile ciò che il figlio di Francesco Schiavone Sandokan ha raccontato, sempre nel corso dell’interrogatorio del contro esame di ieri, intorno ad una cena. Con lui, c’erano Paolo Corvino e Dante Apicella. Alla stessa si unì Nicola Pagano, accompagnato da Sebastiano Ferraro, al tempo, ci sembra consigliere provinciale ma soprattutto primo riferimento politico di Nicola Ferraro.

In quell’occasione, questa sorta di scena oleografica del politico che si sottomette pienamente al mammasantissima, quand’anche giovane, qual era Nicola Schiavone, si attua e quest’ultimo spedisce Nicola Pagano da Michele Zagaria, rispettando, con piena ortodossia, il ruolo, esercitato da quest’ultimo, di capo zona sulla piazza camorristica di Trentola.

Un atto di semi affiliazione camorristica che suscita più di qualche perplessità sulla completezza delle ricostruzioni giudiziarie che hanno prodotto il processo alla politica camorristica di Michele Griffo, in tutta evidenza, non il solo ad avere dirette relazioni con i boss.